ISSN 2385-1376
Testo massima
E’ nulla la notificazione eseguita mediante consegna di copia dell’atto al portiere senza l’attestazione da parte dell’Ufficiale Giudiziario anche priva di formule sacramentali – dell’avvenuta infruttuosa ricerca delle altre persone abilitate alla ricezione ai sensi dell’art. 139 cpc.
E’ questo il principio di diritto statuito dal Tribunale di Torino, sezione terza civile, in persona del dott. Edoardo Di Capua, con sentenza n.5809 pronunziata in data 02/10/2013.
Nel caso di specie, un soggetto ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Torino che aveva respinto la sua opposizione ad alcune ordinanze di ingiunzione emesse dal Prefetto di Torino per violazione dell’art.7 del Codice della Strada da parte del ricorrente.
In particolare, l’appellante ha censurato la sentenza di primo grado per aver ritenuto regolari le notificazioni dei verbali di contestazione della violazione dell’art.7 del Codice della Strada e delle ordinanze di ingiunzione impugnate senza rilevare che tale documentazione era stata consegnata, in assenza del destinatario, al portiere dello stabile.
Ebbene, il Tribunale di Torino, chiamato a pronunziarsi sul caso de quo, ha ritenuto fondata la censura mossa dall’appellante atteso che, trattandosi di notifica eseguita a mani del portiere, l’Ufficiale Giudiziario avrebbe dovuto dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, così come previsto ex art.139 cpc.
Ed infatti, l’art.139 cpc dispone che qualora, in assenza del destinatario o di altra persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, la copia dell’atto venga consegnata al portiere dello stabile, quest’ultimo deve sottoscrivere una ricevuta e l’ufficiale giudiziario deve dare notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata.
Il Giudice ha poi condiviso l’orientamento della Cassazione a Sezioni Unite secondo cui in caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde il relativo accertamento, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal comma 2 dell’art. 139 c.p.c., secondo la successione preferenziale da detta norma tassativamente stabilita: è pertanto nulla la notificazione nelle mani del portiere quando la relazione dell’ufficiale giudiziario non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata.
In conclusione, dunque, alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Torino, ha accolto l’appello e, per l’effetto, in totale riforma dell’impugnata sentenza, ha annullato e dichiarato inefficaci le ordinanze di ingiunzione emesse nei confronti del ricorrente.
A tal riguardo, si segnala, altresì, la sentenza n.7811 pronunziata dalla Cassazione civile, sezione sesta, in data 28-03-2013 con la quale si è stabilito il principio secondo cui in caso di notifica nelle mani del portiere l’ufficiale giudiziario deve dare atto delle seguenti circostanze dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario e delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto. Tale attestazione deve avvenire in modo chiaro ancorchè senza uso di formule sacramentali, al fine di certificare l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dall’art. 139 cpc, comma 2, con la successione preferenziale dei quali è tassativamente prevista dalla norma.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO
Sezione Terza Civile
in funzione di Giudice di Appello
in composizione monocratica
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile in grado di Appello iscritta al n. 29155/12 R.G. ;
promossa da:
Tizio
-PARTE APPELLANTE-
contro:
PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI TORINO;
-PARTE APPELLATA-
avente ad oggetto: Appello avverso Sentenza del Giudice di Pace;
CONCLUSIONI DELLE PARTI COSTITUITE
Per la parte appellante (a verbale di udienza in data 17.05.2013 e nel ricorso in grado di appello):
“Voglia l’Ill.mo Tribunale;
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione;
in via principale:
– in integrale riforma della Sentenza impugnata n. 5098/2012 del Giudice di Pace di Torino , revocare / annullare e comunque dichiarare inefficaci le ordinanze ingiunzioni emesse nei confronti di TIZIO;
in subordine:
– applicare il minimo edittale delle sanzioni eventualmente comminate,
Con il favore delle spese, dei diritti e degli onorari di giudizio, IVA e CPA”.
Per la parte appellata (in comparsa di costituzione e risposta in grado di appello):
“Respingersi il proposto appello perché infondato.
Condannarsi parte appellante al pagamento delle spese di lite”.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Premessa in fatto.
1.1. Con ricorsi depositati presso la Cancelleria del Giudice di Pace di Torino in data 26.01.2012, il sig. TIZIO ha proposto opposizione avverso:
– l’Ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Torino n. 119793/R/07 VV.UU.TO in data 19.09.2011, con cui è stato ingiunto al sig. TIZIO di versare la somma di Euro 76,00 oltre alle spese di notifica e di bollo, per complessivi Euro 93,39, per violazione dell’art. 7 Codice della Strada;
– l’Ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Torino n. 119794/R/07 VV.UU.TO in data 19.09.2011, con cui è stato ingiunto al sig. TIZIO di versare la somma di Euro 76,00 oltre alle spese di notifica e di bollo, per complessivi Euro 97,82, per violazione dell’art. 7 Codice della Strada;
– l’Ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Torino n. 118963/R/07 VV.UU.TO in data 19.09.2011, con cui è stato ingiunto al sig. TIZIO di versare la somma di Euro 76,00 oltre alle spese di notifica e di bollo, per complessivi Euro 93,39, per violazione dell’art. 7 Codice della Strada.
1.2. Riuniti i relativi procedimenti, all’esito del giudizio di primo grado il Giudice di Pace di Torino, con Sentenza n. 5098/12 datata 30.05.2012, depositata in data 05.06.2012, ha respinto il ricorso confermando le predette Ordinanze ingiunzioni.
1.3. Con ricorso datato 24.09.2012, depositato presso la Cancelleria del Tribunale di Torino in data 15.10.2012, il sig. TIZIO ha proposto appello avverso la predetta Sentenza del Giudice di Pace di Torino.
Con Decreto in data 29.10.2012 il Giudice ha fissato udienza di trattazione ex art. 350 c.p.c., mandando alla parte appellante di notificare ricorso e decreto a controparte.
Parte appellante ha fondato l’appello sui motivi di impugnazione di cui infra ed ha concluso chiedendo l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe.
1.4. La parte appellata, dichiarata contumace alla prima udienza, si è poi costituita in data 30.03.2013, depositando comparsa di costituzione e risposta, contestando i motivi di impugnazione e chiedendo l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe.
1.5. All’udienza in data 17.05.2013 il Giudice, fatte precisare alla parte appellante comparsa in udienza le conclusioni così come in epigrafe, ha trattenuto la causa in decisione, disponendo il deposito delle comparse conclusionali entro il termine perentorio di 60 giorni e delle memorie di replica entro il successivo termine perentorio di 20 giorni a norma dell’art. 190, 1° comma, c.p.c., richiamato dall’art. 352, comma 1°, c.p.c., oltre al periodo di sospensione feriale dei termini processuali previsto dall’art. 1 Legge n. 742/1969 (ai sensi del quale tutti i termini processuali subiscono una sospensione i diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno).
2. Sul rito applicabile ai giudizi in grado di appello avverso le Sentenze pronunciate dal Giudice di Pace ai sensi degli artt. 2, 6, 7 e 34 D.Lgs. n. 150/2011.
2.1. Deve premettersi che, come già anticipato dal Giudice con il citato Decreto, secondo l’orientamento della Sezione 3^ civile del Tribunale di Torino, ai giudizi in grado di appello avverso le Sentenze pronunciate dal Giudice di Pace ai sensi ai sensi degli artt. 2, 6, 7 e 34 D.Lgs. n. 150/2011 non trova applicazione la medesima predetta speciale disciplina, dettata con esclusivo riguardo al giudizio di opposizione di primo grado, bensì le norme ordinarie in grado di appello e, in particolare:
– l’art. 341 c.p.c., che prevede che l’appello contro le sentenze del Giudice di Pace si propone al Tribunale;
– l’art. 342 c.p.c., ai sensi del quale “L’appello si propone con citazione contenente l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione nonché le indicazioni prescritte dall’articolo 163. Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163 bis.”;
– il combinato disposto degli artt. 50 bis e 350, 1° comma, c.p.c., per cui l’appello davanti al Tribunale è trattato e deciso dal giudice monocratico;
– l’art. 352 c.p.c., che contempla la decisione all’esito dello scambio di comparse conclusionali e memorie di replica.
2.2. Invero, tale tesi era già stata sostenuta dal Tribunale di Torino, sia pure prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2011 (cfr. Tribunale Torino, Decreto 03 novembre 2008 in “Giuraemilia – UTET Giuridica” on line sul sito www.giuraemilia.it -aggiornamento del n. 2/2009 del 22.01.2009-; Tribunale Torino, Decreto 31 ottobre 2008 in “Il Caso.it” on line, sez. I, pag. 1410 sul sito www.ilcaso.it; Tribunale Torino, Decreto 15 gennaio 2007 in “Giuraemilia – UTET Giuridica” on line sul sito www.giuraemilia.it -aggiornamento del n. 2 del 16.01.2008-).
In particolare, giova richiamare testualmente la massima del Tribunale Torino, Decreto 31 ottobre 2008 (in “Il Caso.it” on line, sez. I, pag. 1410 sul sito www.ilcaso.it):
“Mentre nel giudizio di opposizione di primo grado è prevista la specifica disciplina procedurale di cui all’art. 23 Legge n. 689/1981, nel giudizio in grado di appello trova invece applicazione l’ordinaria disciplina prevista dal codice di procedura civile e, in particolare, gli artt. 341 segg. c.p.c. tra cui l’art. 342 in base al quale il giudizio d’appello deve quindi introdursi con atto di citazione e non con ricorso.”
2.3. Inoltre, sempre prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2011 la tesi in esame era stata seguita finanche dalle Sezioni Unite della Cassazione, con ben tre Ordinanze rispettivamente, in data 18 novembre 2010 n. 23285, in data 18 novembre 2010 n. 23286 ed in data 22 novembre 2010 n. 23594, le quali avevano affermato, tra l’altro, che nel silenzio dell’art. 26 D.Lgs. 2.2.2006 n. 40, che si è limitato ad abrogare l’ultimo comma dell’art. 23 legge n. 689/81, ossia la ricorribilità per Cassazione delle sentenze e le ordinanze di convalida emesse nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, così assoggettandole ad appello, deve ritenersi che nel relativo giudizio di gravame vadano osservate le norme ordinarie che disciplinano quello di primo grado davanti al Tribunale, ai sensi dell’art. 359 c.p.c..
2.4. A questo punto si deve richiamare l’art. 2 D. Lgs. n. 150/2011, il quale dispone testualmente quanto segue:
“1. Nelle controversie disciplinate dal Capo II, non si applicano, salvo che siano espressamente richiamati, gli articoli 413, 415, settimo comma, 417, 417-bis, 420-bis, 421, terzo comma, 425, 426, 427, 429, terzo comma, 431, dal primo al quarto comma e sesto comma, 433, 438, secondo comma, e 439 del codice di procedura civile.
2. L’ordinanza prevista dall’articolo 423, secondo comma, del codice di procedura civile può essere concessa su istanza di ciascuna parte.
3. L’articolo 431, quinto comma, si applica alle sentenze di condanna a favore di ciascuna delle parti.
4. Salvo che sia diversamente disposto, i poteri istruttori previsti dall’articolo 421, secondo comma, del codice di procedura civile non vengono esercitati al di fuori dei limiti previsti dal codice civile.”
2.5. Dunque, ai sensi del citato art. 2 D. Lgs. n. 150/2011, con riguardo al grado di appello nelle controversie disciplinate dal Capo II del D. Lgs. n. 150/2011 non si applicano (salvo che siano espressamente richiamati), gli articoli 433, 438, 2° comma, e 439 c.p.c. e, conseguentemente, si applicano invece i rimanenti articoli e, dunque, gli artt. 434, 435, 436, 437, 438 1° comma, 440 e 441 c.p.c.
Peraltro, deve ritenersi che la norma si riferisca unicamente ai giudizi in grado di appello avverso le Sentenze pronunciate dal Tribunale e, dunque, ai giudizi avanti alla Corte d’Appello.
Invero, anche quando una legge rinvia all’applicazione di determinate norme, tale relatio dev’essere sempre soggetta al principio di compatibilità, laddove le predette norme del rito del lavoro applicabili non sono del tutto compatibili con il giudizio di appello avverso le Sentenza del Giudice di Pace da incardinarsi dinanzi al Tribunale, tenuto anche conto che la competenza per gradi, tra l’altro, è di natura, ex se, funzionale e inderogabile (cfr. Cass. civile 16 febbraio 2000 n. 1713; Cass. civile 7 aprile 1999 n. 3369), con relativa impossibilità di interpretazioni che superino analogicamente la lettera della legge.
In particolare, l’art. 434, 2°comma, c.p.c. prevede che “il ricorso dev’essere depositato nella cancelleria della Corte di appello” e, dunque, non si vede come il ricorso, in applicazione del rito del lavoro, potrebbe essere depositato presso la cancelleria del Tribunale.
L’art. 435, 1°comma, c.p.c., specifica poi che la nomina del Giudice relatore è effettuata dal “presidente della Corte di appello” e non potrebbe, quindi, effettuarla il Presidente del Tribunale o il delegato Presidente di Sezione del Tribunale.
2.6. Per contro, l’inapplicabilità degli artt, 433, 438, 2° comma, e 439 c.p.c. non assume rilevanza ai fini della questione in esame, spiegandosi agevolmente considerando quanto segue:
– l’art. 433, 1° comma, c.p.c. fa riferimento all’appello contro le sentenze pronunciate nei processi “relativi alle controversie previste nell’art. 409” e, dunque, è stato ritenuto inapplicabile in quanto si riferisce espressamente alle sole cause riguardanti rapporti di lavoro subordinato ed affini;
– l’art. 433, 2° comma, c.p.c. riguarda una fattispecie del tutto particolare, relativa all’esecuzione iniziata prima della notificazione della sentenza, che consente la proposizione dell’appello con “riserva dei motivi“, ritenuta dal legislatore del 2011 incompatibile con le controversie disciplinate dal Capo II del D. Lgs. n. 150/2011;
– l’art. 438, 2° comma, c.p.c. si riferisce alla particolare fattispecie dell’esecutorietà della sentenza di appello con la copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza, ritenuta a sua volta dal legislatore incompatibile con le controversie disciplinate dal Capo II del D. Lgs. n. 150/2011;
– infine, l’art. 439 c.p.c., che disciplina il cambiamento del rito in appello richiamando gli artt. 427 e 427 c.p.c., risulta incompatibile con le controversie disciplinate dal Capo II del D. Lgs. n. 150/2011, essendo contemplata una specifica disciplina all’art. 4 del citato D. Lgs.
2.7. Né si potrebbe obiettare che siccome, in primo grado, il Giudice di Pace deve applicare il rito del lavoro per tali processi, tale identico rito non può che essere applicato anche in appello dal Tribunale in forza dell’art. 359 c.p.c. che, per il procedimento d’appello, fa espresso rinvio alle norme dettate per il procedimento di primo grado.
Tale norma, infatti, al caso di specie non appare applicabile.
L’art. 359 c.p.c., infatti, statuisce che “nei procedimenti d’appello davanti alla corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo”.
Il rinvio, quindi, è fatto alle norme del procedimento di primo grado “davanti al tribunale” e solo se queste “non sono incompatibili” con quelle previste dagli art. 339-358 ( capo II). Alcun rinvio, quindi, viene fatto alle norme che regolano il procedimento di primo grado davanti al Giudice di Pace.
2.8. Né potrebbe sostenersi che il procedimento di primo grado davanti al Tribunale segue anch’esso il rito del lavoro (con le eccezioni previste dal D. Lgs. n. 150/2011) , cosicché in appello, seppur contro le Sentenze del Giudice di Pace, si deve procedere con il medesimo rito.
Innanzi tutto pare potersi affermare con una certa sicurezza che “le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale“, di cui all’art. 359 c.p.c., e che bisogna seguire nel procedimento d’appello, sono esclusivamente quelle riferite al procedimento di primo grado sfociato nella sentenza appellata e nel relativo procedimento d’appello, e non quelle di un qualsivoglia procedimento di primo grado davanti al Tribunale che tratti la medesima materia, ma la cui sentenza sia appellabile dinanzi alla Corte d’Appello e non al Tribunale.
In secondo luogo, in ogni caso, tale rito, comunque, “non è compatibile” , ex art. 359 c.p.c., con le norme del suddetto capo II che prevedono, tra le altre cose, all’art. 342 c.p.c., l’introduzione con citazione, e non con ricorso, dell’appello davanti al Tribunale, nonché la decisione emessa ex art. 352 c.p.c. a seguito dello scambio delle comparse conclusionali e delle repliche all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni, e non mediante lettura del dispositivo in udienza, ex art. 420 c.p.c., all’esito della discussione orale.
2.9. Né le conclusioni di cui sopra paiono essere inficiate dal principio dell’ultrattività del rito, in forza del quale le norme che regolano l’introduzione dell’appello sono quelle corrispondenti al rito in concreto applicato in primo grado, né dal principio per cui in grado di appello si deve sempre applicare il rito proprio del processo considerato.
Innanzi tutto tali principi non hanno carattere generale e prevalente, ma trovano limiti proprio nel dettato dell’art. 359 c.p.c. dal quale discendono; limiti che, come si è detto, si applicano proprio al caso in esame per i motivi già analizzati. La giurisprudenza maggioritaria, del resto, nega la presenza, nel nostro ordinamento, di un principio generale e prevalente di ultrattività del rito (cfr. Cass. civile 14 agosto 1999 n. 8658 Cass. civile 13 maggio 2000 n. 6169; Cass. civile 14 maggio 2004 n. 9251, Cass. civile 18 febbraio 2005 n. 3348).
La giurisprudenza, inoltre, tende ad invocare il principio dell’ultrattività del rito nel caso di errori in cui sia incorso il giudice di primo grado nella trattazione in rito del procedimento, fattispecie del tutto estranea a quella oggetto del presente lavoro ove, al contrario, è proprio una precisa norma che prevede l’adozione del rito speciale in primo grado per mezzo di un dettato normativo che, esso stesso, non consente di estendere l’applicazione di tale rito in appello.
2.10. Dunque, deve ritenersi che ai giudizi in grado di appello avverso le Sentenze pronunciate dal Giudice di Pace ai sensi ai sensi degli artt. 2, 6, 7 e 34 D.Lgs. n. 150/2011 non trovi applicazione la medesima predetta speciale disciplina, dettata con esclusivo riguardo al giudizio di opposizione di primo grado, bensì le norme ordinarie in grado di appello.
Peraltro, qualora l’appello avverso una Sentenza del Giudice di Pace venga introdotta con “ricorso” anziché con “citazione” (come nel caso di specie) l’adozione del ricorso e della successiva notifica deve comunque ritenersi idonea al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale (cfr. sul punto, sia pure in materia di impugnazione delle delibere condominiali ex art. 1137 c.c., Cassazione civile, Sezioni Unite 14 aprile 2011 n. 8491).
3. Sul primo motivo di impugnazione: Nullità delle notificazioni dei verbali di contestazione dell’art. 7 Codice della Strada e delle Ordinanze Ingiunzioni impugnate.
3.1. Con un primo motivo di impugnazione, l’appellante lamenta l’erroneità della Sentenza di primo grado, che ha ritenuto regolari le notificazioni dei verbali di contestazione della violazione dell’art. 7 Codice della Strada e delle Ordinanze Ingiunzioni impugnate.
Il motivo di appello risulta fondato.
3.2. Invero, risulta pacifico in causa che i verbali di contestazione della violazione dell’art. 7 Codice della Strada, su cui si fondano le Ordinanze Ingiunzioni impugnate, sono stati consegnati, in assenza del destinatario, a tale sig.ra CAIA “con qualifica di addetto al ritiro”.
L’attuale appellante ha documentalmente provato che la sig.ra CAIA è il portiere dello stabile (cfr. doc. D prodotto dall’appellante) e, dunque, avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 139 c.p.c., il quale dispone testualmente quanto segue:
“Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio.
Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purchè non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.
In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla.
Il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario da’ notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata.”
Trattandosi di notifica eseguita a mani del portiere, l’Ufficiale Giudiziario avrebbe dunque dovuto dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto.
Invero, deve condividersi l’orientamento della Cassazione a Sezioni Unite, secondo cui:
– “In caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde il relativo accertamento, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal comma 2 dell’art. 139 c.p.c., secondo la successione preferenziale da detta norma tassativamente stabilita: è pertanto nulla la notificazione nelle mani del portiere quando la relazione dell’ufficiale giudiziario non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata” (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 20 aprile 2005, n. 8214 in Giust. civ. Mass. 2005, 4).
– “In caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde, nel riferire al riguardo, sebbene non debba necessariamente fare uso di formule sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal comma 2 dell’art. 139 c.p.c., la successione preferenziale dei quali è tassativamente prevista. è pertanto nulla la notificazione nelle mani del portiere quando la relazione dell’ufficiale giudiziario non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata” (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 30 maggio 2005, n. 11332 in Giust. civ. Mass. 2005, 5).
Dunque, è nulla la notificazione per posta eseguita mediante consegna di copia dell’atto al portiere, senza attestazione dell’avvenuta infruttuosa ricerca delle altre persone abilitate alla ricezione ai sensi dell’art. 139 c.p.c. (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. II, 12 aprile 2011, n. 8284, con specifico riferimento al verbale di contravvenzione a norme del codice stradale; Cass. civile, Sezioni Unite, 20 aprile 2005, n. 8214; Cass. civile, Sezioni Unite, 30 maggio 2005, n. 11332).
3.3. Inoltre, deve aggiungersi che le notifiche sono state effettuate presso un indirizzo diverso dalla residenza del sig. TIZIO (cfr. doc. B prodotto dall’appellante).
3.4. Infine, quale precedente conforme e specifico deve richiamarsi la Sentenza del Tribunale di Torino n. 3747/2012 datata 28.05.2012, depositata in data 01.06.2012, nella causa in grado d’appello promossa sempre dal sig. JERACE BIO Francesco nei confronti della PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI TORINO, in persona del Prefetto pro tempore, rilevante ex art. 118, 1° comma, disp. attuaz. c.p.c., ai sensi del quale “la motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, secondo comma, n. 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”:
3.5. Pertanto, in accoglimento del primo motivo d’appello, in totale riforma dell’impugnata sentenza del Giudice di Pace, devono annullarsi e dichiararsi inefficaci le Ordinanze ingiunzioni impugnate emesse nei confronti del sig. TIZIO.
4. Sul secondo motivo di impugnazione: Scadenza dei termini perentori previsti dagli artt.203 e 204 D. Lgs. n. 285/1992.
L’accoglimento del primo motivo di appello assorbe l’esame del secondo motivo di impugnazione proposto dal sig. TIZIO, relativo alla scadenza dei termini perentori previsti dagli artt.203 e 204 D. Lgs. n. 285/1992.
5. Sulle spese processuali.
Tenuto conto della soccombenza della parte appellata, quest’ultima dev’essere dichiarata tenuta e condannata a rimborsare alla parte appellante le spese processuali del presente giudizio in grado di appello, così come liquidate in dispositivo, in conformità dell’art. 9 D.L. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 27/2012 e del Regolamento adottato con il D.M. 20.07.2012 n. 140 (pubblicato sulla G.U. n. 195 del 22.08.2012).
Precisamente, i compensi vengono liquidati sulla base della Tabella A) allegata al predetto Regolamento, secondo il valore medio di liquidazione previsto nello scaglione “fino ad Euro 25.00,00” rispettivamente:
– per la fase di studio, con diminuzione del 50%;
– per la fase introduttiva, con diminuzione del 50%;
– per la fase decisoria, con diminuzione del 50%.
PQM
Il TRIBUNALE DI TORINO, Sezione Terza Civile, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e definitivamente pronunziando nella causa in grado di appello iscritta al n. 29155/12 R.G. promosso dal sig. TIZIO (parte appellante) contro la PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI TORINO, in persona del Prefetto pro tempore (parte appellata), nel contraddittorio delle parti:
1) Accoglie l’appello avverso la Sentenza del Giudice di Pace di Torino n. 5098/12 datata 30.05.2012, depositata in data 05.06.2012 e, per l’effetto, in totale riforma dell’impugnata Sentenza:
annulla e dichiara inefficaci le seguenti Ordinanze ingiunzioni emesse nei confronti del sig. TIZIO:
– Ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Torino n. 119793/R/07 VV.UU.TO in data 19.09.2011;
– Ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Torino n. 119794/R/07 VV.UU.TO in data 19.09.2011;
– Ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Torino n. 118963/R/07 VV.UU.TO in data 19.09.2011.
2) Dichiara tenuta e condanna la parte appellata a rimborsare all’appellante sig. TIZIO le spese processuali del presente giudizio in grado d’appello, liquidate in complessivi Euro 861,94 (di cui Euro 775,00 per compensi ed il resto per spese), oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge ed oltre alle spese di registrazione della presente sentenza e successive occorrende.
Così deciso in Torino, in data 27 settembre 2013.
IL GIUDICE
Dott. Edoardo DI CAPUA
Sentenza n. 5809 depositata in data 02.10.2013
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Numero Protocolo Interno : 32/2013