ISSN 2385-1376
Testo massima
In caso di azione revocatoria ordinaria proposta contro il terzo che ha acquistato dal soggetto convenuto in revocatoria fallimentare, non trova applicazione la disciplina dell’art. 67 l.f. ed occorre fare esclusivo riferimento alle regole dell’azione revocatoria ordinaria, incombendo in particolare al curatore l’onere di provare la malafede del subacquirente.
E’ questo il principio di diritto statuito dal Tribunale di Torre Annunziata, sezione fallimentare, con sentenza pronunziata in data 15/10/2013 in materia di azione revocatoria fallimentare.
Nel caso in esame, la sentenza trae origine dall’azione revocatoria fallimentare esperita dal fallimento di una società al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia di alcune vendite dalla stessa effettuate prima della sentenza dichiarativa del fallimento, sul presupposto che tali vendite fossero avvenute ad un prezzo notevolmente inferiore al reale valore di mercato dei beni.
In particolare, il fallimento della società chiedeva che venisse dichiarata l’ inefficacia non soltanto dell’atto di vendita con cui la stessa aveva venduto un proprio immobile alla società acquirente convenuta nell’azione revocatoria fallimentare, ma anche l’inefficacia dell’atto di vendita con cui quest’ultima aveva alienato lo stesso immobile ad una terza società subacquirente.
Ebbene, il Tribunale di Torre Annunziata, chiamato a pronunziarsi sulla questione de qua, dopo aver dichiarato inefficace il primo contratto di compravendita intervenuto tra la società fallita e la società convenuta nell’azione revocatoria fallimentare, ha altresì dichiarato l’inefficacia dell’atto di vendita con il quale quest’ultima ha alienato il bene ad una terza società subacquirente, precisando che, sebbene debbano riconoscersi alcune identità sostanziali e funzionali tra la revocatoria ordinaria e quella fallimentare, tuttavia l’art.67 LF, non facendo alcun riferimento alla sorte dei diritti di coloro che abbiano acquistato dal primo acquirente del debitore fallito, è inapplicabile agli atti di acquisto di tali subacquirenti.
La posizione di costoro, infatti, resta regolata dalla disciplina dell’azione revocatoria ordinaria ex art.2901 cc, ultimo comma, che fa salvi i diritti subacquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede, con la conseguenza che i subacquirenti a titolo oneroso da chi abbia acquistato dal fallito restano esposti all’esercizio da parte del curatore di detta azione ove abbiano acquistato in mala fede e subiscono l’effetto pregiudizievole dell’inefficacia dell’atto intervenuto fra il debitore fallito ed il suo avente causa diretto e loro dante causa. La relativa azione, sotto il profilo della prova della malafede del subacquirente, non trovando applicazione l’art. 67, resta soggetta alle normali regole della revocatoria ordinaria e, pertanto, incombe al curatore dare la prova della suddetta mala fede, da individuarsi nella consapevolezza, da parte del subacquirente, della circostanza che l’atto di acquisto intervenuto fra il suo dante causa ed il debitore fallito era revocabile ai sensi dell’art. 67 LF (Cass. civ., sez. I, 28 agosto 2004, n. 17214).
Pertanto, il Tribunale di Torre Annunziata, ritenuta sussistente la prova del requisito soggettivo della mala fede in capo al subacquirente, consistente nella consapevolezza della circostanza che l’atto di acquisto intervenuto tra il suo dante causa ed il debitore fallito fosse revocabile ex art.67 l.f., ha dichiarato l’inefficacia di tale contratto di vendita, condannando altresì il subacquirente all’immediato rilascio dell’immobile.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
Sezione Fallimentare
Il giudice unico … della sezione fallimentare ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Premesso che Tizia, socia accomandataria di Alpha S.a.S., con atto del 22.1.2003 trascritto in data 3.2.2003 ha venduto a Beta S.r.L. propri immobili; che Beta S.r.L. con atto del 7.4.2003 trascritto il 5.5.2003 ha rivenduto a Gamma S.r.L. tali immobili; che in data 15.7.2004 è stato dichiarato il fallimento di Alpha S.a.S., esteso al socio accomandatario Tizia; tutto ciò premesso, il fallimento Alpha S.a.S. ha convenuto in giudizio Beta S.r.L. e Gamma S.r.L., esercitando azione revocatoria fallimentare verso Beta S.r.L. e azione revocatoria ordinaria verso Gamma S.r.L., e chiedendo la declaratoria di inefficacia delle vendite e la restituzione dei beni, in quanto venduti a un prezzo notevolmente inferiore al reale valore di mercato.
Si sono costituite Beta S.r.L. e Gamma S.r.L., chiedendo il rigetto della domanda attorea.
Autorizzato il deposito di memorie ex art. 183 c. VI c.p.c., svolta istruttoria con escussione di testi, ed espletata Ctu, sulle conclusioni rassegnate la causa è stata mandata in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
2. Preliminarmente, va evidenziato che è ratione temporis applicabile la norma di cui all’art. 67 LF nel testo anteriore alla riforma del 2005, in quanto la proposta azione revocatoria si inserisce nell’ambito di una procedura fallimentare aperta prima della riferita riforma.
Ne consegue che non è applicabile la norma di cui all’art. 69 bis LF, introdotta solo a seguito della citata riforma, per cui l’eccezione di decadenza fondata su tale disposizione va rigettata.
3. Ciò detto, pacifico il fallimento di Tizia quale socio accomandatario in estensione del fallimento di Alpha S.a.S. (circostanza che emerge anche dalla p. 4 della visura camerale del Alpha S.a.S. prodotta da parte attrice), la fattispecie concreta per cui è causa, relativa alla domanda proposta nei confronti di Beta S.r.L., è in astratto sussumibile nell’ambito della disposizione di cui all’art. 67 c. I n. 1 LF ratione temporis applicabile, in base a cui «Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore (
) gli atti a titolo oneroso compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente ciò che a lui è stato dato o promesso».
3.1. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di prescrizione, in quanto l’azione è stata esercitata nel 2007, quindi sicuramente entro il termine di 5 anni dalla dichiarazione di fallimento del 2004 (Cass. civ., sez. I, 29 agosto 1997, n. 8173).
Ciò detto, onere di parte attrice è provare i presupposti oggettivi dell’azione.
In primo luogo, sussiste il requisito oggettivo della vendita entro il biennio, dato che l’alienazione è stata effettuata da Tizia circa un anno e mezzo prima della dichiarazione di fallimento. E’ inoltre verosimile che in tale momento, appena un anno e mezzo prima del fallimento, l’impresa fosse già in stato di dissesto.
In secondo luogo, è provata la notevole sproporzione (da valutarsi al momento dell’atto e non al momento dell’esercizio dell’azione revocatoria: Cass. civ., sez. I, 19 aprile 1995, n. 4408) tra i beni ceduti da Tizia e la controprestazione ricevuta da Beta S.r.L.. Infatti l’appartamento e box sono stati alienati al prezzo di 79.606,00, mentre il loro valore al momento della cessione era di 501.962,00 (cfr. le risultanze della Ctu, ben argomentate, immuni da vizi logici, e quindi da condividersi).
Contrario convincimento non può trarsi dai rilievi di parte convenuta, secondo cui il prezzo dell’alienazione sarebbe simulato, in quanto in luogo della somma di 79.606,00, Tizia avrebbe in realtà ricevuto 120.000,00; infatti la scrittura privata e le quietanze di pagamento prodotte da parte convenuta sono prive di data certa anteriore al fallimento, e quindi, in difetto anche di altri elementi in grado di conferire certezza della data, non sono ad esso opponibili (Cass. civ., sez. I, 6 settembre 2006, n. 19136; Cass. civ., sez. I, 15 settembre 2000, n. 12172). D’altra parte, pur se per assurdo si volesse ritenere tali documenti come opponibili al fallimento, ugualmente sarebbe provato il requisito della notevole sproporzione, dato che il valore reale del bene è comunque molto superiore all’asserito prezzo di 120.000,00.
3.2. Con riguardo al requisito soggettivo dell’azione, opera la presunzione semplice di conoscenza dello stato di insolvenza, superabile con la prova contraria a carico del convenuto. Sul punto la S.C. ha affermato che al fine di vincere la presunzione semplice di conoscenza dello stato d’insolvenza posta dal comma 1 dell’art. 67 l. fall. a favore del curatore, l’onere della prova contraria gravante sul convenuto in revocatoria non ha contenuto meramente negativo equivalente alla mancanza della prova positiva della conoscenza, e non può quindi essere assolto con la mera dimostrazione dell’assenza di circostanze idonee ad evidenziare lo stato d’insolvenza, occorrendo invece la positiva dimostrazione che, nel momento in cui è stato posto in essere l’atto revocabile, sussistessero circostanze tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione normale di esercizio dell’impresa, e tale prova deve essere ancora più rigorosa quando le circostanze rivelino una accentuata anormalità dell’atto di disposizione patrimoniale oggetto della revocatoria (Cass. civ., sez. I, 18 maggio 2005, n. 10432; Cass. civ., sez. I, 8 maggio 1982, n. 2865). Ai fini del positivo assolvimento dell’onere probatorio gravante sul convenuto, la S.C. ha inoltre affermato che non possono ritenersi decisivi: l’inesistenza di protesti e di azioni esecutive in atto, né l’esistenza di bilanci che, se non rovinosi, non denunciavano una florida situazione dell’impresa poi fallita, né la concessione di ulteriore credito al debitore, non potendosi escludere che questa sia motivata dalla speranza che la medesima consenta all’imprenditore di superare la situazione di insolvenza (Cass. civ., sez. I, 9 maggio 2007, n. 10629).
Orbene, nel caso in esame Beta S.r.L. non ha offerto la prova positiva richiesta, limitandosi ad allegare che all’epoca della cessione da parte di Tizia e di Beta S.r.L. non si era ancora verificata l’insolvenza, e comunque non era a conoscenza dello stato di dissesto; quindi, a parte il rilievo che con tutta probabilità il Alpha S.a.S. era già in stato di insolvenza al momento delle due vendite avvenute appena qualche mese prima del fallimento, va evidenziato che Beta S.r.L. non ha affatto fornito la positiva dimostrazione che al momento del compimento dell’atto sussistevano elementi tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione normale di esercizio dell’impresa.3.3. Dunque, va accolta la domanda proposta da parte attrice, ed ex art. 67 LF va dichiarata nei confronti di parte attrice l’inefficacia del contratto di vendita intercorso tra Tizia e Beta S.r.L., e cioè dell’atto di vendita per notar … del 22.1.2003 rep. … trascritto in data 3.2.2003.
4. Occorre ora verificare la fondatezza della domanda proposta da parte attrice nei confronti di Gamma S.r.L..
Con atto del 7.4.2003 trascritto in data 5.5.2003, Beta S.r.L. ha alienato i medesimi immobili a Gamma S.r.L. al prezzo di 80.000,00, asseritamente versato prima del rogito notarile.
Parte attrice ha chiesto la revoca anche di tale compravendita.
Va rigettata l’eccezione di prescrizione formulata da parte convenuta, non essendo decorso il termine quinquennale dalla data dell’atto, cioè il 7.4.2003, in quanto l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio è stato notificato il 6.8.2007. Inoltre, a nulla rileva che l’autorizzazione del GD per l’azione ex art. 2901 c.c. sia intervenuta solo in data 9.4.2008 (oltre 5 anni dall’atto da revocare) a integrazione dell’autorizzazione ab origine concessa in data 20.6.2007 per l’azione ex art. 67 LF: la S.C. ha costantemente affermato che in tema di capacità processuale del curatore fallimentare l’autorizzazione del giudice delegato a stare in giudizio ai sensi dell’art. 25 LF ha efficacia sanante ex tunc, tanto che può essere concessa anche dopo la decorrenza del termine per proporre impugnazione (Cass. civ., sez. I, 17 luglio 2007, n. 15939). D’altra parte, l’autorizzazione originariamente concessa dal GD per promuovere l’azione revocatoria ex art. 67 LF sarebbe stata sufficiente a coprire anche l’azione revocatoria esercitata anche ex art. 2901 c.c. pur in assenza di ulteriore autorizzazione integrativa, in quanto l’autorizzazione a promuovere un’azione giudiziaria copre, senza bisogno di specifica menzione, tutte le possibili pretese e istanze necessarie per il conseguimento dell’obiettivo sostanziale del giudizio a cui tale autorizzazione si riferisce, così che eventuali dubbi sulla rilevanza giuridica degli atti sono superati dal principio di conservazione dell’atto giuridico ai sensi dell’art. 159 c.p.c. (Cass. civ., sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 2483); ne consegue che, essendo l’interesse perseguito fin dalla prima autorizzazione quello al recupero del cespite immobiliare, la prima autorizzazione non poteva non coprire anche la connessa azione ex art. 2901 c.c. nei confronti del subacquirente.
4.1. Ciò detto, in tema di azione revocatoria ordinaria proposta nei confronti del terzo che ha acquistato dal soggetto convenuto nell’azione revocatoria fallimentare, la S.C. ha precisato che pur dovendosi riconoscere che la revocatoria ordinaria e quella fallimentare presentano identità sostanziale e funzionale, come è confermato sia dalla norma di collegamento dell’art. 2904 c.c. che da quella speculare dell’art. 66 c. I LF, deve ritenersi che l’art. 67 di tale legge, non facendo alcun riferimento alla sorte dei diritti di coloro che abbiano subacquistato dal primo acquirente dal debitore fallito, è inapplicabile agli atti di acquisto di tali subacquirenti. La posizione di costoro, invece, resta regolata dalla disciplina dell’azione revocatoria ordinaria e, quindi, dalla norma dell’ultimo comma dell’art. 2901 c.c., che fa salvi i diritti subacquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, con la conseguenza che i subacquirenti a titolo oneroso da chi abbia acquistato dal fallito restano esposti all’esercizio da parte del curatore di detta azione ove abbiano acquistato in mala fede e subiscono l’effetto pregiudizievole dell’inefficacia dell’atto intervenuto fra il debitore fallito ed il suo avente causa diretto e loro dante causa. La relativa azione, sotto il profilo della prova della malafede del subacquirente, non trovando applicazione l’art. 67 (ed in particolare la presunzione di cui al comma 1 di tale norma e la correlata inversione dell’onere della prova), resta soggetta alle normali regole della revocatoria ordinaria e, pertanto, incombe al curatore (che ha l’onere di dare dimostrazione dei fatti costitutivi dell’azione, secondo la normale regola di cuiall’art. 2697 c.c.), dare la prova della suddetta mala fede, da individuarsi nella consapevolezza, da parte del subacquirente, della circostanza che l’atto di acquisto intervenuto fra il suo dante causa ed il debitore fallito era revocabile ai sensi dell’art. 67 LF (Cass. civ., sez. I, 28 agosto 2004, n. 17214).
4.2. Orbene, anche la compravendita in questione è connotata da notevolissima sproporzione tra prezzo e valore reale dell’immobile, anche qualora volesse accogliersi il rilievo di parte convenuta secondo cui pure in tale contratto il prezzo è simulato in quanto il prezzo effettivamente pagato ammonterebbe a 150.000,00 (comunque la controdichiarazione risulterebbe da atto non avente data certa e quindi non opponibile al fallimento: cfr. produzione di parte convenuta). Alla luce di tale evidentissima sproporzione, chiaro è il pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori.
Dagli atti emerge anche la prova della sussistenza del requisito soggettivo della mala fede in capo al subacquirente, consistente nella consapevolezza della circostanza che l’atto di acquisto intervenuto fra il suo dante causa ed il debitore fallito era revocabile ai sensi dell’art. 67 LF. Tale convincimento si trae dalla valutazione complessiva di più elementi: la notevolissima sproporzione tra valore reale del bene e prezzo di acquisto da parte di Beta S.r.L. (il prezzo dichiarato di compravendita è circa sei volte superiore al valore reale ); la circostanza che Beta S.r.L. abbia rivenduto il bene dopo appena due mesi e mezzo dall’acquisto; il fatto che, pur a brevissima distanza di tempo, Beta S.r.L. ha rivenduto il bene ad un prezzo pressoché identico rispetto a quello di acquisto, senza un’apparente valida ragione e utilità economica ; Caia, titolare di una quota di Gamma S.r.L. (cfr. visura prodotta da parte attrice), è legata a Tizia da stretti vincoli di parentela , per cui ella (e quindi anche Gamma S.r.L.) con tutta probabilità era a conoscenza del dissesto di Alpha S.a.S.; Mevio, socio di Beta S.r.L. , è marito di Tizia, per cui l’operazione di vendita tra Tizia e Beta S.r.L. a maggior ragione avrebbe dovuto destare sospetto agli occhi di un operatore qualificato come Gamma S.r.L.; Fucsia, amministratrice unica di Gamma S.r.L. e nella qualità firmataria del secondo contratto di vendita, è sorella di Scarlatto (vedi certificato anagrafico prodotto da parte attrice), all’epoca legale rappresentante di Beta S.r.L. e nella qualità firmatario del medesimo contratto, per cui a maggior ragione Fucsia e Gamma S.r.L. erano in grado di conoscere il reale carattere e scopo del contratto intercorso tra Beta S.r.L. e Tizia e la sussistenza dei requisiti per la sua revoca; Scarlatto è stato dipendente di Alpha S.a.S. almeno fino al 31.12.2002 (cfr. l’estratto previdenziale acquisito ex art. 213 c.p.c.), e quindi verosimilmente ne conosceva la situazione economica, così che anche Fucsia, l.r.p.t. di Gamma S.r.L., in quanto sorella di Scarlatto, ragionevolmente al momento dell’atto del 7.4.2003 era resa edotta della situazione finanziaria del Alpha S.a.S.e quindi della revocabilità del contratto di compravendita del 22.1.2003 (è provata quindi la conoscenza da parte di Gamma S.r.L. dell’elemento della scientia decotionis necessaria per la declaratoria di inefficacia del contratto del 22.1.2003 ex art. 67 LF). La valutazione complessiva di tali elementi, e la circostanza che Gamma S.r.L. è società immobiliare e quindi, per l’esperienza nel settore, non poteva non rilevare l’anomalia dell’acquisto del suo dante causa, fondano la prova della mala fede di Gamma S.r.L. in termini di consapevolezza della circostanza che l’atto di acquisto intervenuto fra il suo dante causa ed il debitore fallito era revocabile.
Vista la mala fede di Gamma S.r.L., quest’ultima resta esposta all’esercizio dell’azione ex art. 67 LF da parte del curatore, e subisce l’effetto pregiudizievole dell’inefficacia dell’atto intervenuto fra il debitore fallito ed il suo avente causa diretto e loro dante causa.
4.3. Quindi ex art. 2901 c.c. va dichiarata nei confronti di parte attrice l’inefficacia del contratto di compravendita intercorso tra Beta S.r.L. e Gamma S.r.L., cioè dell’atto di vendita per notar Sempronio del 7.4.2003, rep. … trascritto al n. … del 5.5.2003; di conseguenza, va anche accolta la domanda attore di condanna di Gamma S.r.L. all’immediato rilascio dell’immobile in favore del fallimento Alpha S.a.S..
5. Parte attrice fin dall’atto introduttivo ha chiesto anche la condanna di Gamma S.r.L. alla restituzione dei frutti percepiti e percipiendi, e in sede di comparsa conclusionale ha specificato che tale valore è da commisurarsi al valore locativo nella misura complessiva di 120.960,00, pari cioè al valore locativo mensile di 1.120,00 da calcolare dalla data di fallimento fino all’attualità (cfr. p. 11-12 della comparsa conclusionale).
La domanda, così formulata non può essere accolta. Nel chiedere la «restituzione (
) dei frutti percepiti e percipiendi» (questi sono i termini impiegati nell’atto di citazione) parte attrice implicitamente ha invocato la restituzione di un indebito; tuttavia, parte attrice avrebbe quantomeno dovuto meglio allegare e provare quali sono le somme e i frutti da restituire (ad esempio, eventuali canoni di locazione percepiti e da percepirsi). Né è utile il richiamo al valore locativo dell’immobile che parte attrice ha introdotto nella comparsa conclusionale al fine di quantificare i frutti da percepire, in quanto evocare il concetto di valore locativo inevitabilmente comporta un richiamo ad un diverso titolo di pretesa costituito dalla responsabilità extracontrattuale per indebita occupazione, cioè un titolo completamente diverso da quello che potrebbe fondare la «restituzione (
) dei frutti percepiti e percipiendi» (sostanzialmente il titolo di restituzione di indebito).
Ad abundantiam, la domanda di condanna di Gamma S.r.L. al pagamento dei frutti percepiti dalla data del fallimento all’attualità è infondata anche per altra ragione. Infatti, sia le sentenze ex art. 67 LF (Trib. Milano, 12 dicembre 1988, in Banca borsa tit. cred., 1991, II, 240), sia le sentenze ex art. 2901 c.c. (Trib. Torino, 2 aprile 2004, in Giur. merito, 2004, 1952) hanno valore di sentenze costitutive e non già dichiarative, in quanto modificano ex post una situazione giuridica preesistente, sia privando di effetti, nei confronti del creditore attore, un atto perfettamente valido che aveva già conseguito piena efficacia tra le parti, sia determinando, conseguentemente, la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla funzione di generale garanzia patrimoniale ed alla soddisfazione del creditore di una delle parti dell’atto.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo ex DM 140/12 in ragione del valore della causa quale stabilito in sentenza, e considerando la particolare complessità della causa in punto di fatto e di diritto.
Le spese di Ctu, liquidate con decreto in corso di causa, sono poste in via definitiva a carico delle due convenute in solido.
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, domanda, eccezione e rilievo, così provvede:
1) rigetta le eccezioni di prescrizione e decadenza formulate da parte convenuta;
2) in accoglimento della domanda attorea, ex art. 67 LF dichiara l’inefficacia nei confronti del fallimento Alpha S.a.S. del contratto di compravendita intervenuto tra Tizia e Beta S.r.L. per notar Sempronio del 22.1.2003 rep. … trascritto in data … del 3.2.2003, avente ad oggetto gli immobili indicati a p. 2 dell’atto di citazione da intendersi qui trascritto;
3) in accoglimento della domanda attorea, ex art. 2901 c.c. dichiara l’inefficacia dei confronti di fallimento Alpha S.a.S. del contratto di compravendita intervenuto tra Beta S.r.L. e Gamma S.r.L. per notar Sempronio del 7.4.2003, rep. … trascritto al n. … del 5.5.2003, avente ad oggetto di medesimi immobili di cui al punto 1 del presente dispositivo;
4) per l’effetto condanna Gamma S.r.L. in persona del l.r.p.t. all’immeditato rilascio degli immobili di cui al punto 1 del presente dispositivo in favore del curatore del fallimento Alpha S.a.S.;
5) rigetta la domanda attorea di condanna di Gamma S.r.L. in persona del l.r.p.t. al pagamento dei frutti percepiti e percipiendi;
6) condanna in solido Beta S.r.L. in persona del l.r.p.t. e Gamma S.r.L. in persona del l.r.p.t. al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore del fallimento Alpha S.a.S. in persona del curatore, liquidandole in complessivi 23.050,00, di cui 550,00 per spese ed 22.500,00 per compenso, oltre oneri di legge;
7) pone in via definitiva le spese di Ctu in solido a carico di Beta S.r.L. in persona del l.r.p.t. e Gamma S.r.L. in persona del l.r.p.t.;
8) ordina al competente conservatore dei RR.II. la trascrizione della presente sentenza, con esonero da ogni responsabilità.
Così deciso in Torre Annunziata il 15 ottobre 2013
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Numero Protocolo Interno : 660/2013