ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di espropriazione presso terzi, dopo l’emissione dell’ordinanza di assegnazione non è più consentita opposizione alcuna volta a contestare la pignorabilità della somma assegnata.
E’ questo il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione sesta, con ordinanza n.21876 pronunziata in data 24/09/2013.
L’ordinanza trae origine da una opposizione agli atti esecutivi proposta da un contribuente avverso l’ordinanza di assegnazione della somma di euro 25.948,92 emessa all’esito di una procedura di espropriazione presso terzi intrapresa da Equitalia nei suoi confronti.
In primo grado, il Tribunale di Melfi rigettava tale opposizione per cui il contribuente proponeva ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto pignorabile nella misura di 1/5 la pensione, anziché fino a concorrenza della quota eccedente il minimo per la sopravvivenza.
Ebbene, la Suprema Corte ha rilevato l’inammissibilità dell’azione del ricorrente, in virtù del costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in tema di espropriazione presso terzi, il rimedio dell’opposizione all’esecuzione relativa alla pignorabilità dei beni è legittimamente proponibile ex art.615 cpc soltanto fino al momento in cui l’azione esecutiva non si sia consumata per effetto dell’avvenuta espropriazione.
L’opposizione all’esecuzione dunque è proponibile soltanto fino a che non sia stata emessa l’ordinanza di assegnazione, che è certamente impugnabile con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, ma soltanto per profili che ne involgano vizi specifici.
In altre parole, dopo l’emissione dell’ordinanza di assegnazione non è più possibile proporre né l’opposizione all’esecuzione, che presuppone per sua natura la pendenza di un procedimento esecutivo, nè l’opposizione agli atti esecutivi se ha ad oggetto la contestazione della pignorabilità dei beni o delle somme che investe l’essenza dell’an dell’esecuzione medesima, essendo possibile la contestazione solo per la regolarità formale della predetta.
Alla luce di tali considerazioni, gli ermellini, dando seguito a consolidata giurisprudenza di legittimità in materia, hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso e compensato per intero tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 24714/2011 proposto da:
C.M.
– ricorrente –
contro
EQUITALIA SUD SPA
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 231/2011 del TRIBUNALE di MELFI del 21.5.2011, depositata il 24/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MANNA;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO ROMANO.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1 – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art.377 cpc, ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt.380 bis e 375 cpc:
1. – Con sentenza depositata il 24.6.11 il Tribunale di Melfi rigettava l’opposizione agli atti esecutivi (come tale qualificata nell’epigrafe della sentenza) proposta da C.M. contro l’ordinanza di assegnazione della somma di Euro 25.948,92 emessa all’esito di espropriazione presso terzi promossa a suo carico da Equitalia Potenza S.p.A..
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il C. affidandosi a due motivi.
2.1. – Resiste con controricorso Equitalia Sud S.p.A. (già Equitalia Potenza S.p.A.).
3. – Con il PRIMO MOTIVO di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n.448 del 2001, art.38 commi 1 e 5, L. n.283 del 2002, art.39, comma 8, nonchè vizio di motivazione, per avere l’impugnata sentenza ritenuto pignorabile la pensione percepita dal C. fino a un 1/5, anzichè fino a concorrenza della quota eccedente il minimo per la sopravvivenza.
3.1. – Con il SECONDO MOTIVO di ricorso si deduce vizio di motivazione nella parte in cui il Tribunale ha apoditticamente ritenuto che il credito azionato fosse privilegiato, pur mancando prova a riguardo (trattandosi di fatto controverso e decisivo).
4. Il ricorso è inammissibile.
Nell’esecuzione per espropriazione la contestazione della pignorabilità d’un bene o di una somma di denaro, importando la negazione del diritto di agire in executivis, implica non già un’opposizione agli atti esecutivi, bensì un’opposizione all’esecuzione (cfr., epluribus, Cass. 3.8.05 n.16262) e, perciò l’appellabilità della sentenza che su di essa decida (ai sensi del nuovo regime impugnatorio dettato dall’art. 616 cpc, come novellato dalla L. n.69 del 2009, nuovo regime che, appunto, si applica alle sentenze pubblicate – come quella in esame – dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della predetta modifica: cfr. Cass. 17.8.2011 n.17321; Cass. 6.6.2011 n.12165; Cass. 21.1.2011 n.1402; Cass. 27.9.2010 n.20324).
Tuttavia nel caso di specie risulta dall’epigrafe dell’impugnata sentenza e dal tenore degli atti difensivi che l’opposizione del C. è stata proposta e in concreto trattata come opposizione agli atti esecutivi.
E’ noto che l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere compiuta con riferimento esclusivo alla qualificazione data dal giudice, a prescindere dalla sua esattezza e dal tipo di procedimento adottato (cfr., ex aliis, Cass. 8.1.08 n.137; Cass. 24.4.07 n.9867).
Ne discende che nel caso di specie il rimedio impugnatorio è, appunto, soltanto il ricorso per cassazione, essendo ex art 617 cpc, inappellabili le sentenze emesse su opposizioni agli atti esecutivi.
Nondimeno, questa Corte Suprema deve rilevare d’ufficio che l’azione dell’odierno ricorrente è inammissibile sotto altro profilo, perchè trascura il costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di espropriazione presso terzi, una volta emessa l’ordinanza di assegnazione non è più consentita opposizione volta a contestare la pignorabilità della somma assegnata.
Infatti, il rimedio dell’opposizione all’esecuzione relativa alla pignorabilità dei beni è legittimamente proponibile, ex art.615 cpc, soltanto fino al momento in cui l’azione esecutiva non si sia consumata per effetto dell’avvenuta espropriazione (e senza che la scadenza del termine per proporla possa prolungarsi con riferimento al – diverso – termine stabilito per l’opposizione di cui all’art.617 cpc, instaurata avverso la medesima ordinanza).
In proposito, strutturandosi l’ordinanza di assegnazione, tanto sul piano morfologico quanto su quello funzionale, come l’atto conclusivo del procedimento espropriativo, l’opposizione all’esecuzione risulta proponibile soltanto fino a che non sia stata emessa l’ordinanza medesima, che è sì impugnabile con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, ma soltanto per profili che ne involgano vizi specifici suoi propri.
In altre parole, dopo che sia stata emessa l’ordinanza di assegnazione, non è più proponibile opposizione alcuna basata sull’asserita impignorabilità del bene: non l’opposizione all’esecuzione, che presuppone, per sua stessa natura, la pendenza di un procedimento esecutivo (che, invece, l’ordinanza di assegnazione ha ormai chiuso); non l’opposizione agli atti esecutivi, poichè essa, pur consentita con riferimento non solo alla regolarità formale dell’ordinanza di assegnazione, ma a qualunque suo altro vizio (ivi compreso quello dell’inopportunità o dell’incongruenza), resta pur sempre legata alla contestazione delle modalità di esercizio concreto dell’azione esecutiva (quomodo executionis) e non può estendersi sino alla contestazione della pignorabilità dei beni o delle somme, che investe l’essenza dell’an dell’esecuzione medesima (cfr. Cass. 18.8.03 n.12099; Cass. 5.4.01 n.5077; Cass. 11.2.99 n.1150; Cass. 20.10.97 n.10259; Cass. 1.10.94 n.7993).
E’ appena il caso di rammentare la rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado delle questioni inerenti alla proponibilità dell’azione (cfr., ex aliis, Cass. 18.4.07 n.9297) e la non necessità di fissazione del termine di cui all’art.384 cpc, comma 3, quando la questione rilevata sia esclusivamente di diritto (v. Cass. S. U. 30.9.2009 n.20935 e Cass. 23.8.11 n.17495).
5. – Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art.375 cpc, n.1.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art.375 cpc, n. 1, per la definizione camerale del processo.
3 – Conseguentemente, il ricorso va dichiarato inammissibile.
4 – E’ appena il caso di rilevare che non può tecnicamente parlarsi, nel caso di specie, di intervenuta conciliazione della lite sol per la rateizzazione del pagamento del proprio debito chiesta ed ottenuta dal C. (come sostenuto nella relativa memoria depositata ex art.380 bis cpc, comma 2), nè di rinuncia al ricorso (che deve essere fatta personalmente dalla parte e non dal difensore).
Nondimeno, tale rateizzazione suggerisce di compensare per intero fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2013
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