ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel giudizio amministrativo, è sempre possibile introdurre nuove prove in grado di appello qualora il Collegio le ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa.
E’ questo il principio sancito dal Consiglio di Stato, sezione terza, con sentenza n.4546 pronunziata in data 13/09/2013, che ha riformato una sentenza del Tar Campania impugnata dall’Asl statuendo circa il divieto di produrre nuove prove in appello nel processo amministrativo.
Nel caso di specie, l’Asl era stata condannata con sentenza dal Tar Campania per aver disposto l’esclusione di una società, aggiudicatrice di un appalto, dalla procedura di gara pubblica atteso che la predetta società non era riuscita a dimostrare il possesso di tutti i requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativi richiesti, a mezzo fax dall’azienda appaltante, per non aver ricevuto alcuna comunicazione in tal senso.
Avverso tale condanna, l’Asl ha proposto appello al Consiglio di Stato, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata e la regolare ricezione, da parte della società aggiudicatrice, della comunicazione inviata a mezzo fax, producendo all’uopo il rapporto di verifica di trasmissione ad uno dei due numeri di fax da essa dichiarati.
Per contro, la società appellata, costituitasi in giudizio, eccepiva come l’appello si fondasse su un documento, il rapporto di verifica trasmissione, mai prodotto nel giudizio di primo grado, ancorchè l’Asl, in esecuzione dell’ordine istruttorio, avesse avuto la piena facoltà di esibirlo in quella sede. Riteneva pertanto che dovesse essere sancito il divieto di produrre nuove eccezioni anche nel processo amministrativo ex art.345 co.3 cpc.
Ebbene, il Consiglio di Stato, pronunciandosi sul caso de quo, ha statuito che, a seguito della produzione in appello del nuovo documento da parte dell’Asl, non risultavano violati i principi in materia di istruttoria nel processo amministrativo sanciti ex artt.46 e 65 cpa.
In particolare, il giudice ha rilevato che nel processo amministrativo, ai sensi dell’art. 64, c. 1, c.p.a., vige il principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c., di talché il Giudice amministrativo può esercitare i suoi poteri istruttori, tra l’altro, in caso di ravvisata incompletezza dell’istruttoria (ed eventualmente anche in grado di appello), fermo restando che nessun accertamento può essere disposto a suffragio di una tesi difensiva ove la parte interessata non abbia fornito al riguardo quanto meno un principio di prova. Pertanto è compito del Giudice di prime cure (le cui eventuali omissioni in tal senso non possono che essere surrogate dal Collegio di appello) di governare, attraverso l’uso accorto del potere acquisitivo di cui al c. 3 dell’art. 64 c.p.a. e, se del caso, mediante approssimazioni successive, l’istruttoria processuale, al fine di ottenere ulteriori elementi utili al giudizio.
Pur in difetto di acquisizioni da parte del Giudice di prime cure, in base all’art. 65, c. 3, c.p.a. non viene a determinarsi alcuna decadenza in capo alla P.A. in ordine al potere/dovere di produzione degli atti del procedimento sostanziale oggetto del giudizio, potendo il Giudice d’appello supplirvi con i suoi poteri ufficiosi.
In conclusione, dunque, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto dall’Asl riformando la sentenza impugnata.
In tema di produzione di nuove prove in appello, si segnala altresì la sentenza n. 16959 pronunziata dalla Corte di Cassazione in data 05.10.2012, con la quale si è stabilito che nel processo tributario è ammissibile la produzione di documenti nuovi per la prima volta in appello, senza alcuna sanzione per l’omessa produzione nel procedimento di primo grado, evidenziando Inoltre, l’ articolo 58 del nuovo processo tributario, infatti, oltre a consentire al giudice d’appello di valutare la possibilità di disporre “nuove prove” (comma 1), fa espressamente “salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti” (comma 2). (cfr. Cass. civ., Sez. V, 20/2/2006, n.3611; nonché Cass. civ. Sez. I, 27/1/2006,).
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 6851/2012 RG, proposto dall’Azienda sanitaria locale – ASL di Caserta
contro
la alfa s.r.l.
per la riforma della sentenza breve del TAR Campania – Napoli, sez. I, n. 3480/2012, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di pulizia nelle strutture dell’ASL appellante.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con bando spedito alla GUCE il 15 dicembre 2011, l’ASL di Caserta ha indetto una procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relativamente al servizio triennale di pulizia ordinarie delle strutture aziendali, per un importo a base d’asta pari a Euro 24.600.000,00, IVA esclusa.
Il disciplinare di gara ha previsto in capo ai soggetti partecipanti, tra l’altro, la dichiarazione con cui si accetta il fax quale strumento per le comunicazioni ordinarie inerenti a detta gara.
Alla gara stessa ha inteso partecipare, tra le altre imprese, pure la alfa s.r.l., con sede legale in Genova, che ha proposto offerta ed ha comunicato in tale sede all’ASL i suoi recapiti di fax (numeri (…) e (…)).
Iniziate le operazioni di gara il 14 maggio 2012, la Commissione ha proceduto al sorteggio per la verifica a campione ex art. 48 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Tra i soggetti sorteggiati è risultata la alfa s.r.l., cui l’ASL di Caserta, con nota spedita il 16 maggio 2012 al fax n. (…), ha chiesto, in base al citato art. 48, di provare il possesso dei requisiti dichiarati, dandole termine fino al 28 maggio 2012, h. 12,00.
Non avendo l’ASL appaltante ottenuto risposta alcuna, nella seduta dell’8 giugno 2012 il seggio di gara ha dato atto dell’inadempimento di detta Società, ancorché il rappresentante di questa gli abbia ivi reso noto di non aver avuto alcuna comunicazione al riguardo e di possedere tutti i requisiti dichiarati, come documentato nell’istanza di partecipazione.
Sicché l’ASL, disattendendone richiesta per la rimessione in termini per presentare quanto richiesto, ha disposto l’esclusione di detta Società dalla procedura di gara, secondo il disposto dell’art.48 del D.Lgs. n. 163 del 2006.
2. – Avverso tale statuizione è allora insorta detta Società innanzi al TAR per la Campania, sede di Napoli, con il ricorso n. 3034/2012 RG, deducendo in punto di diritto:
a).di aver prodotto, con l’istanza di partecipazione, sia la dichiarazione sul possesso del fatturato minimo richiesto, sia le attestazioni di quattro enti del SSN a dimostrazione della propria capacità tecnica, donde l’inutilità d’ogni ulteriore verifica ex art.48 del D.Lgs. n.163 del 2006;
b).di aver fornito alla stazione appaltante entrambi i numeri di fax, che essa ha più volte adoperato per le comunicazioni, sempre esitate, mentre non risulta che la richiesta ex art. 48 sia mai pervenuta ad alcuno di tali recapiti;
c).la violazione del termine per comunicare l’avvenuta esclusione, indizio, questo, delle difficoltà di comunicazione tra l’ASL e la Società stessa.
L’adito TAR, nel giudizio avanti al quale l’ASL non s’è costituita, ha disposto incombenti istruttorii, chiedendo la copia conforme del verbale di gara dell’8 giugno 2012 ( recante l’esclusione della Società) e dell’eventuale provvedimento di esclusione, nonché di ogni altro atto utile ai fini della decisione.
Una volta acquisita la documentazione richiesta all’ASL, il Giudice di primo grado ha definito il giudizio di primo grado con la sentenza semplificata n. 3480 del 18 luglio 2012, di accoglimento del proposto ricorso.
In particolare, il TAR, previo assorbimento d’ogni altra questione, ha ritenuto che “… non è provata in atti dalla ASL, cui incombe il relativo onere, la ricezione da parte del destinatario di tale documento (la richiesta di documenti ex art.48 del D.Lgs. n.163 del 2006 – NDE), ricezione contestata dalla società ricorrente…”; e pertanto “… il provvedimento di esclusione risulta adottato senza la preventiva comunicazione della richiesta di documentazione…”.
3. – Appella in questa sede l’ASL, deducendo in punto di diritto l’erroneità dell’impugnata sentenza, provando che la richiesta di cui al ripetuto art. 48 è regolarmente pervenuta alla Società odierna appellata, come s’evince dal rapporto di verifica di trasmissione, ad uno dei due numeri di fax da essa dichiarati.
Resiste in giudizio l’originaria ricorrente, eccependo anzitutto come l’appello si fondi su un documento, il rapporto di verifica trasmissione, mai prodotto nel giudizio di primo grado, ancorché l’ASL, in esecuzione dell’ordine istruttorio, avesse avuto la piena facoltà d’esibirlo in quella sede, cosa, questa, non più nelle facoltà del Giudice d’appello, a pena dell’incostituzionalità dell’art.46, c. 2, cpa per violazione degli artt.3, 97 e 111 Cost.
La Società appellata poi ripropone, ai sensi dell’art.101, c. 2, c.p.a., i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dall’impugnata sentenza.
Con memoria in data 7 novembre 2012, la stessa rende nota l’entrata in vigore, a far tempo dal 12 agosto 2012, della novella recata dall’art.54, c. 1, lett. 0b) del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n.134) all’art. 345, III c., cpc, in virtù della quale ne sono state soppresse le parole “… che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero…”.
Osserva in proposito l’appellata che deve ritenersi così sancito il divieto di nuove eccezioni anche nel processo amministrativo, fuori dai casi dell’impossibilità di produzione in primo grado per fatto non imputabile alla parte onerata, dovendosi intendere l’art. 104, c. 2, c.p.a. abrogato in parte qua per incompatibilità con detta novella, a pena d’illegittimità della norma stessa per violazione degli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost.
Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2013, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è stato assunto in decisione dal Collegio.
4. – In via preliminare deve il Collegio accertare il rispetto, da parte della Società appellata, del termine ex art.73, c. 1, cpa per il deposito di memorie difensive e di documenti, rispettivamente fissati in giorni quaranta per le memorie, trenta per i documenti e venti per le note di replica, ferma la diminuzione di essi ai sensi del successivo art.119, c. 2, applicabile al rito ex art.120.
Nella specie, essa Società ha depositato la propria terza memoria, avente ad oggetto l’abrogazione per incompatibilità dell’art.104, c. 2, cpa per effetto della novella recata dal D.L. n.83 del 2012 all’art. 345, III c., cpc, in data 21 gennaio 2013, in vista della udienza pubblica di trattazione nel merito del ricorso in epigrafe, fissata per il successivo giorno 25.
È evidente l’inammissibilità di tal memoria, essendo jus receptum (cfr., per tutti, Cons. St., V, 23 febbraio 2012 n. 1058; id., 22 marzo 2012 n. 1640; id., 7 novembre 2012 n. 5649; id., IV, 15 febbraio 2013 n. 916) l’affermazione che i termini in questione hanno carattere perentorio, esprimendo un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell’ordinato lavoro di questo Giudice. Sicché tale ordine pubblico processuale, cui è informata la scansione dei tempi per lo svolgimento delle attività difensive nel giudizio amministrativo, non consente il superamento delle preclusioni poste dalla norma.
È appena da precisare che l’inutilizzabilità processuale delle memorie e dei documenti tardivi non può essere superata, proprio per le ragioni testé esposte e tranne i casi del tutto eccezionali in cui si dimostri l’estrema difficoltà di produrre l’atto nei termini di legge (art. 54 c. 1, c.p.a.), neanche ove sussistesse un accordo tra le parti.
Conseguentemente, di tale scritto della Società appellata non si deve tener alcun conto.
5. – Va poi disattesa l’eccezione d’inammissibilità dell’appello, sollevata per violazione del citato nuovo testo dell’art.345, III c., cpc, che vieta la produzione di nuove prove in appello, tranne che in cui la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
È ben noto che l’art.104, c. 2, cpa, nella sua intera formulazione -ossia, anche nella parte in cui il divieto d’assumere nuovi mezzi di prova e di produrre nuovi documenti recede ove “…salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa…”-, riproduce il citato art.345, III c., cpc vecchio testo.
La novella del 2012 al codice di procedura civile, entrata in vigore il 12 agosto 2012, ha espunto dal divieto proprio il citato inciso, rendendo ancor più rigoroso il divieto d’introdurre, nel giudizio civile d’appello, nuove prove e documenti.
Detta novella precede di poco la notifica del presente appello, avvenuta il 13 settembre 2012, onde, almeno nella prospettazione della Società appellata, esso soggiace interamente al divieto di nova in questa sede, nei sensi del nuovo art.345.
Tanto per la duplice ragione, secondo l’appellata, dell’effetto abrogante che il nuovo testo di detto art.345 avrebbe sull’art.104, c. 2, cpa ( che non risulta più coerente con il primo ) e del fatto che l’ASL non era affatto impossibilitata a produrre la prova in primo grado, invero nella sua piena disponibilità e non proposta.
Orbene, rileva sul punto il Collegio che la sanzione dell’esclusione è stata nella fattispecie irrogata (e della legittimità di tale sanzione si discute nel presente giudizio ) per non aver l’interessata presentato la richiesta documentazione entro il termine di dieci giorni dalla data di ricezione della relativa richiesta, come comprovato in grado di appello con il deposito della nota prot. n. 1942/PROV del 16 maggio 2012 e degli estremi della sua intervenuta ricezione via fax dalla ricorrente in pari data.
Detta prova si rivela indispensabile ai fini della decisione della causa ( avendo il TAR fondato la sentenza di accoglimento proprio sulla mancata prova in atti della ricezione da parte del destinatario di tale documento ), sì che la stessa è ammissibile ex art.104 cpa.
Né tale articolo può ritenersi implicitamente abrogato, come pretende l’appellata, nella parte in cui subordina la produzione di nuove prove alla valutazione della loro indispensabilità ( in alternativa alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado ), per effetto dell’intervenuta nuova formulazione dell’art.345 cpc., stante l’assoluta autonomia dell’art.104 cpa ( e l’assenza di intervento del legislatore su di esso ) rispetto all’art.345 cit., sì che non può nemmeno ipotizzarsi una sorta di rinvio dinamico del primo a qualunque modifica che del secondo sopravvenga.
Né il diverso regime delle nuove prove in grado di appello tra processo civile ed amministrativo, che così ne risulta, pare affetto da vizi di incostituzionalità, stante la non sovrapponibilità dei due processi e delle situazioni soggettive coinvolte.
In ogni caso, anche a voler ipotizzare l’applicabilità del nuovo art.345 cpc. anche al processo amministrativo, trattandosi di norma che incide sulle stesse valutazioni da effettuarsi dalle parti sin dal primo grado ai fini dell’adempimento dell’onere della prova su ciascuna incombente, è da ritenersi, in un’ottica interpretativa che non risulti lesiva del diritto alla difesa sancito dall’art.24 Cost., che la stessa sia applicabile solo ai processi di appello di decisioni di primo grado scaturenti da ricorsi instaurati dopo l’entrata in vigore dell’intervenuta modifica dell’art.345 cpc.ad opera dell’art.54, comma 1, del D.L. 22 giugno 2012, n.83, convertito con modificazioni nella L. n.134 del 2012.
6. – Nel merito, alla luce della menzionata prova fornita in questo grado di giudizio, l’appello è fondato e va accolto.
Non risultano anzitutto violati, a seguito di detta produzione, i principi in materia di istruttoria nel processo amministrativo sanciti dagli artt.46 e 65 cpa., istruttoria della quale il giudice di secondo grado conosce in toto in virtù del noto effetto devolutivo dell’appello.
Invero, in primo grado, l’ASL non s’è costituita nel relativo giudizio, ma è stata invitata dal TAR a produrre documenti e, in particolare, il verbale di gara dell’8 giugno 2012 ed ogni altro atto utile. L’ASL ha adempiuto all’incombente istruttorio, onde il TAR, fin dal 4 luglio successivo, ha avuto a disposizione, tra gli atti di causa, anche il processo verbale n. 02) del seggio di gara in data 8 giugno 2012, recante il resoconto delle varie vicende (sorteggio ex art.48 del D.Lgs. n.163 del 2006, invio della relativa richiesta documentale ad uno dei fax di detta Società, constatazione della mancata risposta alla richiesta) intercorse tra le parti.
Nel verbale, si legge in particolare, tra l’altro, che “… Il Presidente eccepisce che nulla è pervenuto nonostante che… agli atti risulta trasmessa la richiesta di documentazione… al numero di fax indicato dalla ditta nella documentazione di gara…”.
Ne deriva che il TAR è stato edotto della sussistenza di ulteriori atti dell’ASL, diversi da quelli richiesti con l’ordinanza presidenziale istruttoria n. 15458 del 2 luglio 2012, ma non acquisiti o non considerati in quella sede.
Da ciò possono trarsi tre considerazioni.
Per un verso, è corretta e condivisibile la censura che l’ASL appellante muove alla sentenza, perché in effetti il TAR ha dato per scontata l’assenza della dimostrazione circa la notifica della richiesta di documenti nei confronti di detta Società; ma ciò non è, nella misura in cui, proprio in base a quanto registrato nel verbale dell’8 giugno 2012, l’ASL ha fornito un serio principio di prova contraria, del cui contenuto e della cui sostanza il TAR avrebbe dovuto chiederle conto.
Pertanto, non può dirsi, come afferma recisamente il Giudice di prime cure, che l’impugnata esclusione fosse stata adottata “… senza la preventiva comunicazione della richiesta di documentazione…”, in mancanza di un effettivo riscontro per tabulas (cioè, con un’acquisizione documentale mirata) o per facta concludentia (ossia, a causa dell’inerzia dell’ASL o per effettivo difetto della prova) della rispondenza alla realtà effettuale di tale affermazione.
Per altro verso, la citata ordinanza istruttoria non può esser interpretata come ordine d’esibizione di tutta la documentazione di gara, come adombra la Società appellata (cfr. pag. 7 della memoria del 9 ottobre 2012).
L’ordinanza ha chiesto infatti la produzione di alcuni degli atti della procedura di gara, con particolare riguardo al citato verbale dell’8 giugno 2012 (da cui poter evincere l’esclusione di detta Società) ed all’eventuale provvedimento di esclusione.
È materialmente vero che l’ordinanza conclude con la clausola, peraltro di mero stile, della trasmissione di “…ogni altro atto utile ai fini della decisione …”, ma si tratta d’una richiesta non specifica e lasciata all’interpretazione della P.A.
Invero, nel processo amministrativo, ai sensi dell’art.64, c. 1, cpa., vige il principio dell’onere della prova sancito dall’art.2697 cc., di talché il Giudice amministrativo può esercitare i suoi poteri istruttori, tra l’altro, in caso di ravvisata incompletezza dell’istruttoria ( ed eventualmente anche in grado di appello ), fermo restando che nessun accertamento può essere disposto a suffragio di una tesi difensiva ove la parte interessata non abbia fornito al riguardo quanto meno un principio di prova (arg. ex Cons. St., IV, 14 gennaio 2013 n. 160).
A tanto ha sicuramente adempiuto l’ASL nel giudizio di primo grado, onde sarebbe stato compito del Giudice di prime cure ( le cui eventuali omissioni in tal senso non possono che essere surrogate dal Collegio di appello ) di governare, attraverso l’uso accorto del potere acquisitivo di cui al c. 3 e, se del caso, mediante approssimazioni successive, l’istruttoria processuale, al fine di ottenere ulteriori elementi utili al giudizio (arg. ex Cons. St., IV, 15 marzo 2012 n. 1453).
Infine e di conseguenza, non può l’appellata opporre nella specie, stante la carenza acquisitiva del Giudice di prime cure, l’inapplicabilità dell’art.65, c. 3, c.p.a., atteso che questa non determina alcuna decadenza in capo alla P.A. in ordine al potere/dovere di produzione degli atti del procedimento sostanziale oggetto del giudizio, al riguardo potendo questo Giudice d’appello supplirvi con i suoi poteri ufficiosi.
7. – Dal che l’accoglimento dell’appello, in quanto sussiste in atti, oltre che il dianzi citato principio di prova, pure la dimostrazione documentale dell’avvenuta trasmissione, ad uno dei due numeri di fax indicati da detta Società, della richiesta ex art.48 del D.Lgs. n. 163 del 2006.
Essa non ha, invero, a suo tempo formulato una peculiare preferenza per l’un numero anziché per l’altro e, anzi, essa ha più volte ribadito l’uso promiscuo (e l’efficace risultato) di entrambi i numeri per le precedenti comunicazioni.
Secondo ragionevolezza, poi, ovviamente i numeri stessi son stati adoperati dall’ASL in alternativa e non insieme, ossia, non mediante una doppia comunicazione.
Sicché risulta corretta la trasmissione, da parte dell’ASL, di tale richiesta al numero della sede legale di detta Società in Genova, non essendovi alcun obbligo per la stazione appaltante d’indirizzarsi a quello della sede operativa, e viceversa, o contemporaneamente, ad entrambi i numeri.
In tal caso può dirsi verosimilmente mancata, da parte della Società stessa ogni idonea vigilanza in ordine al ricevimento delle comunicazioni effettuate al numero della sede di Genova; e tale inerzia (tanto più significativa, se si tien conto del termine di dodici giorni assegnato dalla stazione appaltante per far pervenire la richiesta documentazione) l’appellata non pretenda di far ricadere sull’Amministrazione, ma piuttosto imputet sibi.
Correttamente, in definitiva, in presenza di inadempimento alla richiesta stessa, l’ASL appellante ha disposto l’esclusione dalla gara ex art. 48 cit.
Ed invero l’art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2008 è preordinato ad assicurare il regolare e rapido espletamento della procedura di gara e la tempestiva liquidazione dei danni prodotti dall’alterazione della stessa a causa della mancanza dei requisiti da parte dell’offerente, di modo che esso risulta strumentale rispetto all’esigenza di garantire imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.
Tale disposizione richiede, dunque, che le imprese sorteggiate “comprovino” entro dieci giorni dalla data della richiesta il possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito.
La sanzione conseguente alla mancata produzione della prova sul possesso dei requisiti ovvero ad una documentazione che non confermi detto possesso (o non comprovi le dichiarazioni in precedenza rese) è indubitabilmente l’esclusione dalla gara (con conseguente incameramento della cauzione provvisoria e segnalazione all’Autorità garante per i provvedimenti di sua competenza).
Né giova a detta Società la riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado, che non possono esser condivisi e vanno pertanto respinti.
Afferma al riguardo detta Società d’aver inserito nella busta della documentazione amministrativa, in base a quanto stabilito dal disciplinare di gara, una specifica dichiarazione attestante il possesso del requisito di capacità economica (fatturato complessivo minimo, nell’ultimo triennio, per servizi identici a quelli appaltandi non inferiore a Euro 24.600.000,00), nonché l’attestazione di quattro enti del SSN per il requisito di capacità tecnica.
Ebbene, quanto al primo, valga, a certificare la sua mancata dimostrazione, l’omesso deposito in sede amministrativa dei bilanci degli ultimi tre esercizi, come richiesto dal CSA; quanto al secondo, in tanto si potrebbe predicare la superfluità della richiesta istruttoria ex art.48 del D.Lgs. n. 163 del 2006,se la Società appellata ne avesse dato un minimo di contezza al seggio di gara, nei termini in cui ne riferisce nel ricorso di primo grado e cioè facendo presente che il relativo contenuto era tale da non abbisognare d’ogni ulteriore approfondimento.
Ed anche a voler accedere alla tesi della Società stessa secondo cui le quattro attestazioni ben avrebbero potuto sopperire anche alla dimostrazione del requisito di capacità economica, a maggior ragione essa avrebbe dovuto avvertire il seggio di gara sul contenuto concreto di siffatte referenze, ché il CSA s’è limitato a richiederne non meno di due e solo ai fini della descrizione del corretto e puntuale espletamento dei servizi pregressi.
Dal che, a differenza di quanto opina la Società appellata, la significativa rilevanza del contraddittorio procedimentale ex art.48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 ( pena una indebita e non consentita confusione fra procedimento amministrativo e processo ), da svilupparsi e concludersi nei termini perentori stabiliti dalla norma, anche per far constare alla stazione appaltante, nell’unica sede a ciò deputata, la coerenza tra dati dichiarati e requisiti posseduti, non essendo al riguardo possibile, né legittimo produrre in giudizio ciò che sarebbe stato obbligatorio depositare unicamente nel procedimento di gara.
È materialmente vero, infine, che l’ASL non ha formalmente comunicato l’esclusione della Società ai sensi dell’art.79 del D.Lgs. n.163 del 2006, ma ciò s’è rilevato indifferente per quanto attiene sia alla tempestiva proposizione del ricorso di primo grado, sia all’ampiezza delle difese di essa nel merito in entrambi i gradi di giudizio.
8. – In definitiva, l’appello va accolto ed il ricorso di primo grado dev’essere, in riforma dell’impugnata sentenza, integralmente respinto.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
PQM
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 6851/2012 RG) in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge integralmente il ricorso di primo grado.
Condanna la Società appellata al pagamento, a favore dell’ASL di Caserta, delle spese del doppio grado di giudizio, che sono nel complesso liquidate in Euro 5.000,00 (Euro cinquemila/00), di cui Euro 1.800,00 per la fase di studio, Euro 1.200,00 per la fase introduttiva ed Euro 2.000,00 per la fase decisoria.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 25 gennaio 2013, con l’intervento dei sigg.
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