Testo massima
Nei contratti di locazione di immobili ad uso non abitativo è possibile attribuire efficacia alla prima disdetta effettuata dal locatore anche se priva dei requisiti previsti dalla legge?
E’ il tema affrontato dalla Suprema Corte, con sentenza n.263 pronunziata in data 07/01/2011.
Il caso di specie trae origine da una controversia di convalida di licenza per finita locazione, in cui il locatore, dopo aver inviato al conduttore una disdetta entro i primi sei anni del contratto di locazione ma priva della forma richiesta dalla legge (non avendo inviato la missiva a mezzo lettera raccomandata) chiedeva che, in ossequio al principio della conservazione degli atti nulli, la disdetta da lui effettuata, potesse conservare i suoi effetti e ritenerli valevoli quale disdetta per la seconda scadenza della locazione che invece non necessita di tale specifiche indicazioni.
Il conduttore, dal canto suo, costituendosi in giudizio, contestava il fondamento della pretesa e chiedeva la conferma del rinnovamento del contratto fino alla successiva terza scadenza.
La domanda veniva accolta sia in primo che in secondo grado.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il conduttore.
Ebbene la Suprema Corte, precisato che la disdetta relativa al contratto di locazione costituisce atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di diritto potestativo attribuito “ex lege”, concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo, ha rigettato il ricorso.
In particolare, gli Ermellini hanno precisato come il Giudice aveva fatto corretta applicazione del principio in ragione del quale l’art. 1424 cod. civ. sulla conversione dei contratti nulli si applica, in virtù del richiamo operato dall’art. 1324 cod. civ., anche ai negozi unilaterali, a condizione che l’atto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell’atto diverso e che l’atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo.
Ne consegue, prosegue la Corte, che il diniego di rinnovazione della locazione L. n. 392 del 1978, ex art. 29 nullo in relazione alla prima scadenza, ben può convertirsi in una disdetta cosiddetta “semplice” o a regime “libero” (non essendo richiesto che sia motivata) valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione e alla rinnovazione del rapporto.
In conclusione, con tale pronuncia la Cassazione, in osservanza del principio di conservazione degli atti, interviene a tutela dell’interesse del locatore consentendo, seppur in presenza di un primo atto viziato, di impedire la automatica rinnovazione del contratto di locazione ad uso non abitativo una volta intervenuta la prima scadenza.
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Testo del provvedimento
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte
d’appello di Venezia ha respinto l’appello proposto dal conduttore M. contro la
sentenza del Tribunale che aveva accolto la domanda della locatrice Due Mori
sas e dei suoi soci di declaratoria di cessazione del contratto di locazione
immobiliare.
Il ricorso per cassazione del M. è svolto in dieci motivi.
Rispondono con controricorso la menzionata società, nonchè i
suoi soci C.. Ambedue le parti hanno depositato memorie per l’udienza.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
1. – I primi tre motivi sono infondati.
Quanto alla (im)procedibilità dell’azione di rilascio, la
sentenza, chiarito che nella specie si discute di semplice disdetta e non di
rinnovazione alla prima scadenza, s’è adeguata al principio di diritto secondo
cui la disdetta relativa al contratto di locazione costituisce atto negoziale
unilaterale e recettizio, espressione di diritto potestativo attribuito
“ex lege”, concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad
impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo. Pur
prevedendo la L. n. 392 del 1978, art. 3 che la disdetta debba essere
comunicata con lettera raccomandata, tuttavia tale forma non è prescritta a
pena di nullità (nemmeno desumibile in via interpretativa), ragion per cui può
essere comunicata in qualsiasi modo, purchè idoneo a portare a conoscenza del
conduttore l’inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla
scadenza. Sulla scorta di tali principi è possibile, quindi, che la disdetta
sia contenuta in un atto processuale come l’intimazione di sfratto per finita
locazione, nel quale, però, a tal fine, deve essere espressa chiaramente e
senza possibilità di equivoci la suddetta volontà del locatore ovvero risultare
che la stessa sia presupposta logicamente e giuridicamente (tra le varie, cfr.
Cass. n. 409/2006).
Quanto alla validità della disdetta di cui alla missiva del
24.12.1990 (per la scadenza del 31.3.2002) il giudice ha fatto corretta
applicazione del principio in ragione del quale l’art. 1424 cod. civ. sulla
conversione dei contratti nulli si applica, in virtù del richiamo operato
dall’art. 1324 cod. civ., anche ai negozi unilaterali, a condizione che l’atto
contenga i requisiti di sostanza e di forma dell’atto diverso e che l’atto
convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo. Ne consegue che il
diniego di rinnovazione della locazione L. n. 392 del 1978, ex art. 29 nullo in
relazione alla prima scadenza, ben può convertirsi in una disdetta cosiddetta
“semplice” o a regime “libero” (non essendo richiesto che
sia motivata) valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto
inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione e
alla rinnovazione del rapporto (Cass. n. 257/2006 – n. 13641/2004).
Il ricorso non argomenta valide ragioni per mutare i sopra
menzionati indirizzi.
2. – Il motivo quarto (vi si sostiene che il giudicato sull’improcedibilità
dell’azione di rilascio non farebbe stato sull’eccezione di inammissibilità
dell’azione collegata al difetto di legittimazione attiva) è inammissibile per
difetto d’interesse, in quanto la sentenza contiene l’accertamento di merito
circa la suddetta legittimazione.
Il quinto ed il sesto motivo (pur sempre concernenti la
legittimazione attiva) sono inammissibili, in quanto, benchè formalmente
censuranti la violazione di legge ed i vizi della motivazione, contengono una
serie di considerazioni in fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di
legittimità un diverso giudizio sul merito della questione.
3. – I motivi dal settimo al decimo (riguardanti la dedotta
novazione del contratto del 1990) sono inanimissibili in quanto sul punto
esiste l’accertamento di merito della sentenza impugnata (incensurabile in
questa sede, siccome logicamente e congruamente motivato) in ordine al difetto
d’interesse del M., quale persona fisica, a farsi portatore dell’interesse
della Due Mori snc di Minchio Paolo & C, estranea al giudizio in
trattazione.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con
condanna del ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel
giudizio di cassazione.
PQM
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro
5200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di
legge.
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