ISSN 2385-1376
Testo massima
A seguito del ricorso ex articolo 161 sesto comma, diretto ad ottenere la concessione di un termine per il deposito del piano e della proposta concordataria e della documentazione prevista dall’articolo 161 secondo e terzo comma, si apre un procedimento di natura concorsuale (che non è identificabile con il concordato preventivo), in quanto si svolge su tutto il patrimonio del debitore, su tutti i suoi beni, nell’interesse di tutti i creditori e sotto la sorveglianza dell’autorità giudiziaria.
Anche se l’articolo 173 della legge fallimentare non è direttamente applicabile all’ipotesi di ricorso per concordato preventivo c.d. in bianco, il tribunale può sempre procedere alla revoca del decreto di concessione del termine per la presentazione del piano, della proposta concordataria e della documentazione, in base all’articolo 161 ottavo comma, che prevede, in caso di violazione degli obblighi informativi da parte dell’imprenditore (e, a maggior ragione, in caso di violazione di obblighi sostanziali), l’instaurazione di un (sub)procedimento di revoca disciplinato dall’articolo 162, secondo e terzo comma.
La procedura concorsuale iniziata a seguito della concessione del termine ex articolo 161 sesto comma, è caratterizzata da un momento conservativo del patrimonio del debitore (mediante il blocco delle azioni esecutive e cautelari) e da uno dinamico (consistente nella gestione prudente e provvisoria dell’impresa, finalizzata alla formulazione di una proposta di soddisfazione basata su un piano). Ne deriva che il divieto di pagamento dei crediti pregressi e la facoltà, per l’imprenditore, di compiere gli atti di ordinaria amministrazione (tra i quali rientrano anche l’adempimento dei contratti pendenti) vanno conciliati come segue: (a) il divieto di pagamento dei crediti pregressi sussiste in tutte quelle situazioni giuridiche che si sono definitivamente cristallizzate in un rapporto di credito/debito; (b) per i rapporti giuridici pendenti nei quali le prestazioni delle parti non sono ancora eseguite o compiutamente eseguite, laddove il rapporto prosegua non vi è di regola divieto di pagamento dei crediti anteriori, a meno che il rapporto sinallagmatico non sia caratterizzato da un contratto di durata dal quale sorgono coppie di prestazioni isolabili sotto il profilo funzionale ed economico (fattispecie che ricorre, ad es., nei contratti di somministrazione).
I finanziamenti effettuati tra società appartenenti al medesimo gruppo involgono un delicato giudizio sulla corrispondenza dell’atto ai principi di corretta gestione imprenditoriale e societaria (articolo 2497 primo comma codice civile), sul bilanciamento degli interessi di tutte le società coinvolte (articolo 2497 ter), sugli eventuali vantaggi compensativi (articolo 2497 primo comma secondo periodo) e sulla certezza o sulla probabilità o possibilità che la società erogante riceva una seria ed incontestabile contropartita a seguito del finanziamento predetto. Pertanto, se di regola in una situazione economica e finanziaria fisiologica i predetti finanziamenti possono rientrare negli atti di ordinaria amministrazione, nell’ipotesi in cui una o tutte le società del gruppo si trovino in situazione di insolvenza, l’attività di trasferimento deve essere qualificata come di straordinaria amministrazione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 161 settimo comma.
Testo del provvedimento
Il tribunale di Reggio Emilia
Sezione fallimentare
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riunito in camera di consiglio e così composto:
dottoressa Rosaria Savastano presidente
dottor Luciano Varotti giudice rel.
dottor Giovanni Fanticini giudice
ha emesso il seguente
d e c r e t o
L’oggetto del presente procedimento consiste nello stabilire se la procedura di concordato preventivo con richiesta di termine, inizia-ta su ricorso della alfa Spa (quotata sul MTA di borsa italiana), debba essere revocata, e per il caso di risposta negativa se al-la società ricorrente possa essere concessa la proroga del termine per la presentazione del piano e della proposta.
All’udienza del 28 febbraio 2013 la alfa spa si è costituita depositando memoria e sollevando varie eccezioni, che vengono prese in esame nella motivazione che segue.
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In ordine all’inammissibilità del (sub)procedimento previsto dall’articolo 173 della legge fallimentare, osserva il tribunale che le eccezioni della società non sono fondate.
Infatti, è ben vero che non vi è ancora un concordato preventivo aperto, posto che il decreto ex articolo 163 non è stato ancora emesso e che il ricorso ex articolo 161 sesto comma potrebbe anche preludere alla presentazione di un accordo di ristrutturazione.
Tuttavia è evidente che il procedimento che inizia con il deposito del ricorso contenente la domanda di un termine instaura un procedi-mento di indubbia natura concorsuale, giacché esso possiede inconte-stabilmente i tratti caratteristici di tali procedure: ossia il fat-to di svolgersi, sotto la direzione o la sorveglianza di un’autorità estranea alle parti (creditori e debitore), su tutto il patrimonio del debitore e nell’interesse di tutti i creditori, al fine di realizzare la garanzia patrimoniale generica del primo (articolo 2740 codice civile) nel rispetto della pari condizione dei secondi (arti-colo 2741 codice civile). Donde le norme che prevedono il blocco delle azioni esecutive e cautelari, la vigilanza sugli atti di gestione e le autorizzazioni del tribunale per il compimento di alcuni atti.
D’altra parte, è la stessa lettera dell’articolo 161 sesto comma a prevedere che il termine per il deposito del piano concordatario, della proposta e della documentazione occorrente è chiesto dall’imprenditore con un ricorso «contenente la domanda di concordato»: espressione che porta a ritenere che con la presentazione del ricorso l’imprenditore si trovi già in procedura concorsuale.
Sulla scorta di tale osservazioni, è d’obbligo concludere che uno strumento per l’interruzione della procedura esecutiva collettiva, laddove vengano successivamente meno i presupposti per il mantenimento della stessa, deve necessariamente esistere.
Opinare diversamente significa riconoscere che, anche quando tali condizioni vengano meno o l’imprenditore incorra in gravi violazioni, il tribunale ed i creditori dovrebbero per forza rimanere inerti ed attendere il decorso del termine concesso.
Ora, la norma che consente al tribunale di interrompere il procedimento instaurato con la domanda di termine è individuabile, a parere del tribunale, nell’articolo 161 ottavo comma.
Tale disposizione (peraltro richiamata anche dalla resistete a pagina 16 della memoria, anche se a fini difensivi) prevede l’instaurazione di un (sub)procedimento diretto alla dichiarazione di inammissibilità della domanda di termine, ove l’imprenditore violi gli obblighi di informazione posti a suo carico.
Tuttavia, è evidente che se l’attivazione del (sub)procedimento per l’inammissibilità del ricorso è possibile in caso di violazione de-gli obblighi informativi, a maggior ragione tale rimedio è azionabile laddove vi siano (o siano comunque prospettabili) violazioni so-stanziali degli obblighi posti dalla legge a carico dell’impresa. E tra questi sicuramente rientrano gli atti appresso indicati alle lettere da a) ad f).
In conclusione, nonostante il richiamo all’articolo 173 del regio decreto 16 marzo 1942 n° 267, contenuto nel decreto di fissazione udienza, è palese che il presente procedimento è stato iniziato a norma dell’articolo 162 secondo e terzo comma (richiamato dall’articolo 161 ottavo comma).
Con l’ulteriore conseguenza che non occorre la partecipazione del pubblico ministero, né dei creditori.
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Nel merito.
La fattispecie in decisione non costituisce un caso isolato nella giurisprudenza di questo tribunale.
Ritiene pertanto il Collegio di dover motivare in maniera più diffusa di quanto il caso in sé richieda, al fine di enunciare alcuni principi utilizzabili anche in altri procedimenti concorsuali.
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In punto di fatto rileva il collegio in base alla relazione dell’ausiliario ed alla memoria difensiva depositata all’udienza del 28 febbraio 2013 che gli atti compiuti dalla alfa Spa in base ai quali potrebbe essere pronunciato il decreto di inammissibilità della procedura o di revoca della concessione del termine, sono i seguenti:
(a) trasferimento a BETA Spa (società controllata che opera nel campo della produzione e commercializzazione di inseguitori solari digitali biassiali e di strutture semifisse orientabili per la movimentazione di pannelli solari) di euro 35.800,00, affinché quest’ultima potesse provvedere al pagamento di alcune società che svolgono vigilanza sugli impianti fotovoltaici;
(b) pagamento alla controllata H. comm, sempre nell’interesse di BETA Spa, di euro 11.041,25 al fine di garantire l’erogazione di energia elettrica ai servizi ausiliari connessi agli impianti fv;
(c) versamento a favore di BETA Spa di euro 58.400,00, affinché quest’ultima potesse provve-dere al pagamento delle retribuzioni dei propri dipendenti relative ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2012;
(d) pagamento a BETA-Spa di 11.000,00 per acconto su acquisto di materiale; (e) pagamento di euro 30.400,00 per contributi Inps relativi al mese di novembre 2012; (f) pagamento di euro 10.000,00 per il riscatto di una auto-vettura in leasing.
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Così riassunti i fatti addebitati alla alfa spa, conviene subito passare all’esame di una questione fondamentale, che consiste nello stabilire il limite del divieto di pagamento dei crediti pregressi posto a carico dell’imprenditore in concordato preventivo.
Al riguardo, si è già detto sopra che il decreto ex articolo 161 sesto comma, pur non provocando l’apertura del concordato preventivo, determina comunque l’inizio di una procedura collettiva, nella quale la concorsualità è caratterizzata da un momento conservativo del patrimonio del debitore (mediante il blocco delle azioni esecutive e cautelari) e da uno dinamico (consistente nella gestione prudente e provvisoria dell’impresa, finalizzata alla formulazione di una proposta di soddisfazione basata su un piano).
È chiaro dunque che il divieto di pagamento dei creditori pregressi va letto alla luce di tale duplice finalità.
In linea generale, ritiene il tribunale che il divieto di pagamento sia senz’altro sussistente per tutte quelle situazioni giuridiche che si sono definitivamente cristallizzate in un semplice rapporto di credito/debito e che sono ormai avulse da qualsiasi rapporto giuridico (previamente estinto od esaurito).
Ricorrendo tale ipotesi (ad es.: il credito per una fornitura di beni effettuata anteriormente all’iscrizione del ricorso) è sicuramente vietato all’imprenditore procedere a pagamento (senza autorizzazione del tribunale).
Diversamente va detto per i rapporti giuridici pendenti nei quali le prestazioni delle parti non sono ancora eseguite o compiutamente eseguite. Riguardo a questi ultimi, ritiene il tribunale che, laddove il rapporto prosegua (nel corso del termine assegnato o nel successivo concordato preventivo) e laddove la proposta concordataria non preveda la risoluzione del contratto (come pure potrebbe pro-spettare il ricorso concordatario, ai sensi dell’articolo 160), non via sia di regola divieto di pagamento dei crediti pregressi, a meno che il rapporto sinallagmatico non sia caratterizzato da un contratto di durata dal quale sorgono coppie di prestazioni di per sé isolabili sotto il profilo funzionale ed economico (fattispecie che ricorre, ad es., nei contratti di somministrazione, dove ad ogni singola erogazione corrisponde un prezzo da pagare ragguagliato alla prestazione stessa ed indipendente, funzionalmente ed economicamente, dalle prestazioni pregresse e future).
Ricorrendo tale ultima ipotesi, deve ritenersi che anche in caso di prosecuzione del rapporto contrattuale sia inibito all’imprenditore in procedura effettuare pagamenti pregressi che riguardino prestazioni eseguite anteriormente alla pubblicità nel registro imprese.
L’interpretazione del dettato normativo sopra proposta non è nuova ma trae evidente spunto dalla ricostruzione del regime dei rapporti pendenti nell’ambito della abrogata procedura di amministrazione controllata (anch’essa procedura concorsuale a vocazione risanato-ria), operata dalla Cassazione con la famosa sentenza SU 22 maggio 1996 n° 4715.
Da quanto sopra esposto, volendo accedere ad una valutazione benevola dei fatti addebitati alla società in procedura, può osservarsi che a tutto concedere potrebbero essere considerati legittimi: i) il pagamento dei contributi Inps relativi al mese di novembre 2012 per euro 30.400,00, peraltro effettuato in prossimità del deposito del ricorso (memoria difensiva, pagina 24), in quanto connesso ad attività lavorative di carattere subordinato che, di per sé, non sono separabili in coppie di prestazioni funzionalmente ed economi-camente scindibili, e ii) il pagamento sub f).
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Gli altri casi sopra elencati integrano invece una indubbia viola-zione delle norme che disciplinano il concorso.
Sol che si rileggano le precedenti lettere da a) a d), è agevole notare che per quei casi non si è trattato di pagamenti effettuati dalla alfa spa in favore di creditori pregressi, quanto di finanziamenti o di trasferimenti di somme di danaro posti in essere, nell’ambito di un gruppo societario, dalla capogruppo in favore delle società partecipate, al fine di sopperire alle esigenze di cassa di queste ultime.
Ritiene il tribunale che a tale ipotesi non possano applicarsi i principi sopra esposti in tema di rapporti pendenti.
Per contro, il tema è quello della legittimità dei trasferimenti infragruppo di risorse e della riconducibilità di essi alle ipotesi previste dall’articolo 161 ottavo comma legge fallimentare.
Orbene, senza entrare approfonditamente nella materia (in quanto una disamina completa del problema della definizione di gruppo societario, della applicabilità estensiva o analogica dell’articolo 80 del decreto legislativo n° 270 del 1999 e dei finanziamenti infragruppo non è qui possibile fare), ritiene il collegio di poter affermare che, se di regola in una situazione economica e finanziaria fisiologica il trasferimento di somme di danaro tra società del gruppo non contrasti con divieti di legge, nell’ipotesi in cui una o tutte le società del gruppo si trovino in situazione di insolvenza (come nel caso che ci occupa) l’attività di trasferimento debba essere qualificata come di straordinaria amministrazione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 161 settimo comma.
È infatti indubbio che la decisione circa l’erogazione del finanzia-mento o circa il trasferimento di somme infragruppo involga un delicato giudizio sulla corrispondenza dell’atto ai principi di corretta gestione imprenditoriale e societaria (articolo 2497 primo comma codice civile), sul bilanciamento degli interessi di tutte le società coinvolte (articolo 2497 ter), sugli eventuali vantaggi compensativi (articolo 2497 primo comma secondo periodo) e sulla certezza o sulla probabilità o possibilità che la società erogante riceva una seria ed incontestabile contropartita a seguito del finanziamento predetto.
E mentre nelle società in bonis tali valutazioni sono interamente rimesse agli amministratori (e possono essere considerate di ordinaria amministrazione), è evidente che nelle società sottoposte a procedura concorsuale tali atti, per le pesanti ripercussioni che possono generare sull’andamento della procedura e sul ceto creditorio, devono necessariamente passare al vaglio dell’autorità giudiziaria.
A ciò non osta il fatto che l’articolo 182 quinquies preveda un intervento autorizzativo del tribunale solo per talune tipologie di atti (assunzione di finanziamenti per la continuazione aziendale, pagamento di crediti pregressi, ecc
) e non per altre, tra le quali potrebbero (apparentemente) rientrare i finanziamenti infragruppo.
Infatti, per come si atteggia la concorsualità nel concordato pre-ventivo con richiesta di termine (concorsualità caratterizzata, come si è detto, da un momento conservativo del patrimonio del debitore e da uno dinamico, consistente nella gestione prudente e provvisoria dell’impresa), il trasferimento di fondi infragruppo si pone quale atto idoneo a turbare gravemente tale assetto, con ripercussioni analoghe a quelle che nell’ambito del concordato preventivo (aperto ex articolo 163) sono previste dall’articolo 168 legge fallimentare, ove per l’appunto tra gli atti da sottoporre alla autorizzazione del tribunale si trovano «i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, ecc
, e in genere tutti gli atti ecce-denti l’ordinaria amministrazione».
Pertanto, volta che si riconosca che il trasferimento di fondi infragruppo è atto idoneo ad incidere sul concorso è altresì d’obbligo concludere per la sua natura di atto di straordinaria amministrazione: donde l’obbligo di chiedere autorizzazione al tribunale (che verrà data ovviamente quando ricorra anche l’urgenza di provvedere).
E tale autorizzazione appare, nel caso che ci occupa, a maggior ragione necessaria, posto che come ben sottolinea l’ausiliario nomi-nato dal tribunale nella sua relazione n° 659 del 25 febbraio 2013 la società non ha adottato alcuna convenzione con la controllata beta Spa che detti regole certe per il riequilibrio economico o finanziario dei trasferimenti effettuati in favore della controllata.
Nella sua difesa la Alfa spa ha sottolineato che i fondi utilizzati per il finanziamento della controllata beta Spa sarebbero stati nuovamente immessi nella casse sociali dal proprio socio di riferimento, A.S.
Ora, è vero che la ratio delle disposizioni normative che prevedono l’autorizzazione del tribunale o del giudice delegato (articoli 168, 173) è quella della tutela del ceto creditorio, con la conseguenza che, laddove non vi sia danno, la mancanza di autorizzazione non può portare alla revoca del concordato preventivo.
Tuttavia, tale rilievo non sembra avere pregio nella presente fattispecie, posto che la ALFA SPA non ha chiarito a che titolo sarebbe avvenuta l’immissione di finanza da parte del socio A. e, in particolare, se a tale immissione segua un obbligo di restituzione (col che il tema del danno ai creditori tornerebbe in rilievo), oppure no.
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Da ultimo, sebbene le sopra esposte considerazioni rendano superfluo l’esame della richiesta di proroga del termine, pare al tribunale opportuno prendere in considerazione anche tale domanda.
Sul punto osserva il Collegio che la ALFA Spa, su ricorso di un creditore, è stata convocata per la prima volta davanti al giudice relatore in un procedimento prefallimentare in data 23 aprile 2012.
Tale giudizio camerale, a seguito di vari rinvii, è pervenuto all’udienza del 18 dicembre 2012, mentre nel frattempo sono stati depositati altri ricorsi per la dichiarazione di fallimento, poi riuniti al primo.
All’udienza predetta la ALFA SPA ha presentato ricorso ex articolo 161 sesto comma.
Dalle relazioni dell’ausiliario nominato, dottor F.C., è emerso che la richiesta di termine ex articolo 161 sesto comma nasce in un con-testo economico finanziario già pieno di incognite, essendo caratterizzato:
(a) dalla sostanziale insolvenza del cliente A.S. (debitore di euro 6 milioni circa verso ALFA SPA ed appartenente allo stesso gruppo della A.S.);
(b) dall’impugnazione dei bilanci consolidati 2009 e 2010 da parte della Consob;
(c) da un’indagine penale in corso presso la procura della repubblica di Milano in ordine al reato di cui all’articolo 640 secondo comma n° 1 del codice penale;
(d) dalla delicata situazione concernente i lavoratori subordinati della controllata I. Srl.
Su tale ultimo punto conviene riportare quanto descritto dall’ausiliario nella prima relazione n° 461 dell’11 febbraio 2013: «I rapporti tra I. e [ALFA SPA] appaiono il risultato di scelte non chiare: senza che esista alcun contratto riguardante “l’azienda I” i contratti di lavoro di 15 dei 48 dipendenti di I.sono stati trasfe-riti alla [ALFA SPA]; senza soluzione di continuità [ALFA SPA] li ha impiegati per proseguire le attività ordinarie di I. nei capannoni e con i beni strumentali di questa; gli altri 33 dipendenti sono stati posti in cassa integrazione straordinaria in deroga per cessazione attività. Sebbene [ALFA SPA] emetta mensilmente la fattura per il riaddebito degli oneri del personale “prestato” ad I. (insieme all’addebito dei compensi per le attività generali di gestione affi-dati alla controllante come avviene anche per le altre partecipa-te-), il fatto che questa non sia nelle condizioni di saldare quelle fornitore di servizi rafforza alcuni dubbi circa l’effettiva natura e le possibili conseguenze del rapporto con I. (ci si riferisce: i) al pericolo che tale situazione possa essere vista come intermedia-zione di manodopera, ii) alle conseguenze dell’accesso ad ammortiz-zatori sociali per cessazione di attività che in realtà non v’è sta-ta o non risultava così chiara nei suoi contorni e iii) alla possi-bilità che i creditori di I. possano sostenere di essere creditori anche di [ALFA SPA] o viceversa)».
I dubbi rappresentati dall’ausiliario, sia verbalmente che con scam-bio di email sia ai vertici aziendali che ai consulenti, non hanno portato ad alcuna concreta iniziativa da parte di ALFA SPA (i cui organi gestori hanno manifestato un certo immobilismo, venuto meno solo alla fine del mese di gennaio 2013).
Alla luce delle pregresse considerazioni, pare al tribunale che non vi siano giustificati motivi che consentano la proroga del termine assegnato.
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In conclusione, per quanto sopra esposto va revocata la concessione di termine alla ALFA Spa.
Va rigettata l’istanza diretta ad ottenere la proroga del termine.
Va liquidato il compenso all’ausiliario in base al decreto del presidente della repubblica n° 115 del 2002 ed all’articolo 2 del decreto ministeriale 30 maggio 2002, sulla base dell’attivo e del passivo sociale e con raddoppio del compenso (ai sensi dell’articolo 51 del decreto del presidente della repubblica n° 115/2002), in considerazione dell’eccezionale importanza, complessità e difficoltà del-le indagini espletate dall’ausiliario (desumibili dalla motivazione sopra riportata).
Con separata sentenza vengono decisi i ricorsi per la dichiarazione di fallimento della ALFA Spa, per i quali il tribunale si era riservato di decidere alla scadenza del termine assegnato (si veda decreto 21 dicembre 2012).
PQM
visto l’articolo 161 6° comma del regio decreto 16 marzo 1942 n° 267, così provvede:
I. revoca il termine concesso alla ALFA Spa per la presentazione del piano e della proposta concordataria e della documentazione di cui all’articolo, 160 commi 2 e 3;
II. rigetta, in ogni caso, l’istanza di proroga del termine per la presen-tazione della proposta concordataria, del piano e della documentazione di cui all’articolo, 160 commi 2 e 3;
III. liquida all’ausiliario nominato il compenso finale per l’opera prestata nella misura di euro 30.000,00, oltre al c.p. ed all’i.v.a.;
IV. provvede separatamente in ordine ai ricorsi per la dichiarazione di fallimento.
Così deciso in Reggio Emilia il 6 marzo 2013, nella camera di consiglio della sezione fallimentare.
Il presidente
Rosaria Savastano
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Numero Protocolo Interno : 492/2013