ISSN 2385-1376
Testo massima
È invalido il pignoramento eseguito nei confronti del trust.
Così si è espresso il Tribunale di Reggio Emilia con l’ordinanza del 25/3/2013, che ha statuito che il pignoramento non può essere eseguito nei confronti del trust, in persona del trustee, in quanto il trust non è un soggetto giuridico e non è rappresentato dal trustee, non essendo un soggetto autonomo e a sé stante, né provvisto di soggettività giuridica con la conseguenza che gli elementi essenziali del pignoramento non possono essere rivolti a detto trust, inesistente soggetto destinatario della notificazione, dell’ingiunzione, dell’avviso e dell’avvertimento prescritti dal combinato disposto degli artt.492 e 555 cpc, per cui non è concepibile che riceva la notificazione dell’atto di pignoramento, si astenga dal disporre dei beni pignorati, provveda all’elezione di domicilio, avanzi istanza di conversione del pignoramento o, comunque, partecipi al processo esecutivo (inammissibilmente) incardinato nei suoi confronti.
Alla luce di tali presupposti, essendo stato proposto nei confronti di un soggetto inesistente, il Tribunale ha ritenuto di poter dichiarare ex officio la nullità del pignoramento, richiamando la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n.6070 del 12/3/2013, che ha stabilito che “ove la possibilità di assumere la veste di parte (per il destinatario della chiamata in giudizio) faccia difetto, si è in presenza di un giudizio che, per inesistenza di uno dei soggetti del rapporto processuale che si vorrebbe instaurare, si rileva strutturalmente inidoneo a realizzare il proprio scopo: donde l’inammissibilità dell’atto che lo promuove”.
Tale pronunzia è stata emessa in sede di giudizio di cognizione ordinario, ma secondo il Tribunale è applicabile al processo esecutivo, in quanto la notifica al soggetto inesistente ha comportato la mancata instaurazione del rapporto processuale che, anche nella vendita forzata, deve intercorrere tra soggetti e non con esclusivo riferimento ai cespiti aggrediti.
Testo del provvedimento
tribunale di Reggio Emilia
Ufficio Esecuzioni Immobiliari
Ordinanza 25 marzo 2013, n. 73
(Giudice Fanticini)
N. 73/2013 R.G. Esecuzioni
Il Giudice dell’Esecuzione
sciogliendo la riserva formulata all’udienza del 19/3/2013,
– rilevato che la procedura è stata intrapresa da BANCA in forza di titolo esecutivo costituito da contratto di mutuo ipotecario fondiario stipulato il 19/1/2001 dalla predetta banca (in realtà, l’istituto mutuante è stato successivamente incorporato nella banca con X. S.r.l. (mutuataria);
– rilevato che sui beni poi aggrediti col pignoramento (censiti al C.F. Reggio Emilia, fg. 230, part. 246, sub. 3-4-5 e part. 86, sub. 6-7-8-9), già di proprietà di G. A., era stata iscritta ipoteca il 31/1/2001 a garanzia del finanziamento erogato dalla banca;
– rilevato che con atto notarile dell’11/6/2010 G. A. ha istituito un trust (il “Trust JIMA”) regolato dalla Trusts (Jersey) Law; il disponente autodichiaratosi trustee ha conferito nel trust-fund i predetti immobili, già gravati da ipoteca a favore della creditrice procedente (e da altri gravami iscritti prima dell’atto istitutivo di trust);
– rilevato che BANCA ha proceduto a richiedere l’atto pignoramento dei predetti beni immobili nei confronti della “ditta Trust GJMA” per il “diritto di piena proprietà”;
– rilevato che l’atto di pignoramento è stato notificato “al trust denominato “Trust GIMA”
in persona del trustee, signor A. G.”;
– rilevato che anche l’ingiunzione, l’invito e l’avvertimento prescritti dall’art. 492 c.p.c. sono stati rivolti al “trust denominato “Trust GIMA”
in persona del trustee, signor A. G.”;
– rilevato che la trascrizione dell’atto di pignoramento del 14/2/2013 è avvenuta “contro
Trust GIMA”;
– rilevato che, infine, nell’istanza di vendita la creditrice procedente ha precisato, senza equivoco alcuno, che la procedura esecutiva è stata promossa nei confronti del “Trust GIMA” “in persona del trustee, signor A. G.” quale “terzo proprietario” e, infatti, è stata domandata la “vendita dei beni immobili sopra descritti, pignorati
in danno del trust denominato “Trust GIMA”
in persona del trustee, signor A. G.”;
osserva quanto segue
Si deve preliminarmente rilevare che è precipuo compito del Giudice dell’Esecuzione verificare che l’atto di pignoramento, il quale costituisce l’incipit del processo esecutivo, non sia affetto da vizi tali da renderlo nullo o del tutto inidoneo al suo scopo (appunto, quello di dare inizio alla procedura).
In particolare se alcuni elementi di invalidità possono essere sanati dal meccanismo previsto dall’art.617 cpc (il decorso del termine di 20 giorni comporta un’automatica sanatoria degli atti esecutivi)[1] e, secondo principi generali, gli stessi non possono costituire oggetto di rilievo officioso esistono altri vizi che, invece, possono essere rilevati anche ex officio o perché ciò è previsto dalla legge[2], o perché principi di massima tutela del debitore lo impongono[3], o perché si tratta di irregolarità particolarmente gravi[4], oppure perché queste ultime sono tali da rendere l’atto del tutto inidoneo allo scopo per cui è prescritto[5], o, ancora, perché difetta una condizione dell’azione esecutiva[6].
Nel caso di specie, per quanto meglio si spiegherà nel prosieguo, il pignoramento è stato eseguito con riguardo sia alla notifica del libello, sia alla formalità di trascrizione nei confronti di un soggetto inesistente (il Trust GJMA) e ciò ha determinato la mancata instaurazione del rapporto processuale che, anche nell’esecuzione forzata, deve intercorrere tra soggetti e non con esclusivo riferimento ai cespiti aggrediti.
Recentemente, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno stabilito che “Ove la possibilità di assumere la veste di parte (per il destinatario della chiamata in giudizio) faccia difetto, si è in presenza di un giudizio che, per l’inesistenza di uno dei soggetti del rapporto processuale che si vorrebbe instaurare, si rivela strutturalmente inidoneo a realizzare il proprio scopo: donde l’inammissibilità dell’atto che lo promuove.” (Cass., Sez. Un., 12/3/2013, n.6070). È pur vero che la menzionata pronuncia riguarda il diverso caso del processo di cognizione instaurato nei confronti di impresa già cancellata dal registro delle imprese (e, quindi, definitivamente estinta), ma non vi è ragione per ritenere che il principio espresso dal Supremo Collegio non possa trovare applicazione nell’ambito dell’espropriazione forzata, dato che anche questa si svolge in un processo (regolato dal libro III del codice di rito) tra parti necessarie (creditore/i, debitore/i ed eventualmente terzo/i proprietario/i ex artt.602 ss. cpc)[7].
Pertanto, ritiene questo Giudice che la verifica dell’esistenza del soggetto nei cui confronti è promossa l’esecuzione forzata debba essere compiuta ex officio e, anticipando qui le conclusioni di questo provvedimento, che il pignoramento rivolto nei confronti di un soggetto inesistente costituisca un vizio talmente grave da rendere improseguibile la procedura esecutiva.
Come già esposto, l’atto di pignoramento è stato notificato “al trust denominato “Trust GIMA”
in persona del trustee, signor A. G.”.
Ciò facendo, la creditrice (che ha espressamente richiesto tale pignoramento) e l’ufficiale giudiziario (autore dell’atto esecutivo) hanno “entificato” il trust, considerandolo (seppure implicitamente) alla stregua di un soggetto giuridico che svolge la propria attività attraverso la persona fisica del trustee (come una società, che sta in giudizio in persona del legale rappresentante, o come un’associazione, che agisce per tramite dei suoi associati, o come un condominio, rappresentato dall’amministratore condominiale).
Non si tratta di un errore meramente terminologico ma concettuale: il trust è un rapporto tra soggetti, non è un ente autonomo a sé stante, né è provvisto di soggettività giuridica.
Tale conclusione trova precisi riscontri letterali e sistematici nella Convenzione relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento dell’1/7/1985, negli ordinamenti di common law, nell’elaborazione dottrinale (sui patrimoni separati e, specificamente, sul trust) e nella giurisprudenza italiana (di merito e di legittimità).
Risulta dall’art.2 della Convenzione de L’Aja (resa esecutiva in Italia con la Legge 16 ottobre 1989 n. 364) norma da cui si evince la definizione del trust “amorfo” individuato come oggetto della Convenzione che il trust è un rapporto: “Ai fini della presente Convenzione, per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente con atto tra vivi o mortis causa qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”. Il fatto che a norma dell’art. 2, comma 2°, lett. a), del testo convenzionale “i beni in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee” non vale ad attribuire al patrimonio separato la natura di soggetto, a maggior ragione perché la successiva lett. b) della citata disposizione stabilisce che “i beni in trust sono intestati al trustee o ad un altro soggetto per conto del trustee”.
Negli ordinamenti di common law, all’esito dell’istituzione del trust, il trustee è proprietario dei beni che compongono il trust-fund, ma tali beni sono sottoposti ad un vincolo (che è opponibile anche ai terzi).
La tesi secondo cui la separazione patrimoniale derivante dal trasferimento dei beni in un trust determina la creazione di un’entità dotata di soggettività giuridica non trova alcun riscontro nella law of trusts (in dottrina, anzi, si rileva: “In diritto inglese come in tutte le altre legislazioni sui trust è fuori discussione che, dal punto di vista del diritto civile, il fondo in trust non ha personalità giuridica, non è un ente, non è un soggetto di diritti.“).
La tradizionale e icastica definizione dell’istituto, infatti, recita: “Quando ad una persona competono diritti che devono essere esercitati nell’interesse altrui, o in vista di uno scopo particolare, costui è titolare di tali diritti in trust per l’interessato, o per lo scopo designato e prende il nome di trustee”. Per effetto dell’istituzione del trust, dunque, alcuni beni risultano separati dal patrimonio personale del soggetto a cui sono intestati (è la cosiddetta “segregazione patrimoniale”, effetto minimo del riconoscimento del trust, ai sensi dell’art.11 della Convenzione de L’Aja).
Ciò non implica affatto che il trust costituisca un centro autonomo di diritti ed obblighi; al contrario, risalente dottrina italiana già in passato sosteneva che il fenomeno della separazione patrimoniale non determina la creazione di un nuovo soggetto di diritto, ma richiede soltanto la riferibilità del patrimonio separato ad un soggetto[8].
Anche la giurisprudenza di legittimità ha (più recentemente e molto chiaramente) affermato a proposito di fondi comuni di investimento (da annoverarsi tra i patrimoni separati) che non esiste un patrimonio acefalo privo di un soggetto che ne sia titolare e che, anzi “ogni attività negoziale o processuale posta in essere nell’interesse del patrimonio separato non può, perciò, che essere espletata in nome del soggetto che di esso è titolare, pur se con l’obbligo di imputarne gli affetti a quello specifico ben distinto patrimonio.” (Cass., 15/7/2010, n. 16605).
Con specifico riferimento all’istituto in esame, il più accreditato studioso di trust del nostro paese afferma che “La difficoltà di concepire un patrimonio senza un soggetto non si verifica nel diritto dei trust, perché il titolare del fondo in trust esiste: il trustee“.
Lo stesso autore, nei suoi scritti, spiega e osserva: “Il concetto in sé di un “patrimonio” destinato a determinate finalità porta ad essere propensi erroneamente a parlare di Trust con la t maiuscola, come se questo fosse una qual sorta di entità giuridicamente rilevante, ma il fulcro dell’istituto è il trustee il quale è l’unico soggetto come tale rinvenibile.
I terzi che entrano in qualche modo in un qualche rapporto, reale od obbligatorio che sia, in relazione ad un trust contrattano con il trustee che non è il legale rappresentante del “Trust” non esistendo il “Trust” quale soggetto non meglio entificato ma colui che legittimamente dispone del diritto oggetto della contrattazione, personalmente in quanto il fondo in trust appartiene al trustee, seppur in trust.
il trust di per sé non è né può essere in alcun modo un autonomo centro di imputazione di diritti ed interessi legittimi.”; e ancora: “La permanenza di un patrimonio segregato tende a obiettivizzarlo, come se si trattasse di una fondazione o di altra persona giuridica
Nella massima parte dei trust, però, non è così
Il trust si manifesta per quello che è in diritto, un rapporto di appartenenza segregato rispetto agli altri che fanno capo al medesimo soggetto.“.
La prevalente giurisprudenza di merito (anche di questo Tribunale) ha ben inteso che il trust non è un soggetto e che occorre, piuttosto, riferire al trustee il fondo in trust:
– Trib. Reggio Emilia, ord. 6/3/2010: “Il trasferimento dei beni in trust al nuovo trustee non determina
una “successione a titolo universale nei rapporti compresi nel trust” (la difesa della convenuta afferma che, nel caso, non si verifica una successione in determinati rapporti ma in tutti i rapporti giuridici “unificati dal vincolo segregativo”). La tesi sostenuta muove, evidentemente, da un equivoco (invero piuttosto diffuso, ma non per questo meno errato) e, cioè, dalla considerazione del trust quale un ente autonomo a sé stante”;
– Trib. Reggio Emilia, ord. 14/3/2011: “Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’opponente, il trust non è un ente autonomo a sé stante né può essere “entificato” e trattato alla stregua di una società (mentre il presidente è il legale rappresentante della società, il trustee non è il legale rappresentante del trust)”;
– Trib. Voghera, ord. 25/2/2010 (in un caso analogo a quello ora esaminato): “La Convenzione dell’Aja all’art. 2 indica che il trustee è il diretto ed esclusivo proprietario dei beni in trust che sono stati posti sotto il suo controllo nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato. Il trust sarebbe dunque un rapporto giuridico che si manifesta come rapporto di appartenenza segregato rispetto agli altri che fanno capo al medesimo soggetto. Il fondo in trust appartiene al trustee, ma è segregato dal suo patrimonio personale e asservito alla finalità del trust, non esiste un ente al quale faccia capo il fondo in trust.
l’azione esecutiva de qua, incardinata attraverso l’atto di pignoramento presso terzi, contiene l’intimazione al solo Trust “V.” in persona del trustee, come pure l’atto di precetto, è stata proposta dalla creditrice esclusivamente contro il “Trust V.” che non è, peraltro, nemmeno un soggetto giuridico; a questo proposito si ritiene doveroso rilevare che la normativa fiscale, contrariamente a quanto sostenuto dalla creditrice opposta, non incide sulla fattispecie civilistica del trust. Né tanto meno l’art. 2645 ter, dettato in tema di trascrizione degli atti, può in qualche modo attribuire al trust che è un rapporto giuridico, la qualità di soggetto di diritto. Anche la legge inglese, che è la legge regolatrice del Trust in questione, non qualifica il trust come un ente al quale faccia capo il fondo in trust“.
Un ulteriore autorevole avallo deriva da una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la quale ha statuito: “il giudice di pace
ha correttamente rilevato che la contravvenzione è stata elevata alla Paradiso quale proprietaria e trustee e che, mancando al trust personalità giuridica, proprio il trustee, ossia Paradiso Assunta, era responsabile dell’infrazione in quanto proprietaria.”. La Suprema Corte prosegue, nella motivazione (richiamando il disposto dell’art. 2, lett. b) della Convenzione de L’Aja), respingendo con fermezza la tesi secondo cui “la separazione patrimoniale derivante dal conferimento nel trust determinerebbe la creazione di due soggetti giuridici distinti (il trust e il trustee)“: infatti, l’ “affermazione è del tutto priva di fondamento. Il trust non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità e il trustee è l’unico soggetto di riferimento: nei rapporti con i terzi interviene il trustee che non è il legale rappresentante del trust, ma colui che dispone del diritto” (Cass., 22/12/2011, n. 28363).
Non può costituire valida argomentazione contrastante il richiamo della normativa fiscale, la quale attribuisce al trust la qualità di soggetto passivo d’imposta (art.73, comma 1°, lett. b), c) e d), T.U.I.R.), posto che la disciplina tributaria non ha incidenza sugli aspetti civilistici dell’istituto e nemmeno i criteri ermeneutici dei negozi sono coincidenti (ne danno conferma varie pronunce giurisprudenziali: Cass., 20/12/2012, n.23584; Cass., 6/10/2011, n.20443).
Se come dimostrano inequivocabilmente le motivazioni sopra riportate il Trust GJMA non è un soggetto giuridico (e, tantomeno, è “rappresentato” dal trustee A. G.), è evidente che gli elementi essenziali del pignoramento non possono essere rivolti a detto trust, inesistente “soggetto” destinatario della notificazione, dell’ingiunzione, dell’avviso e dell’avvertimento prescritti dal combinato disposto degli artt.492 e 555 cpc.
Nemmeno è concepibile che un trust il quale non opera tramite il trustee (casomai, è il trustee che agisce nella sua qualità) riceva la notificazione dell’atto di pignoramento, si astenga dal disporre dei beni pignorati, provveda all’elezione di domicilio, avanzi istanza di conversione del pignoramento o, comunque, partecipi al processo esecutivo (inammissibilmente) incardinato nei suoi confronti.
Anche sulla trascrizione del gravame formalità eseguita “contro
Trust GIMA” occorre svolgere alcune considerazioni.
La mancanza di una valida trascrizione del pignoramento determina l’estinzione (atipica) del processo esecutivo: infatti, “la trascrizione è l’elemento necessario per consentire al pignoramento immobiliare di esplicare tutti i suoi effetti, per cui non si può dare seguito ad una istanza di vendita proposta rispetto ad un bene immobile per il quale sia venuto meno il requisito della trascrizione del pignoramento” (Cass., 18/8/2011, n. 17367).
la difesa della creditrice procedente ha prodotto la “nota di trascrizione [dell’atto istitutivo di trust] dalla quale risulta che l’acquisto è avvenuto in favore del “Trust GIMA” e contro G. A.” asserendo che, essendo stata così eseguita la pubblicità dell’atto di provenienza, inevitabilmente la trascrizione del pignoramento doveva essere compiuta nello stesso modo.
Il principio di continuità delle trascrizioni espresso dall’art.2650 cc non appare invocabile nel caso di specie: lo stesso presuppone che le note presentate ai RR.II. (e solo a quelle occorre fare riferimento) siano valide, mentre nel caso le note di trascrizione del pignoramento e dell’atto istitutivo del trust (pur non essendo questa la sede per un vaglio della nota relativa a tale ultimo atto) appaiono invalide e, come tali, inopponibili.
Le disposizioni codicistiche non comminano la sanzione di nullità per ogni irregolarità o errore od omissione contenuto nelle note; difatti, ai sensi dell’art.2665 cc, “L’omissione o l’inesattezza di alcuna delle indicazioni richieste nelle note menzionate negli articoli 2659 e 2660 non nuoce alla validità della trascrizione, eccetto che induca incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico a cui si riferisce l’atto o, rispettivamente, la sentenza o la domanda.” (analoga disposizione si rinviene, con riguardo alla nota di iscrizione, nell’art.2841 cc).
La norma è particolare perché contiene una formulazione “in negativo”: in altri termini, parafrasando, non ogni inesattezza rende invalida la nota di trascrizione, ma soltanto quelle che determinano gravi incertezze, tali da inficiarne gli elementi essenziali.
Ad avviso di questo Giudice, entrambe le note qui esaminate inducono incertezza sul soggetto “a favore” del quale è stato effettuato il negozio di dotazione del trust e sul soggetto “contro” il quale è stato preso il pignoramento: essendo inesistente tale soggetto, è palese che le note producono dubbi e indeterminatezze sul titolare dei beni.
Non possono nemmeno invocarsi, a sostegno della tesi del Banco Popolare, le motivazioni della recente pronuncia di Cass., 8/2/2013, n.3075 (che, con soluzione rigorosa, ha privilegiato la continuità tra trascrizioni che recavano una data di nascita errata e ha escluso l’efficacia di un atto di acquisto che riportava le corrette generalità della dante causa): la citata pronuncia della Suprema Corte riguardava una persona fisica soggetto che ben può esistere con generalità diverse da quelle reali mentre nella fattispecie de qua la trascrizione (contro o a favore) non può determinare l’effetto di far “nascere” un soggetto che non esiste in rerum natura (melius, nell’ordinamento giuridico)[9].
Soltanto un’isolata pronuncia di merito (richiamata dalla difesa della creditrice procedente all’udienza del 19/3/2013) pare in contrasto con le conclusioni qui tratte: il Tribunale di Torino, con decreto del 10/2/2011, ha accolto il reclamo avverso il Conservatore dei RR.II. ammettendo la trascrizione dell’atto istitutivo di trust (rectius, del negozio di dotazione) in favore del trust stesso. La decisione desta varie perplessità e non è condivisibile.
Nella motivazione, il Tribunale di Torino dà atto che l’esecuzione della formalità pubblicità (“contro il disponente e a favore del trust”) “non presuppone la soggettività del trust” e, a sostegno della propria tesi, adduce esempi di altre trascrizioni compiute in favore di “non soggetti” (segnatamente in favore di condomini o di fondi immobiliari chiusi ex art.36 T.U.F.).
Partendo dal dato normativo, occorre constatare che l’art.2659 cc prescrive che la nota di trascrizione deve indicare le generalità delle persone fisiche, delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni (anche se prive di personalità giuridica) alle quali si riferisce l’atto; la soluzione ermeneutica fornita dalla Suprema Corte tende ad un’interpretazione estensiva della norma[10], ma richiede comunque “la soggettività giuridica, vale a dire la configurabilità di un autonomo soggetto nell’ordinamento giuridico e sul piano sostanziale e su quello processuale” (Cass., 16/6/2000, n.8239) e, nel caso del trust, tale soggettività difetta totalmente (per quanto già ampiamente esposto).
Non appare calzante il riferimento al condominio. Se è vero che il condominio non è una sovrastruttura tra i proprietari delle singole unità condominiali, tuttavia allo stesso deve riconoscersi soggettività giuridica, quantomeno come “ente” (seppure “di sola gestione”): un condominio è un “ente di gestione privo di personalità giuridica, ma fornito di soggettività distinta da quella dei singoli condomini” (Cass. 19/10/2004, n.20483).
Neanche il richiamo della pronuncia ai fondi ex art.36 T.U.F., come esempio di “non soggetti” che sono però legittimati ad ottenere trascrizioni, sembra corretto: difatti, “I fondi comuni d’investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi), disciplinati nel d. lgs. n.58 del 1998, e succ. mod., sono privi di un’autonoma soggettività giuridica ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio; pertanto, in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia” (Cass., 15/7/2010, n.16605).
La soluzione offerta dalla citata pronuncia del Tribunale torinese è tesa, a ben vedere, alla risoluzione di problemi pratici: “presenta il vantaggio di non richiedere una nuova trascrizione nel caso di sostituzione del trustee di un trust nel cui fondo sono compresi beni immobili; in tal caso, infatti, è sufficiente l’annotazione dell’originaria trascrizione
[e] per il semplice compimento dell’annotazione della trascrizione originaria non sarebbe necessaria la partecipazione all’atto del vecchio trustee”. In proposito, si osserva che l’annotazione a cui fa riferimento il decreto non è prevista da alcuna disposizione normativa e che comunque anche volendo “entificare” il trust come se fosse una società le variazioni degli amministratori non comportano alcuna formalità pubblicitaria nei RR.II.
Quanto alla nota di trascrizione dell’atto dell’11/6/2010 (istitutivo del Trust GJMA), la stessa merita brevi cenni (proprio perché la parte creditrice ha ritenuto di adeguarsi ad essa anche per la redazione dell’atto di pignoramento e della propria nota di trascrizione del pignoramento; deve però ribadirsi che non è questa la sede per verificare la sua validità).
È evidente che al vincolo di trust debba essere dato rilievo: conformemente al disposto dell’art.12 della Convenzione de L’Aja, la giurisprudenza italiana ha ripetutamente ritenuto che la qualità di trustee può (anzi, deve) essere resa nota nei RR.II.
Sono state impiegate diverse modalità per adattare la pubblicità immobiliare del nostro ordinamento ad un istituto “importato” (peraltro, le soluzioni dipendono dalla concreta tipologia del trust e dalla natura dell’atto da trascrivere).
Tuttavia, nel caso del trust autodichiarato (come quello istituito da G. A.), proprio i profili di analogia con il fondo patrimoniale hanno condotto a un’applicazione (anche giurisprudenziale[11]) delle modalità prescritte dall’art.2647 cc[12] e, cioè, mediante una trascrizione e “contro il” e “a favore del” (o anche solo “contro il”, come ammesso dalle prassi di numerose Conservatorie) disponente-trustee, risultando così inequivocabilmente nel quadro “A” (eventualmente integrato e specificato nel quadro “D”) della nota la costituzione del vincolo[13].
PQM
Il Giudice dell’Esecuzione
dichiara
improseguibile il processo esecutivo N. OMISSIS R.G. Esecuzioni
ordina
al Conservatore dei Registri Immobiliari di Reggio Emilia di procedere alla cancellazione del pignoramento trascritto in data 14/2/2013, R.G. n. OMISSIS, R.P. n. OMISSIS
autorizza
il ritiro dei fascicoli di parte
manda
la Cancelleria per le comunicazioni di rito.
Reggio Emilia, 25 marzo 2013
Il Giudice dell’Esecuzione
Dott. Giovanni Fanticini
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Numero Protocolo Interno : 417/2013