ISSN 2385-1376
Testo massima
In caso di usura sopravvenuta, il tasso di interesse convenzionale è dovuto nei limiti della soglia dell’usura con eliminazione della sola parte eccedente secondo il meccanismo sostitutivo ex adr. 1339 cc e non si applica la sanzione di cui all’art. 1815 cc.
Il Tribunale di Napoli, Giudice dott. Attanasio, con sentenza n. 874 del 8.7.2013, decidendo sull’opposizione proposta avverso l’atto di precetto intimato in virtù di mutuo ipotecario del 1993, nell’esposizione del percorso di legittimità su cui si ha fondato la decisione, ha ribadito l’orientamento costante in giurisprudenza confermato con la recente sentenza del SC n. 603/2013 in ordine alla sopravvenuta usurarietà dei tassi di interesse pattuiti in tema di mutuo.
La sentenza innanzi indicata- conformemente alla giurisprudenza di legittimità – ha ritenuto valide le clausole pattuite con il contratto di mutuo del 1993 precisando che solo dalla data di entrata in vigore della legge 108/1996 e per la porzione di rapporto moroso non ancora esaurito, i tassi di interesse pattuiti devono essere rapportati con le soglie usurarie fissate dalle detta legge e, ove superiori, devono essere sostituiti ex art. 1339 cc con tassi nei limiti della soglia.
Il casus decisus con la sentenza discende dall’opposizione proposta avverso un atto di precetto intimato in virtù di mutuo ipotecario concesso nel 1993, in seguito alla morosità delle rate semestrali dalla 3° alla 6° con scadenza dal 31.12.1994 al 30.6.1996 e la conseguente risoluzione del mutuo in questione.
Il debitore con l’opposizione proposta ha lamentato, tra l’altro, l’applicazione di interessi in violazione della legge 108/1996.
La decisione in esame come quella richiamata dal Giudice dott. Attanasio n. 603 del 11.1.2013 – ha, quindi, ad oggetto una fattispecie in cui i tassi di interesse sono stati pattuiti in epoca anteriore alla legge anti usura per un rapporto che non si è esaurito al momento dell’entrata in vigore della detta legge 108 del 1996.
Il Tribunale di Napoli, quindi, ha ritenuto parzialmente fondata l’opposizione sulla base delle risultanze della espletata CTU in ordine alla verifica dei tassi di interesse applicati.
Con la sentenza il Giudice ha rideterminato il credito vantato dalla Banca precettante partendo dall’individuazione dell’importo dovuto per sorta capitale quantificato nell’intero capitale rimasto insoluto al netto delle sole prime due rate pagate.
A tale importo, il Giudice ha ritenuto doversi aggiungere gli interessi di ammortamento sulle 4 rate scadute e rimaste impagate nonché gli interessi moratori fino alla scadenza dell’ultima delle 4 rate impagate e, per il periodo successivo all’ultima rata impagata, i soli interessi moratori.
Tale determinazione è stata assunta dal Giudice in conformità alla sentenza della Corte di Cassazione n.4920/1987 nonché alla sentenza delle Sezioni Unite n. 12639/2008, secondo cui, in seguito alla risoluzione del mutuo per mancato pagamento delle rate, al creditore spettano gli ulteriori interessi di mora negoziali ma non anche gli interessi di ammortamento conglobati nelle successive semestralità a scadere.
Nel caso in esame, che si ripete è costituito da una ipotesi in cui i tassi di interesse moratori sono stati pattuiti prima della legge anti usura per un rapporto proseguito dopo la entrata in vigore della stessa legge, l’applicazione degli interessi moratori negoziali viene riconosciuta per il periodo dalla prima rata impagata con scadenza 31.12.1994 al 1.4.1997 e, cioè fino al primo tasso soglia pubblicato ex lege 108/1996 mentre, per il periodo successivo sono dovuti gli interesse nei limiti della soglia.
Tale meccanismo di determinazione della misura degli interessi dovuti in caso di mutuo stipulato prima della legge 108/1996 e non ancora esauriti alla data di entrata in vigore è affermato nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità e confermato anche nelle due pronunce n. 602 e 603 pubblicate entrambe l’11.1.2013.
I Giudici del Palazzaccio, con tali sentenze, hanno ribadito il principio secondo cui “con riferimento a fattispecie anteriore alla L. 108 del 1996 (disciplina “anti – usura”), in mancanza di una previsione di retroattività, la pattuizione di interessi ultralegali non è viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso di interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta. L’illiceità si ravvisa soltanto ove sussistano gli estremi del reato di usura ex art. 644 c.p.: vantaggio usurario, stato di bisogno del soggetto passivo, approfittamento di tale stato da parte dell’autore del reato. Valide dunque le predette clausole contrattuali, è esclusa l’automatica sostituzione del tasso originariamente determinato con quello legale. Al contrario, qualora si tratti di rapporti non esauriti al momento dell’entrata in vigore della L. 108 (con la previsione di interessi moratori fino al soddisfo), va richiamato l’art. 1 L. n. 108 del 1996 che ha previsto la fissazione di tassi soglia (successivamente determinati da decreti ministeriali), al di sopra dei quali, gli interessi corrispettivi e moratori, ulteriormente maturati, vanno considerati usurari (al riguardo,) e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi degli artt. 1419, secondo comma e 1319 c.c., circa l’inserzione automatica di clausole, in relazione ai diversi periodi, dai tassi soglia”.
In pratica, il Giudice di legittimità, in modo esplicito, conferma il principio per cui le clausole relative agli interessi pattuite anteriormente alla legge 108/1996 sono valide ma, con l’introduzione dei tassi soglia, divengono illegittime negli effetti a partire dal momento in cui intervengono i tassi più bassi nei limiti della soglia, generandosi un fenomeno di sostituzione automatica con l’applicazione dei tessi soglia in luogo del tasso contrattuale.
E’ appena il caso di rilevare che in giurisprudenza l’applicabilità della legge 108/1996 anche ai rapporti stipulati prima dell’entrata in vigore è stato oggetto di contrasti per la cui risoluzione è dovuto intervenire il legislatore.
L’emanazione, infatti, da parte della Corte di Cassazione della sentenza n. 14899/2000, con cui il Supremo Collegio, aderendo ad un consolidato orientamento dottrinario e giurisprudenziale (cfr. C.C. Sez. I n. 5286/2000; C.C. Sez. III n. 1126/2000; C.C. Sez. I Penale n. 11055/1998), ha decretato l’applicazione della Legge 108/1996, recante “Disposizioni in materia di usura”, anche ai rapporti di mutuo stipulati anteriormente all’entrata in vigore della medesima legge ha spinto il legislatore a intervenire al fine di rendere l’interpretazione autentica della detta legge anti usura.
In particolare, la Suprema Corte, nella citata sentenza, ha affermato che “di fronte ad un rapporto fra cittadino e banca che non si è già concluso nel momento dell’entrata in vigore della legge antiusura, la Corte di merito non poteva escludere radicalmente la rilevabilità d’ufficio della dedotta nullità della clausola del contratto relativa agli interessi, solo perché la pattuizione era intervenuta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 108/1996: al contrario, avrebbe dovuto verificare se detta nullità sussistesse o meno, correlando il convenuto tasso degli interessi alla nuova normativa in tema di mora”.
La legge 24/2001 all’art. 1, comma 1, introducendo la c.d. “interpretazione autentica” della legge antiusura prevede che, “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
Nello stesso senso la Corte delle leggi che nel 2002 ha cercato di porre ordine e chiarezza nell’annosa vicenda dei mutui usurari accesi prima dell’entrata in vigore della legge sulla riforma del reato di usura n. 108/96, sostituendo, all’impostazione tradizionale del reato dove il bene giuridico protetto era individuato nella tutela del soggetto passivo, un sistema oggettivo, che prescinde da situazioni di indigenza e da condotte volte all’approfittamento dello stato di bisogno, per cui per poter integrare gli estremi dell’art. 644 cp è sufficiente che l’interesse pattuito tra le parti sia superiore al tasso soglia determinato in sede amministrativa con periodicità trimestrale.
Da tanto deriva in pratica che i mutui ancora in corso e stipulati prima della riforma sull’usura non vengono colpiti da nullità nonostante la successiva eccedenza rispetto alla nuove soglie usurarie la cui conseguenza è solo si ripete il meccanismo di sostituzione dei saggi nei limiti della soglia.
La sentenza in esame, poi, affronta anche la tematica dei mutui a tasso variabile poiché ricorrente nella relativa fattispecie, andando a stabilire le conseguenze della incidenza di tassi superiori alla soglia nel corso del rapporto avendo riguardo alle regole generali sui rapporti privatistici.
Tale approccio è confortato dalle sentenza del SC, richiamate nella decisione in esame ( Cass. n.2140/2006; Cass. n. 4092/2005; Cass. n.4093/2005) secondo cui le norme che fissano la misura degli interessi non sono retroattive e, pertanto, in relazione a contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, non influiscono sulla validità delle clausole dei contratti, ma possono soltanto implicarne l’inefficacia ex nunc applicandosi in loro sostituzione i tassi nei limiti della soglia.
In definitiva viene affermato il principio secondo cui gli interessi corrispettivi e moratori ulteriormente maturati vanno considerati usurari e dunque automaticamente sostituiti – anche ai sensi dell’art.1419 cc, comma 2 e art. 1339 cc, circa l’inserzione automatica di clausole – in relazione ai diversi periodi dai tassi soglia.
Solo in caso di tasso contrattualmente pattuito superiore alla soglia dell’usura è prevista la sanzione di cui all’art.1815, comma 2 di radicale eliminazione dell’interesse moratorio applicato in quanto la pattuizione è contra legem (cd. usura originaria) avendo rilevanza il momento in cui essi sono promessi, mentre in ipotesi in cui il tasso contrattualmente pattuito, inizialmente lecito, sia divenuto successivamente usuraio, (cd. usura sopravvenuta) si deve solo ed esclusivamente procedere alla esclusione della quota eccedente il superamento del tasso soglia.
In merito alla distinzione tra l’usura originaria e l’usura sopravvenuta si potrà consultare anche precedente pubblicazione dal titolo USURA BANCARIA: semplici concetti in merito al fenomeno dell’USURA.
La sentenza, poi, pronunciandosi sull’eccezione di prescrizione decennale, ha rigettato la stessa richiamando il principio affermato dal SC che per nel contratto di mutuo la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata, atteso che il pagamento dei ratei configura un’obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata (Cass. n. 17798/2011).
Testo del provvedimento
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