ISSN 2385-1376
Testo massima
“Nel procedimento previsto dal D.Lgs. n.385 del 1993, art.39, comma 6 ter, il Presidente del Tribunale, accertata la legittimazione del ricorrente e l’inadempimento della banca all’obbligo di frazionare il mutuo, designa il notaio che vi deve provvedere in sostituzione della banca. Nel caso in cui il frazionamento sia richiesto dal terzo acquirente, dal promissario acquirente o dall’assegnatario, l’ipoteca, dopo il frazionamento, deve garantire soltanto la quota di mutuo che il richiedente si è accollato e non una quota proporzionata al valore della singola unità rispetto al valore del complesso delle unità immobiliari gravate dall’ipoteca. Per tale ragione al procedimento non devono partecipare altri soggetti oltre al mutuante ed al soggetto che ha chiesto il frazionamento“.
Sono questi i principi sanciti dalla Suprema Corte di Cassazione nell’ambito di una controversia che ha visto un istituto di credito proporre reclamo avanti alla Corte d’Appello contro il decreto con cui il Presidente del Tribunale aveva designato un notaio per redigere, ai sensi dell’art.39, comma 6 ter, Tub, l’atto pubblico di suddivisione del finanziamento di credito fondiario su ricorso presentato da un socio di una cooperativa edilizia, previa chiamata in causa dell’altro socio.
Il finanziamento era stato infatti concesso dalla banca ad una cooperativa edilizia a responsabilità limitata per la realizzazione di un progetto del quale faceva parte l’unità immobiliare acquistata dai due soci.
La Corte d’Appello riteneva che il giudizio doveva svolgersi nei confronti sia della cooperativa edilizia sia dei due soci, in quanto la suddivisione del finanziamento rispetto ad un socio assegnatario incideva sulla loro posizione complessiva.
La Corte d’Appello disponeva pertanto, ai sensi dell’art.354 cpc, la rimessione degli atti al Tribunale ed il socio proponeva indi ricorso avanti ai giudici di legittimità.
Nell’esaminare la questione, la Suprema Corte di Cassazione ha, in via preliminare, dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dal socio, perché la decisione della Corte d’Appello era stata assunta sulla base del fatto che il provvedimento del Presidente del Tribunale era stato emesso senza la presenza dei necessari contraddittori.
I giudici di legittimità hanno pertanto rilevato che il provvedimento preso dalla Corte d’Appello non aveva contenuto decisorio, essendo inidoneo ad incidere sul diritto al frazionamento del finanziamento e della correlativa garanzia ipotecaria.
Non poteva essere pertanto ammesso il ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell’art.111 Cost. che è difatti invocabile soltanto contro le pronunce dotate dei caratteri della decisorietà e definitività.
Esaurita la questione preliminare, la Suprema Corte di Cassazione ha però colto l’occasione per soffermarsi sul procedimento previsto dall’art.39, comma 6 ter, Tub, al fine di fornire alcune importanti indicazioni in materia di suddivisione del finanziamento concesso a titolo di credito fondiario e frazionamento dell’ipoteca.
L’art.38 Tub ha, come noto, ad oggetto la disciplina del credito fondiario o mutuo fondiario che consiste nella concessione da parte delle banche di finanziamenti a medio o lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado sugli immobili.
L’operazione di credito fondiario interessa pertanto l’acquisto o la costruzione di un edificio od un complesso condominiale per il quale può realizzarsi l’accatastamento delle singole porzioni che lo costituiscono.
Il debitore, il terzo acquirente, il promissario acquirente o l’assegnatario del bene ipotecato o di parte di esso hanno, in detto contesto, il diritto sia alla suddivisione del finanziamento in quote sia al correlativo frazionamento dell’ipoteca con riferimento alla porzione immobiliare acquistata o promessa in acquisto od in assegnazione, così come previsto dall’art.39, comma 6, Tub.
Si tratta di operazioni che, secondo quanto previsto dall’art.39, comma 6 bis, Tub, sono a carico della banca che è tenuta ad adempiere entro il termine di 90 giorni dal ricevimento della richiesta di suddivisione del finanziamento in quote (termine, peraltro, aumentato a 120 giorni, qualora la domanda riguardi un finanziamento da suddividersi in più di 50 quote).
Con riferimento alla materia in esame, la Corte di Cassazione ha peraltro già avuto modo di evidenziare che il frazionamento del mutuo fondiario è un atto unilaterale a carattere dichiarativo di rinuncia all’indivisibilità dell’ipoteca.
Il frazionamento non può costituire fonte di nuove obbligazioni per il terzo acquirente che non vi abbia partecipato, il quale rimane obbligato nei confronti del mutuante nei limiti in cui si è accollato il debito.
I giudici di legittimità ritengono pertanto illegittima la suddivisione del finanziamento che non abbia rispettato le quote di accollo pattuite dal mutuatario con i terzi acquirenti, aumentandone l’ammontare.
Il frazionamento dell’ipoteca deve pertanto deve essere effettuata corrispettivamente alla suddivisione del mutuo, perché deve essere mantenuta la correlazione tra garanzia ipotecaria e credito.
In altri termini, l’ipoteca cioè il vincolo reale sull’immobile frazionato deve garantire tutta e soltanto la quota risultante dalla suddivisione del mutuo.
L’art.39, comma 6 ter, Tub prevede poi una procedura che può essere attivata da chi (debitore, terzo acquirente, promissario acquirente o assegnatario del bene immobile) ha richiesto la suddivisione del finanziamento in quote ed il correlativo frazionamento dell’ipoteca nel caso in cui la banca non abbia provveduto ad ottemperare ai propri obblighi.
Il richiedente può infatti presentare ricorso al Presidente del Tribunale il quale, ove ritenga fondate le doglianze del ricorrente, sentite previamente le parti, può designare un notaio che redige l’atto pubblico di frazionamento.
La Suprema Corte di Cassazione chiarisce tuttavia che il contenuto del frazionamento è predeterminato dalla legge.
Per espressa disposizione normativa, il Presidente del Tribunale non determina il contenuto del frazionamento, ma si limita a designare il notaio.
Ciò può avvenire solo dopo che il Presidente del Tribunale ha accertato la legittimazione a chiedere il frazionamento.
I giudici di legittimità precisano infatti che il carattere decisorio dei provvedimenti assunti dal Presidente del Tribunale e dalla Corte d’Appello in sede di eventuale reclamo è collegato all’affermazione o alla negazione della legittimazione.
La Cassazione ribadisce inoltre che il frazionamento delle quote del finanziamento ha carattere vincolato e riguarda soltanto la parte concessa a titolo di mutuo ed il soggetto che lo ha richiesto.
Dopo il frazionamento del finanziamento, osservano i giudici di legittimità, l’ipoteca deve pertanto garantire solamente la quota di mutuo che il terzo si è accollato e non una quota corrispondente al valore della singola unità rispetto al valore del complesso delle unità immobiliari gravate dall’ipoteca.
Nel momento il mutuo viene erogato senza procedere al frazionamento, la banca accetta dunque la possibilità che una parte dell’importo concesso a titolo di finanziamento non venga più assistito dalla garanzia ipotecaria.
La Suprema Corte di Cassazione conferma dunque che la garanzia ipotecaria non possa trasferirsi sulle altre unità immobiliari in misura superiore alla quota di mutuo che gli altri acquirenti si sono accollati.
Laddove il frazionamento predisposto dal notaio non sia conforme ai criteri stabiliti dalla legge, il frazionamento è dunque affetto da nullità.
La nullità può essere totale qualora chi ha acquistato l’immobile ha corrisposto il prezzo senza accollarsi alcuna quota di mutuo.
Se invece il frazionamento ha posto a carico di una unità immobiliare una quota del mutuo superiore a quella che l’acquirente si è accollata, i giudici di legittimità affermano che la nullità è, in questo caso, parziale perché colpisce soltanto la parte del frazionamento viziata.
Da un punto di vista processuale, la Suprema Corte di Cassazione precisa infine che la nullità può essere accertata tramite un giudizio contenzioso in cui non sono contraddittori necessari né il mutuatario né gli altri acquirenti dell’unità immobiliare, perché i soggetti interessati sono il mutuante e colui che ha richiesto il frazionamento.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17839/2007 proposto da:
C.C.
– ricorrente–
contro
BANCA
– intimata –
sul ricorso 21740/2007 proposto da:
BANCA
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
C.C., A.R.
– intimati –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 04/04/2007;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Banca proponeva reclamo avverso il decreto in data 28 novembre 2006 con cui il Presidente delegato del Tribunale di Roma, su ricorso di C.C. e previa chiamata in causa di A.R., aveva designato un notaio per redigere, ai sensi del D.Lgs. n.385 del 1993, art.39, comma 6 ter, l’atto pubblico di suddivisione del finanziamento concesso alla Cooperativa ALFA per la realizzazione di un programma edilizio del quale faceva parte l’unità immobiliare acquistata dai soci C. e A.. Con decreto del 4 aprile 2007 la Corte di appello di Roma, ritenuto che il giudizio doveva svolgersi anche nei confronti della Cooperativa e dei suoi soci in quanto la suddivisione del finanziamento rispetto ad un socio assegnatario incideva necessariamente sulla loro posizione, rimetteva gli atti al primo giudice ai sensi dell’art.354 cpc.
C.C. propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi.
La Banca resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo. La Banca ha anche presentato memoria.
Motivi della decisione
Con il PRIMO motivo il ricorrente principale deduce la violazione degli artt.102 e 354 cpc, nonchè il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva accolto l’eccezione di difetto di integrità del contraddittorio sollevata dalla Banca malgrado la stessa non avesse indicato nominativamente i soci che dovevano partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari e malgrado dall’atto di assegnazione risultasse la quota di mutuo che il ricorrente si era accollata e la quietanza liberatoria rilasciata dalla Cooperativa ALFA ai signori C. e A. con riferimento a tutte le obbligazioni su di essi gravanti nella loro qualità di soci e assegnatari.
Con il SECONDO motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt.1321 e 1322 cc, e degli artt. da 1362 a 1371 cc, nonchè il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva omesso di considerare che la Banca, con lettera del 28 ottobre 2010, aveva manifestato il suo assenso alle reiterate richieste di frazionamento con attribuzione di una quota pari a lire 230.000.000 che, sulla base di quanto risultava dall’atto di assegnazione, rappresentava l’intero debito del C..
Con il TERZO motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n.385 del 1993, art.39, commi 6, 6 bis, 6 ter, 6 quater, degli artt.2514 e 2541 cc, e dell’art.102 cpc, nonchè il vizio di motivazione, lamentando che l’integrazione del contraddittorio era stata disposta malgrado dall’atto di assegnazione risultasse chiaramente la quota di mutuo accollata e l’assenza di ulteriori debiti verso la cooperativa e malgrado non fosse prospettabile una responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato la Banca deduce la violazione dell’art.112 cpc, ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva omesso di pronunziare sulla domanda intesa ad ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento o la dichiarazione di inefficacia del frazionamento redatto dal notaio sulla base del provvedimento del presidente delegato del Tribunale di Roma sia perchè tale provvedimento era stato impugnato con reclamo e, quindi, ne era sospesa l’efficacia sia perchè, comunque, era affetto da errore essenziale e riconoscibile nella identificazione della quota di mutuo e della relativa ipoteca oggetto di frazionamento.
Il ricorso è inammissibile. I provvedimenti giurisdizionali aventi forma giuridica diversa da quella della sentenza sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione ex art.111 Cost., soltanto quando presentano, nel loro contenuto e nella loro disciplina, i caratteri della decisorietà e della definitività. Tali caratteri, che devono coesistere, consistono, quanto alla decisorietà, nella risoluzione di una controversia su diritti soggettivi o status e, quanto alla definitività, nella mancanza di rimedi diversi e nell’attitudine del provvedimento a pregiudicare, con l’efficacia propria del giudicato, quegli status o quei diritti (e plurimis e da ultimo Cass. 18 gennaio 2013, n.1240; Cass. s.u. ord. 7 dicembre 2006, n.26181).
Nella specie, la Corte di appello, ritenuto che il provvedimento del Presidente delegato del Tribunale di Roma era stato emesso senza la presenza di tutti i necessari contraddittori, ha rimesso gli atti al primo giudice. Tale provvedimento, pertanto, manca evidentemente di contenuto decisorio non essendo idoneo ad incidere sul diritto al frazionamento del finanziamento e della correlativa garanzia ipotecaria.
Alla inammissibilità del ricorso principale consegue l’assorbimento di quello incidentale condizionato.
La Corte, peraltro, ritenuta di particolare importanza la questione decisa con il decreto impugnato, ritiene opportuno enunciare ex art.363 cpc, comma 3, il principio di diritto applicabile al procedimento previsto dal D.Lgs. n.385 del 1993, art.39, comma 6 ter.
La Corte è stata chiamata in passato a pronunziarsi, con riferimento al D.Lgs. n.385 del 1993, art.39, nel testo anteriore alle modifiche dettate dal D.Lgs. n.122 del 2005, sulla domanda promossa dal terzo acquirente ed intesa ad ottenere la dichiarazione di inefficacia del frazionamento, eseguito dalla banca mutuante a richiesta del mutuatario, nella parte in cui imputava all’unità immobiliare acquistata dal terzo una quota di mutuo superiore a quella che questi si era accollata.
Nell’occasione la Corte ha affermato il principio che “il frazionamento del mutuo fondiario, in quanto atto unilaterale di rinuncia all’indivisibilità dell’ipoteca, avente carattere dichiarativo, non può costituire fonte di nuove obbligazioni per il terzo acquirente che non vi abbia partecipato, il quale rimane obbligato nei confronti del mutuante nei limiti in cui si è accollato il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta. Ne consegue l’illegittimità della suddivisione che non abbia rispettato le quote di accollo pattuite dal mutuatario con i terzi acquirenti, aumentandone l’ammontare” (Cass. 20 marzo 2008, n. 7453).
In particolare, nell’occasione la Corte ha ritenuto che: 1) le norme che si sono succedute nella disciplina del frazionamento (come facoltà del mutuante D.P.R. n. 7 del 1976, ex art.3, comma 6; come diritto del mutuatario L. n.175 del 1991, ex art.5; come diritto anche del terzo acquirente D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art.39; come diritto anche del promissario acquirente e dell’assegnatario ex art.39 cit. dopo le modifiche dettate dal D.Lgs. n. 122 del 2005) si limitano a prescrivere, affermandone il carattere dichiarativo, la suddivisione del mutuo in quote e, correlativamente, il frazionamento dell’ipoteca a garanzia; 2) a norma dell’art.1273 cc, u.c., il terzo accollante è obbligato verso il creditore nei limiti in cui ha assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta; 3) il frazionamento dell’ipoteca deve essere eseguito, secondo le norme ricordate, “correlativamente” alla suddivisione del mutuo. La formulazione letterale delle norme in questione, rimasta inalterata nel tempo, esprime con chiarezza la volontà del legislatore che, nel frazionamento, sia mantenuta la correlazione tra garanzia e debito, nel senso che il vincolo reale sulla singola unità immobiliare frazionata deve garantire tutta, e soltanto, la quota risultante dalla suddivisione del mutuo (o del finanziamento); 4) nel caso in cui il frazionamento non sia contestuale alla consegna della somma mutuata può porsi un problema di tutela delle ragioni della banca, che tuttavia può esigere immediatamente dal mutuatario il pagamento delle quote di mutuo le quali, in conseguenza del fatto, a questi imputabile, della vendita delle unità immobiliari senza accollo di quota, o con accollo di quota inferiore alla garanzia potenziale della singola unità trasferita, non siano più garantite dall’ipoteca, frazionata in modo legittimo; 5) il rischio che il mutuatario non sia in grado di soddisfare queste richieste è quello comune di insolvenza e viene accettato dalla banca nel momento in cui decide di erogare il denaro indipendentemente dal frazionamento contestuale della garanzia ipotecaria.
Le modifiche al D.Lgs. n.385 del 1993, art.39, dettate dal D.Lgs. n.122 del 2005, oltre ad ampliare il novero dei soggetti aventi diritto al frazionamento del finanziamento, hanno anche previsto uno specifico rimedio nel caso in cui la banca, richiesta legittimamente del frazionamento, non vi abbia provveduto.
In questo caso il presidente del tribunale designa con decreto il notaio che deve procedere al frazionamento.
Il contenuto del frazionamento è, tuttavia, predeterminato dalla legge; il presidente del tribunale non interviene nel determinare il contenuto del frazionamento, ma designa soltanto il notaio, una volta accertata la legittimazione a chiedere il frazionamento. Pertanto, solo relativamente alla affermazione o alla negazione della legittimazione può predicarsi il carattere decisorio dei provvedimenti assunti dal presidente del tribunale, prima, e dalla Corte di appello, poi, in sede di eventuale reclamo.
Il frazionamento, infatti, sulla base dei principi affermati dalla ricordata Cass. n.7453/2008, ha carattere vincolato e riguarda soltanto il mutuante ed il soggetto che lo ha chiesto.
L’ipoteca, dopo il frazionamento, deve garantire soltanto la quota di mutuo che il terzo si è accollato e non una quota corrispondente al valore della singola unità rispetto al valore del complesso delle unità immobiliari gravate dall’ipoteca; pertanto, rientra nel rischio accettato dalla banca, nell’erogare il mutuo senza procedere al frazionamento, la possibilità che una parte dell’importo mutuato non sia più assistito da una garanzia ipotecaria ed è, invece, da escludere che la garanzia possa trasferirsi sulle altre unità immobiliari in misura superiore alla quota di mutuo accollata dagli altri acquirenti.
Nel caso in cui il frazionamento redatto dal notaio in sostituzione della banca non rispetti i criteri dettati dalla legge ed anche ove ciò accada per le indicazioni date dal presidente del tribunale nel suo decreto, il frazionamento deve ritenersi nullo (totalmente nel caso in cui l’acquirente abbia pagato il prezzo senza accollarsi alcuna quota del mutuo; ovvero parzialmente nella parte in cui il frazionamento abbia posto a carico di una unità immobiliare una quota del mutuo superiore a quella accollatasi dal suo acquirente). La nullità può essere accertata in un giudizio contenzioso nel quale non sono contraddittori necessari nè gli altri acquirenti nè il mutuatario.
In conclusione si deve affermare il seguente principio di diritto:
“nel procedimento previsto dal D.Lgs. n.385 del 1993, art.39, comma 6 ter, il presidente del tribunale, accertata la legittimazione del ricorrente e l’inadempimento della banca all’obbligo di frazionare il mutuo, designa il notaio che vi deve provvedere in sostituzione della banca. Nel caso in cui il frazionamento sia richiesto dal terzo acquirente, dal promissario acquirente o dall’assegnatario, l’ipoteca, dopo il frazionamento, deve garantire soltanto la quota di mutuo che il richiedente si è accollato e non una quota proporzionata al valore della singola unità rispetto al valore del complesso delle unità immobiliari gravate dall’ipoteca. Per tale ragione al procedimento non devono partecipare altri soggetti oltre al mutuante ed al soggetto che ha chiesto il frazionamento”.
Soccorrono giusti motivi per compensare per intero le spese del giudizio di cassazione.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito quello incidentale; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013
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