ISSN 2385-1376
Testo massima
“Nella simulazione relativa della compravendita per interposizione fittizia dell’acquirente, l’alienante non è litisconsorte necessario, se nei suoi riguardi il negozio è stato integralmente eseguito e manca ogni suo interesse a essere parte nel giudizio“.
Così ha deciso la Suprema Corte di Cassazione, a sezioni unite, con sentenza n. 11523 del 14/05/2013 pronunciandosi su di un annoso contrasto giurisprudenziale che vedeva due orientamenti contrapporsi.
Secondo un primo orientamento, infatti, l’integrazione del contraddittorio è indispensabile quando la verifica della simulazione costituisce oggetto diretto di una domanda e non solo di un’eccezione o comunque di un accertamento incidentale, trattandosi di un’esigenza derivante dalla necessità dell’accertamento dell’accordo simulatorio, di natura trilatera, necessariamente da compiersi nei confronti di tutti i partecipi allo stesso in quanto verso tutti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti dichiarativi.
Secondo l’orientamento opposto, non è invece indispensabile la presenza in giudizio del venditore in qualità di litisconsorte necessario nella controversia promossa dal terzo nei confronti dell’acquirente dissimulato, quando il contratto sia stato integralmente eseguito nei confronti del venditore medesimo e conseguentemente possa essere escluso ogni suo interesse a conservare quale contraente la persona interposta, anziché la persona reale.
Il Collegio ha risolto il contrasto nel senso della
INSUSSISTENZA DEL LITISCONSORZIO NECESSARIO.
Tale orientamento muove dalla premessa della relatività della scelta interpretativa, in quanto espressamente non riferibile in assoluto ad ogni tipologia di azione di simulazione relativa soggettiva, nella consapevolezza dell’ampia varietà delle operazioni simulatorie, anche nell’ambito della simulazione soggettiva.
Ciò premesso la Corte precisa poi che l’elemento decisivo ai fini della affermazione o esclusione della necessità del litisconsorzio con il venditore consiste, quindi, nell’interesse del medesimo alle sorti dell’accordo simulatorio destinato all’interposizione fittizia della parte acquirente.
E la rilevanza della insussistenza di un interesse del venditore è ribadita anche in successive pronunce nelle quali si legge che “ove sia escluso ogni interesse del venditore a contestare l’impugnativa del negozio, non è indispensabile, ai fini della declaratoria della simulazione, la sua presenza in giudizio, essendo al riguardo interessati solo il compratore apparente e chi vanta il diritto in base al contratto simulato“.
Altro elemento, oltre all’assenza di un interesse diretto del venditore all’esito dell’azione di simulazione è che, LA VENDITA DEVE AVER AVUTO INTEGRALE ESECUZIONE CON IL COMPLETO VERSAMENTO DEL CORRISPETTIVO E IL PERFEZIONAMENTO DELL’EFFETTO TRASLATIVO.
In questa situazione soltanto il simulato e il dissimulato acquirente sono interessati effettivamente all’esito del giudizio e solo nei loro confronti la statuizione giudiziale non è inutiliter data.
Si afferma, infatti, allorché si tratti solo di accertare chi abbia acquistato il bene, la necessità del litisconsorzio non si estende al venditore, quando questi non abbia interesse a contraddire’. In sostanza, nella simulazione relativa per interposizione fittizia della persona dell’acquirente, ove siano state adempiute le obbligazioni tipicamente connesse alla causa del negozio (trasferimento del bene e pagamento del corrispettivo) la sentenza che accerti l’interposizione e dichiari che l’interponente è l’effettivo acquirente produce integralmente i suoi effetti ‘utili’ anche in assenza dell’alienante.
Dal punto di vista di chi vende la modificazione soggettiva della parte compratrice – salvo eccezioni che devono, però, formare oggetto di specifica allegazione e dimostrazione – è irrilevante e l’accertamento giudiziale in assenza dell’alienante, che non può trarre alcuna utilità (giuridicamente ed economicamente rilevante) dalla dichiarazione di simulazione relativa, rimane integralmente efficace nei confronti dell’interposto e dell’interponente, in quanto uniche parti vincolate dall’intesa simulatoria.
PERCHÉ, DUNQUE, L’ACCERTAMENTO DELL’INTERPOSIZIONE FITTIZIA NEI CONFRONTI DEL VENDITORE DETERMINI L’ESIGENZA DEL LITISCONSORZIO NECESSARIO OCCORRE CHE VENGA DEDOTTO ED ALLEGATO IL SUO INTERESSE, ovvero la sua consapevolezza e volontà di aderire all’accordo simulatorio.
Ma la individuazione di questo interesse deriva dalle deduzioni ed allegazioni delle parti sulla natura, il contenuto e l’efficacia dell’accordo simulatorio.
In sostanza, l’interesse si coniuga con l’utilità dell’accertamento nei confronti della parte non ancora inclusa nel processo e la natura pubblicistica del litisconsorzio necessario risulta depurata, alla luce dell’esigenza costituzionale di rendere effettiva la tutela giudiziale dei diritti, da principi aprioristicamente ritenuti inderogabili senza essere calati nella realtà processuale ove sono deputati a trovare applicazione.
Pertanto, posto che l’accertamento giudiziale e il giudicato hanno la funzione di produrre effetti nella sfera giuridico-patrimoniale delle parti, modificando (o confermando definitivamente) il precedente assetto, ove lo stesso non abbia questa finalità, perché lascia invariati gli interessi di una parte (in senso formale), non vi è la necessità inderogabile di far partecipare questa parte al processo perché così operando si finirebbe per attribuire al giudicato un’efficacia erga omnes, di natura meramente dichiarativa, diversa da quella derivante dall’intangibilità così come definita nell’art. 2909 cod. civ.
In conclusione, le sezioni unite hanno così affermato che, nel giudizio volto all’accertamento della simulazione relativa di un contratto di compravendita per interposizione fittizia dell’acquirente, l’alienante non è litisconsorte necessario, allorché, nei suoi riguardi, il negozio sia stato interamente eseguito con l’adempimento delle obbligazioni, tipicamente connesse alla causa del negozio, quali il versamento del corrispettivo ed il perfezionamento dell’effetto traslativo, e non sussista, pertanto, alcun suo interesse ad essere parte del giudizio, a norma dell’art. 100 cod. proc. civ., al fine di conservare come proprio acquirente l’originario stipulante, onde, trattandosi solo di accertare chi, fra interponente ed interposto, abbia acquistato il bene, la sentenza fra di essi pronunciata non è inutiliter data.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Nella simulazione relativa della compravendita per interposizione fittizia dell’acquirente, l’alienante non è litisconsorte necessario, se nei suoi riguardi il negozio è stato integralmente eseguito e manca ogni suo interesse a essere parte nel giudizio
CASUS DECISUS
M.A.M., con citazione notificata nel febbraio 1997, proponeva un’azione di simulazione relativa, e di dichiarazione di validità del contratto dissimulato, nei confronti della società ALFA, relativa alla compravendita di un complesso immobiliare, denominato (omissis) intercorsa tra gli eredi di P..G. , in qualità di venditori, e la società convenuta, la quale avrebbe assunto la qualità di acquirente per interposizione di persona, essendo l’effettivo titolare del diritto di proprietà l’attore medesimo. Alla compravendita, in sede di rogito avevano partecipato R..S. , in qualità di procuratore speciale della società, e G.P..Z. , in qualità di procuratore degli eredi di P..G. .
L’attore deduceva altresì che R..S. aveva agito in nome della società che gli aveva conferito la procura e per conto di esso attore, nei confronti del quale era vincolato da un mandato fiduciario per il quale era stata prevista una remunerazione pari a 200.000 dollari USA. Aveva inoltre rilasciato, in nome e per conto della società interposta, una dichiarazione, reiterata nel corso degli anni, di titolarità del diritto di proprietà in capo all’attore, ma non aveva mai consegnato a quest’ultimo il founder certificate che avrebbe comprovato l’avvenuta simulazione.
Assumendo, quindi, che aveva constatato che il mandatario aveva mutato destinazione al complesso immobiliare e l’aveva trasformato in un albergo di lusso, concesso in locazione alla s.r.l. BETA, spogliandolo così del possesso e del godimento dell’immobile, M..M.A. proponeva domanda di risarcimento dei danni nei confronti del mandatario, S.R. , per violazione del pactum fiduciae ed inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato fiduciario, nonché domanda di nullità o risoluzione del contratto di locazione nei confronti della s.r.l. BETA.
Il Tribunale di Roma, con sentenza depositata il 21 marzo 2001, dichiarava l’estinzione del giudizio per mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio fissato dal giudice, nei confronti degli eredi di P..G. , in ordine alle domande di accertamento della simulazione relativa soggettiva, per interposizione fittizia del predetto atto di compravendita, nonché della nullità e risoluzione del contratto di locazione con la s.r.l. BETA; rigettava, invece, per difetto di prova, la domanda risarcitoria nei confronti di R..S. , rimasto contumace in primo grado.
Impugnata la pronuncia dalla parte attrice, la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata in data 8 settembre 2005, rigettava tutte le domande dell’attore, confermando il difetto d’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di P..G. , quanto alla domanda di simulazione, e decretando il passaggio in giudicato del rigetto della domanda risarcitoria azionata nei confronti di R..S. per inesistenza della notificazione dell’atto di appello.
La Corte d’appello, in ordine alla domanda di simulazione relativa affermava che:
a) la notifica al procuratore degli eredi di G.P. , effettuata in primo grado, in adempimento all’ordine d’integrazione del contraddittorio, era radicalmente invalida perché non era stata provata né l’attualità della qualità di rappresentante del predetto procuratore né la natura generale della procura ad esso rilasciata;
b) la deduzione difensiva dell’appellante, relativa alla non necessità della notifica della domanda di simulazione relativa agli eredi di P..G. , per difetto d’interesse, essendo finalizzata l’azione esclusivamente alla sostituzione della parte acquirente, doveva ritenersi superata “dalla constatata inesistenza della notifica dell’appello allo S. , che era indubitabilmente parte necessaria rispetto alle domande di accertamento della simulazione relativa”.
In ordine alla domanda risarcitoria e di nullità e risoluzione del contratto di locazione con la s.r.l. BETA, la Corte territoriale affermava che la notificazione dell’atto d’appello nei confronti di R..S. , era inesistente in quanto effettuata presso l’Albergo (OMISSIS) , (sede legale dell’omonima società) ove era stata ricevuta da un “delegato” la notifica dell’atto di citazione relativo al primo grado di giudizio, ma nel quale, secondo la dichiarazione del Direttore dell’albergo, lo S. era presente solo saltuariamente in qualità di ospite; da qui la conseguenza che doveva ritenersi mancante qualunque relazione stabile della parte con tale luogo. Per questa ragione la Corte riteneva non suscettibile di rinnovazione la notifica, con conseguente passaggio in giudicato della statuizione di rigetto affermata in primo grado.
Per la cassazione di questa sentenza, M.A.M. proponeva ricorso per cassazione sulla base di tre motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, ALFAe BETA s.r.l., nonché S.R. , il quale proponeva altresì ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo.
Il ricorrente principale resisteva, con controricorso, al ricorso incidentale.
La trattazione dei ricorsi veniva fissata, dapprima, per l’udienza del 9 febbraio 2011, in vista della quale depositavano memoria il ricorrente principale ed ALFA, e, quindi, per l’udienza dell’11 maggio 2011, all’esito della quale i ricorsi sono stati rimessi al Primo Presidente per la eventuale assegnazione a queste Sezioni Unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve preliminarmente essere disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, aventi ad oggetto la medesima pronuncia (art. 335 cod. proc. civ.).
2. Con il PRIMO MOTIVO del ricorso principale, M.A.M. denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 102, 31 e 331 cod. proc. civ., nonché omessa ed errata motivazione in ordine alla affermata inesistenza della notificazione dell’appello a R..S. e al conseguente passaggio in giudicato della domanda di risarcimento del danno proposta nei suoi confronti.
Il ricorrente sottolinea la palese erroneità della pronuncia di secondo grado in ordine all’inesistenza della notifica dell’atto d’appello nei confronti di R..S. ed il conseguente rigetto della richiesta di rinnovazione dell’incombente. Quanto all’inesistenza fa presente che il luogo della notifica non poteva essere qualificato come privo di qualsiasi collegamento o riferimento con la parte, in quanto, oltre al buon fine della notifica ivi effettuata dell’atto di citazione in primo grado, risultava per tabulas che quest’ultimo fosse stato presidente della S.R.L. BETA e socio della stessa società dal 1994. Quanto al rigetto della richiesta di rinnovazione, il ricorrente sottolinea l’integrale erroneità della motivazione, stante la configurabilità della posizione dello S. in termini di litisconsorte necessario, quanto meno processuale.
La domanda relativa all’inadempimento del pactum fiduciae costituisce, infatti, il presupposto logico e giuridico di quella di simulazione.
Sarebbe dunque erronea, secondo il ricorrente, la configurazione di due distinti rapporti, il mandato fiduciario e l’interposizione fittizia, perché il rapporto avrebbe dovuto, in realtà, essere considerato unico ed instaurato esclusivamente tra A. e S. , quest’ultimo in proprio e in qualità di procuratore della società ALFA, rapporto che si era concretizzato in una interposizione reale.
Dall’inadempimento del mandato fiduciario erano poi derivate necessariamente le domande di simulazione e di nullità e risoluzione del contratto di locazione, in quanto l’accertamento del primo avrebbe determinato conseguenze dirette sulla sfera giuridico-patrimoniale delle altre parti convenute costituite.
3. Con il SECONDO MOTIVO, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 160, 307, 291 e 331 cod. proc. civ., nonché omessa ed errata motivazione quanto alla estinzione parziale del giudizio per mancanza di valida integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di P..G. .
In PRIMO LUOGO il ricorrente evidenzia l’assoluta estraneità degli eredi di P..G. rispetto alla violazione del pactum fiduciae contratto con R..S. , in proprio e in qualità di procuratore speciale della società ALFA, al fine di far conseguire ad esso ricorrente la proprietà del complesso immobiliare BETA. Su questo aspetto la motivazione della sentenza della Corte d’Appello sarebbe del tutto lacunosa e generica perché non avrebbe spiegato, in concreto, le ragioni della necessità del litisconsorzio con gli eredi G. .
In SECONDO LUOGO, il ricorrente sottolinea la contraddittorietà evidente della motivazione che, per un verso, avrebbe ritenuto distinti i rapporti e le fattispecie relative al mandato fiduciario e all’interposizione di persona e, dall’altro, avrebbe invece ritenuto che la partecipazione al giudizio di S.R. fosse necessaria e che, conseguentemente, la inesistenza della notificazione della citazione dell’atto di appello avrebbe assorbito la questione dell’interesse ad agire e della necessità del litisconsorzio con gli eredi di P..G. .
In TERZO LUOGO il ricorrente principale evidenza come sia del tutto mancato, fin dal primo grado di giudizio, l’accertamento in ordine alla sussistenza di un concreto interesse ad agire degli eredi G. .Con riferimento alla affermata inesistenza della notifica effettuata a G.P..Z. , in qualità di procuratore speciale dei predetti eredi G. , il ricorrente sostiene che tale notificazione poteva essere inficiata esclusivamente d’invalidità ma non d’inesistenza, in quanto lo Z. aveva accettato la notifica ed era, in precedenza, intervenuto in qualità di procuratore speciale dei venditori nel rogito. Ne sarebbe dovuto conseguire, ai sensi degli art. 160 e 291 cod. proc. civ., l’ordine di rinnovazione della notifica medesima.
4. Con il TERZO MOTIVO, il ricorrente principale svolge argomentazioni “sul pactum fiduciae intervenuto tra il ricorrente ed il Sig. S. , in proprio ed in qualità di procuratore della Cobayard e sulla conseguente inammissibilità ovvero infondatezza ovvero inconferenza dell’eccezioni svolte dalle controparti nei precedenti gradi di giudizio“.
Il ricorrente ripropone quindi le deduzioni relative al merito della causa.
4.1. Il pactum fiduciae stipulato tra il ricorrente e S.R. aveva ad oggetto l’obbligo della società ALFA di stipulare in nome proprio e per conto del ricorrente medesimo il contratto di compravendita simulato. Per questa ragione era stato corrisposto un compenso a R..S. e il prezzo della compravendita da parte del ricorrente, come da documentazione bancaria in atti. L’effettiva natura del rapporto, documentalmente comprovata non aveva potuto formare oggetto dei giudizi pregressi. L’esistenza di un pactum fiduciae era inoltre dimostrata dal fatto che nella procura rilasciata a S. dalla società convenuta non si rinveniva alcun riferimento alla provvista necessaria per acquistare l’immobile, né la società aveva mai allegato e dedotto alcunché al riguardo.
4.2. Inammissibilità ed infondatezza dell’eccezione di usucapione decennale prospettata dalla convenuta società ALFA. Al riguardo il ricorrente osserva l’inapplicabilità della disciplina in quanto fondata sull’acquisto a non domino mentre nel caso di specie la parte alienante era l’effettiva titolare del diritto di proprietà sul complesso immobiliare. Inoltre la società convenuta, con tale eccezione, aveva riconosciuto la validità del trasferimento e la finalità della procura rilasciata a R..S. come destinata al predetto trasferimento. Non era, conseguentemente verosimile che la società rappresentata non fosse al corrente del mandato fiduciario tra R..S. e il ricorrente, atteso che nulla era stato da essa dedotto, pur essendosi professata acquirente dell’immobile, in ordine alla provvista necessaria all’acquisto, di agevole documentazione. Peraltro, dell’interposizione fittizia vi era riscontro documentale nella comunicazione del 4 aprile 1990 proveniente da S.R. e diretta al ricorrente, con la quale si confermava espressamente la proprietà in capo al ricorrente dell’immobile in questione.
4.3. Quanto alla eccezione di prescrizione del diritto azionato, il ricorrente rileva che la domanda proposta riguardava l’accertamento del suo diritto di proprietà sull’immobile in oggetto, e come tale era imprescrittibile.
4.4. Quanto alla eccezione relativa alla mancanza di una controdichiarazione trilaterale in forma scritta che attestasse l’interposizione fittizia, il ricorrente sostiene che l’attestazione era ricavabile dalla dichiarazione che il procuratore della società ALFA, R..S. , aveva rilasciato al ricorrente in ordine al suo diritto di proprietà sull’immobile. La validità ed efficacia di tale dichiarazione non era inficiata dalla mancata partecipazione del venditore in quanto ciò che rilevava era la sua provenienza dalla parte contro il cui interesse essa poteva essere opposta.
4.5. Quanto alla non configurabilità dell’interposizione reale, fondata sull’assenza di un pactum fiduciae scritto tra la società convenuta e R..S. nonché tra quest’ultimo e il ricorrente, quest’ultimo rileva che la dichiarazione del 1981, più volte richiamata, attestava l’esistenza di tale patto; con la precisazione che, peraltro, non ne era necessaria la forma scritta come invece per il negozio traslativo.
4.6. Quanto, infine, alla nullità del contratto di locazione e alla eccepita prescrizione del relativo diritto, il ricorrente sostiene che le difese della società BETA, volte a sottolineare l’interesse del ricorrente alla destinazione alberghiera dell’immobile e la necessità d’ingenti spese, confermavano la titolarità del diritto di proprietà in capo ad esso.
5. Con il proprio ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo, R..S. , per il caso di accoglimento del primo motivo del ricorso principale, denuncia violazione degli artt. 138 e ss., 159, 160, 180, 291, 354, primo comma, cod. proc. civ., deducendo la nullità della citazione di primo grado, con conseguente nullità del procedimento e della sentenza.
6. Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
La Corte d’appello ha rilevato la inesistenza della notificazione dell’atto di appello nei confronti dello S. sulla base del rilievo che questi “non è stato raggiunto da regolare notifica, in quanto il direttore dell’Albergo (OMISSIS) (luogo in cui in primo grado un delegato aveva ritirato la citazione) ha affermato la sua saltuaria presenza in loco, in qualità di ospite: non essendo provato alcun nesso (intendendo con questo una qualunque relazione stabile e predeterminata) tra lo S. stesso ed il luogo ove è stata tentata la notifica, questa deve ritenersi inesistente e quindi non suscettibile di rinnovazione”.
Tale motivazione non resiste alle critiche rivolte dal ricorrente principale.
6.1. In primo luogo, invero, deve dubitarsi della esattezza dell’affermazione secondo cui la notificazione dell’atto di appello tentata nei confronti della parte rimasta contumace in primo grado nel medesimo luogo in cui era stata eseguita ritualmente la notificazione della citazione introduttiva del giudizio, possa essere considerata inesistente, stante l’assenza di un qualsivoglia collegamento tra il destinatario della notificazione e il luogo di esecuzione della stessa, e quindi insuscettibile di rinnovazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ..
6.1.1. Il rilievo impone l’immediato esame del ricorso incidentale condizionato proposto da S.R. , con il quale si pone in discussione proprio la validità della notificazione di primo grado eseguita presso l’Albergo (OMISSIS) .
Il motivo è inammissibile.
In proposito, è sufficiente rilevare che la sentenza di primo grado, all’esame della quale il Collegio può procedere essendo denunciato un error in procedendo, ha accertato la ritualità della notificazione della citazione, effettuata al domicilio del convenuto in (OMISSIS) con ricezione dell’atto da parte di persona qualificatasi come ‘delegato’. La mancata contestazione, sotto qualsiasi profilo, della sussistenza del rapporto di delega indicato nella sentenza di primo grado ai fini dell’accertamento della ritualità della notificazione, rende la relativa affermazione insuscettibile di diverso apprezzamento, non essendo sufficiente la contestazione della consegna in luogo diverso da quelli di cui all’art. 139 cod. proc. civ.. Del resto, ove si consideri che il ricorrente incidentale è tuttora legale rappresentante della BETA S.R.L., come si desume dalla procura a margine del controricorso proposto da detta società (e tale riferimento è di per sé sufficiente al fine di rigettare le eccezioni di inammissibilità della documentazione inserita in proposito in ricorso, formulate sia dal ricorrente incidentale che dalla controricorrente ALFA), e che la notifica è avvenuta presso i locali di (OMISSIS) , e cioè presso la struttura alberghiera, appare evidente, da un lato, la riferibilità del luogo della esecuzione della notificazione al convenuto, e, dall’altro, la necessità che questi aveva, onde eccepire la nullità della notificazione – anche in questa sede, ove si volesse ipotizzare la mancata consegna, da parte del delegato, del plico contenente l’atto di citazione e quindi la mancata conoscenza del giudizio sia di primo grado che di appello – di contestare specificamente la sussistenza del rapporto sulla base del quale il Tribunale ha ritenuto valida la notificazione dell’atto di citazione.
Ma di una siffatta deduzione specifica non vi è traccia nel ricorso incidentale, essendosi il ricorrente incidentale limitato a desumere la nullità della notificazione della citazione di primo grado dalla non riferibilità del luogo di esecuzione, senza nulla dedurre in ordine alla sussistenza del rapporto indicato e alla estraneità del soggetto cui l’atto era stato consegnato.
6.2. Ma la sentenza impugnata presta il fianco anche alla seconda critica svolta dal ricorrente principale.
La Corte d’appello ha infatti escluso la possibilità di concedere un nuovo termine per la notificazione della citazione in appello nei confronti di S.R. , sul rilievo che la stessa fosse inesistente e non nulla.
Nell’esaminare il secondo motivo di gravame, la Corte d’appello ha tuttavia rilevato che la questione della sussistenza o no di una situazione di litisconsorzio necessario rispetto alla domanda di accertamento della simulazione relativa con interposizione fittizia di persona restava superata dalla “constatata inesistenza della notifica dell’appello allo S. che era indubitabilmente parte necessaria rispetto alle domande di accertamento della simulazione di cui sopra”.
Così accertata la situazione processuale, la Corte d’appello non avrebbe giammai potuto rigettare l’istanza proposta dalla difesa dell’appellante di concessione di un termine per la rinnovazione della notificazione dell’atto di appello allo S. . E ciò alla luce del principio, affermato da questa Corte, che il Collegio condivide, secondo cui “quando più soggetti vengano chiamati congiuntamente in giudizio, da altri soggetti o iussu iudicis, e vi partecipino poi attivamente costituendosi, oppure lo subiscano rimanendo contumaci, si determina, in ogni caso, una situazione di litisconsorzio processuale che, pur ove non sia configurabile anche un litisconsorzio di carattere sostanziale, da luogo, tuttavia, alla formazione d’un rapporto che, ai fini dei giudizi di gravame, soggiace alla disciplina propria delle cause inscindibili e pertanto impone, nei successivi grado o fase del giudizio, la presenza dei soggetti tutti già presenti in quelli pregressi ove non esplicitamente estromessi; onde, nel caso in cui la parte che propone l’impugnazione non provveda a notificarla a tutte le altre parti, all’omissione deve porre rimedio, ex art. 331, primo comma, cod. proc. civ., il giudice dell’impugnazione, cui, salva la decisione finale, non è consentito di eludere in limine tale disposizione con un diverso apprezzamento della situazione processuale, essendo, per contro, tenuto in ogni caso a disporre l’integrazione del contraddittorio per il solo fatto che la parte chiamata a partecipare al precedente grado o fase del giudizio non sia stata citata in quello d’impugnazione (Cass. n. 11154 del 2003; Cass. n. 12829 del 2002; Cass. n. 2756 del 2001; Cass. n. 14753 del 1999)” (Cass. n. 12470 del 2004).
6.2.1. In sostanza, una volta accertato che l’appellato nei cui confronti la notificazione dell’atto di appello era stata effettuata in modo invalido, era litisconsorte necessario rispetto ad una delle domande proposte congiuntamente dall’appellante sin dall’atto di citazione, la Corte d’appello non avrebbe potuto dichiarare inammissibile l’impugnazione per inesistenza della notificazione, con riferimento ad una di quelle domande (nella specie, la domanda risarcitoria), e poi ritenere superata la questione devoluta con riferimento all’altra domanda sul rilievo della inesistenza della notificazione dell’atto di appello. La accertata sussistenza di un litisconsorzio necessario, invero, avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a disporre la rinnovazione della notificazione; e ciò anche nell’ipotesi in cui si volesse ritenere la notificazione dell’atto di appello inesistente nei confronti di uno dei litisconsorti.
Invero, onde radicare l’obbligo del giudice di appello di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’appellato non raggiunto dalla notificazione dell’atto di appello, era sufficiente che la notificazione del medesimo atto di appello fosse andata a buon fine nei riguardi di altro litisconsorte necessario. Il che, nella specie, era avvenuto, essendo stato il giudizio di appello ritualmente incardinato nei confronti della ALFA e della s.r.l. BETA (Cass. n. 15466 del 2011; Cass. n. 6821 del 1983).
6.2.2. Si deve solo aggiungere che l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui R..S. era ‘indubitabilmente parte necessaria’ rispetto alle domande di accertamento della simulazione non ha formato oggetto di ricorso incidentale da parte del destinatario di tale affermazione, né da parte delle altre contro ricorrenti. In particolare, lo S. si è limitato ad affermare la insussistenza di un rapporto di inscindibilità tra la domanda di simulazione (e, conseguentemente, di risoluzione o di dichiarazione di nullità del contratto di locazione intercorso con la s.r.l. BETA), e la domanda risarcitoria proposta nei confronti dello S. , senza investire di specifica censura il diverso profilo della affermata natura di parte necessaria del medesimo S. riguardo alla domanda di simulazione. Analogamente, ALFA non ha proposto ricorso incidentale sul punto, pur avendo svolto difese chiaramente volte ad escludere siffatta connotazione; ma, appunto, la rilevanza processuale dell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata e le implicazioni sul piano della integrazione del contraddittorio dalla stessa derivanti, avrebbero richiesto la proposizione di una specifica censura.
6.3. Il primo motivo del ricorso principale deve quindi essere accolto, mentre va rigettato il ricorso incidentale condizionato proposto da S.R. .
7. Si deve ora procedere all’esame del secondo motivo, che investe la questione il cui esame, essendosi ravvisato un contrasto nella giurisprudenza delle sezioni semplici della Corte, è stato demandato queste Sezioni Unite.
La questione si sostanzia nell’accertare se, in riferimento ad una domanda di simulazione relativa per interposizione fittizia di persona, sia o no necessario integrare il contraddittorio nei confronti del venditore.
Il Tribunale di Roma ha affermato la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario tra interposto, interponente e venditore, e, non essendo stato integrato il contraddittorio nei confronti degli eredi della parte venditrice, ha dichiarato estinto il giudizio in ordine alle domande di accertamento della simulazione relativa soggettiva, per interposizione fittizia, dell’atto di compravendita inerente l’immobile sito in (OMISSIS) , denominato (OMISSIS) , stipulato il 24 aprile 1980 tra gli eredi di G.P. e la ALFA, rappresentata dal procuratore speciale S.R. , e di declaratoria di nullità del contratto di locazione novennale relativo al suddetto immobile, intercorso in data 27 luglio 1988, tra la ALFA e la s.r.l. BETA, ovvero, in subordine, di risoluzione del contratto stesso.
Tale statuizione aveva formato oggetto del secondo motivo di gravame proposto da M.M..M.A. , che però non è stato esaminato dalla Corte d’appello in quanto ritenuto precluso dalla inesistenza della notificazione dell’atto di appello nei confronti di R..S. .
7.1. L’ordinanza interlocutoria n. 17334 del 2011, della Seconda Sezione, nell’evidenziare la decisività della soluzione della questione relativa alla necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti del venditore nell’ipotesi d’interposizione fittizia dell’acquirente nel contratto di compravendita immobiliare, ha rappresentato un evidente contrasto di o-rientamenti tra un indirizzo che ritiene ineludibile la partecipazione del venditore in virtù dell’effetto dichiarativo della pronuncia di simulazione che si espande sull’intero negozio e un altro che non ne ravvisa la necessità quando il contratto sia stato integralmente eseguito nei confronti del venditore ed egli (o le altre parti) non abbia alcun interesse alla partecipazione al giudizio.
Per il primo orientamento (cui si possono ascrivere le seguenti pronunce: Cass. n. 1589 del 1957; Cass. n. 2801 del 1963; Cass. n. 2170 del 1979; Cass. n. 4940 del 1980; Cass. n. 1388 del 1983; Cass. n. 4011 del 1983; Cass. n 1727 del 1985; Cass. n. 5626 del 1986; Cass. n. 4104 del 1987; Cass. n. 2819 del 1989; Cass. n. 3425 del 1998; Cass. n. 4911 del 1998; Cass. n. 5317 del 1998; Cass. n. 13261 del 1999; Cass. n. 15633 del 2002; Cass. n. 6762 del 2003; Cass. n. 22054 del 2004), infatti, l’integrazione del contraddittorio è indispensabile quando la verifica della simulazione costituisce oggetto diretto di una domanda e non solo di un’eccezione o comunque di un accertamento incidentale, trattandosi di un’esigenza derivante dalla necessità dell’accertamento dell’accordo simulatorio, di natura trilatera, necessariamente da compiersi nei confronti di tutti i partecipi allo stesso in quanto verso tutti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti dichiarativi.
Per il secondo (cui sono riferibili Cass. n. 614 del 1959; Cass. n. 402 del 1960; Cass. n. 3189 del 1962; Cass. n. 3100 del 1963; Cass. n. 1047 del 1967; Cass. n. 3415 del 1968; Cass. n. 3540 del 1972; Cass. n. 3067 del 1974; Cass. n. 3989 del 1974; Cass. n. 4122 del 1975; Cass. n. 15955 del 2009; Cass. n. 26365 del 2010), non è invece indispensabile la presenza in giudizio del venditore in qualità di litisconsorte necessario nella controversia promossa dal terzo nei confronti dell’acquirente dissimulato, quando il contratto sia stato integralmente eseguito nei confronti del venditore medesimo e conseguentemente possa essere escluso ogni suo interesse a conservare quale contraente la persona interposta, anziché la persona reale.
Secondo l’ordinanza interlocutoria l’indirizzo che nega la necessità dell’integrazione del contraddittorio non costituisce un temperamento del precedente ma si pone in netto contrasto con esso. Nel primo si postula l’immanenza dell’interesse del venditore anche a prescindere dai risvolti pratici relativi all’adempimento delle obbligazioni derivanti dal negozio traslativo, per il solo fatto che la pronuncia richiesta al giudice sia funzionale ad un’esigenza di certezza delle relazioni giuridiche, destinata a fare stato nei confronti dell’alienante. Nel secondo si ritiene necessaria la valutazione in concreto di tale interesse.
8. Il Collegio ritiene che la questione – all’esame della quale ben può procedersi in questa sede per evidenti ragioni di economia processuale, dovendosi pertanto disattendere le eccezioni di inammissibilità formulate da ALFA – debba essere risolta nel senso della insussistenza del litisconsorzio necessario.
In primo luogo, tale soluzione risulta predicata, nella giurisprudenza di questa Corte, con riferimento esclusivo alla compravendita per interposizione fittizia di persona nel contratto di compravendita che abbia avuto integrale esecuzione e, conseguentemente, è perfettamente aderente alla fattispecie processuale che ha dato luogo alla rimessione per contrasto di orientamenti a queste Sezioni Unite.
A questa peculiarità deve aggiungersi il rilievo che tale orientamento muove dalla premessa della relatività della scelta interpretativa, in quanto espressamente non riferibile in assoluto ad ogni tipologia di azione di simulazione relativa soggettiva, nella consapevolezza dell’ampia varietà delle operazioni simulatorie, anche nell’ambito della simulazione soggettiva. Si afferma, infatti, che “la necessità di integrazione normalmente vale anche per l’interposizione fittizia di persone, la quale è una delle ipotesi di simulazione relativa. Invero, l’accertamento e la rimozione dell’accordo simulatorio comportano che la dichiarazione di volontà manifestata nel contratto dal contraente (quella del venditore nell’ipotesi di interposizione fittizia del compratore) spiega i suoi effetti nei confronti di un soggetto diverso dall’interposto”. Detta regola – si precisa “non è tuttavia applicabile senza eccezioni, essendo apparsa eccessiva e ingiustificata – e non conciliabile con l’art. 100 cod. proc. civ., a norma del quale per proporre una domanda o per contraddire alla stessa occorre avervi interesse – la estensione necessaria del contraddittorio al venditore nei cui confronti la vendita abbia avuto completa esecuzione e che non abbia da far valere in giudizio alcuna sua ragione in contrasto o in concomitanza con le altre parti in causa” (Così Cass. n. 15955 del 2009).
Tale pronuncia si pone in continuità con decisioni risalenti, nelle quali si afferma che “ove sia escluso ogni interesse del venditore a contestare l’impugnazione del negozio traslativo, cioè a difenderne la sincerità circa la persona dell’altro contraente (…) non è necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’alienante non versandosi in ipotesi di litisconsorzio necessario”. (Cass. n. 3189 del 1962).
L’elemento decisivo ai fini della affermazione o esclusione della necessità del litisconsorzio con il venditore consiste, quindi, nell’interesse del medesimo alle sorti dell’accordo simulatorio destinato all’interposizione fittizia della parte acquirente. In particolare, nella sentenza n. 3100 del 1963, si afferma che, “a differenza che nella simulazione assoluta la quale, importando la nullità del negozio, rende necessario che il giudizio si svolga nei confronti di tutti i partecipi dello stesso, per cui si configura la tipica ipotesi del litisconsorzio necessario, la simulazione relativa non determina la nullità del negozio ma soltanto la sostituzione della persona interposta con quella reale. Ne consegue che l’alienante è normalmente estraneo alla contestazione relativa all’appartenenza della cosa oggetto del negozio. La sua partecipazione al giudizio può essere giustificata solo sulla base di un particolare interesse a conservare quale contraente l’originario stipulante”. E la rilevanza della insussistenza di un interesse del venditore è ribadita nelle successive pronunce nelle quali si legge che “ove sia escluso ogni interesse del venditore a contestare l’impugnativa del negozio, non è indispensabile, ai fini della declaratoria della simulazione, la sua presenza in giudizio, essendo al riguardo interessati solo il compratore apparente e chi vanta il diritto in base al contratto simulato” (Cass. n. 1047 del 1967).
Nella già citata sentenza n. 15955 del 2009, che ha determinato una chiara discontinuità nell’indirizzo ormai stabile della necessità del litisconsorzio, si chiarisce poi esaurientemente che, oltre all’assenza di un interesse diretto del venditore all’esito dell’azione di simulazione, la vendita deve aver avuto integrale esecuzione con il completo versamento del corrispettivo e il perfezionamento dell’effetto traslativo. In questa situazione soltanto il simulato e il dissimulato acquirente sono interessati effettivamente all’esito del giudizio. Solo nei loro confronti la statuizione giudiziale non è inutiliter data. Si afferma, infatti: ‘allorché si tratti solo di accertare (fra interposto, interponente e creditore di quest’ultimo) chi abbia acquistato il bene, la necessità del litisconsorzio non si estende al venditore, quando questi non abbia interesse a contraddire’. L’interposizione fittizia ha sempre carattere strumentale con riferimento al venditore, anche quando l’attore vuole far dichiarare l’inefficacia del negozio simulato, in quanto nei confronti dell’alienante, consapevolmente o per implicito, si richiederebbe esclusivamente l’accertamento incidenter tantum ‘in vista del vero accertamento da compiere ai fini del giudicato, vertente sul diritto acquistato dall’interponente’. Perché l’accertamento dell’interposizione fittizia nei confronti del venditore determini l’esigenza del litisconsorzio necessario occorre che venga dedotto ed allegato il suo interesse, ovvero la sua consapevolezza e volontà di aderire all’accordo simulatorio.
In questa prospettiva, il rilievo dell’interesse concreto ad agire o a contraddire del venditore costituisce una questione rilevabile d’ufficio come tutte le questioni relative alla legittimazione ad agire, costituendo una, anzi la prima condizione dell’azione. Ma la individuazione di questo interesse deriva dalle deduzioni ed allegazioni delle parti sulla natura, il contenuto e l’efficacia dell’accordo simulatorio. Se nessun indizio viene fornito al riguardo ma anzi sia allegata l’integrale esecuzione del negozio traslativo dalla parte dell’alienante, la necessità del litisconsorzio deve escludersi.
9. Orbene, il Collegio ritiene che le argomentazioni sin qui esposte siano pienamente condivisibili e che quelle sottostanti al diverso orientamento, secondo cui il litisconsorzio sarebbe sempre configurabile in caso di azione di simulazione per interposizione fittizia di persona, anche nell’ipotesi in cui il contratto di vendita abbia avuto esecuzione integrale, assumano carattere recessivo.
9.1. In primo luogo, non appare irrilevante la circostanza che anche l’orientamento che sostiene la necessità della partecipazione del venditore al giudizio, esclude tuttavia la necessità del litisconsorzio quando la simulazione venga prospettata in via di eccezione e non di azione. In questo caso si afferma (Cass. n. 5626 del 1986; Cass. n. 869 del 1995; Cass. n. 6762 del 2003) che l’accertamento nei confronti del terzo (alienante) abbia natura esclusivamente strumentale e conseguentemente efficacia incidentale. Ma se una simile soluzione è del tutto coerente con l’orientamento che esclude il litisconsorzio, in linea di principio, anche in caso di azione di simulazione relativa, altrettanto non può dirsi per il diverso orientamento, atteso che il principio del litisconsorzio, in quanto dipendente dalla natura del giudizio, dovrebbe essere insensibile al modo di proposizione della domanda: una contrapposizione di regole di procedura, fondata sul modo in cui ha ingresso in giudizio il tema della simulazione, se per via di azione o di eccezione, appare assai discutibile. Invero, per escludere una situazione di litisconsorzio nel caso in cui la questione venga introdotta in via di eccezione, si sottolinea che l’accertamento oggetto della eccezione deve essere effettuato incidenter tantum. Ma, una volta introdotto questo rimedio logico e ricollegate le regole sull’eccezione al fatto che la stessa debba essere esaminata incidenter, sarebbe sufficiente collegare la necessità del litisconsorzio al contenuto delle domande poste dalle parti e non alla via d’ingresso delle stesse nel giudizio, per escluderne la sussistenza nei riguardi del terzo contraente, quando si tratti solo di accertare, tra interposto e interponente, chi abbia acquistato il bene.
9.2. L’orientamento non condiviso muove dalla considerazione che “l’azione di simulazione relativa tende ad un duplice accertamento: in quanto l’impugnativa è diretta a rimuovere l’apparenza del negozio simulato e a farne dichiarare la giuridica inesistenza ha ad oggetto un accertamento negativo, mentre in quanto è volta a far conoscere l’esistenza dei requisiti di sostanza e di forma idonei a costituire un rapporto diverso ha un contenuto di accertamento positivo: entrambi codesti accertamenti si ricollegano al fine unico di ristabilire la certezza dei rapporti giuridici che costituisce la ragione giustificatrice dell’azione’.
In tal modo, esso sembra prescindere del tutto dall’interesse concreto dell’alienante all’accordo simulatorio, nel senso che ciò che conta è riportare alla luce, con una sorta di effetto erga omnes (ancorché sempre e soltanto nei limiti della capacità espansiva del giudicato) la volontà effettiva delle parti e la ‘verità’ del negozio, trascurandosi del tutto la fase esecutiva del contratto. Ciò si desume, ancorché indirettamente, dalle numerose pronunce che affermano la necessità del litisconsorzio necessario anche nell’ipotesi in cui la domanda sia infondata (Cass. n. 2170 del 1979; Cass. n. 4940 del 1980). La funzione dell’azione di simulazione di ristabilire la certezza dei rapporti giuridici (Cass. n. 4940 del 1980) fa quindi sì che la posizione del terzo contraente (l’alienante nella vendita con interposizione fittizia dell’acquirente) “non si esaurisce nel riconoscimento della funzione semplicemente figurativa dell’acquirente fittizio, ma è rivolta anche all’assunzione di diritti ed obbligazioni nei confronti dell’interponente”.
Ma quali siano questi diritti ed obblighi endocontrattuali dopo il trasferimento del bene e il versamento del prezzo non è agevole comprendere. Invero, l’osservazione secondo cui gli effetti della vendita non si e-sauriscono con il trasferimento del diritto, la consegna della cosa e il pagamento del prezzo ma si estendono alla garanzia per evizione, non appare decisiva, atteso che la garanzia per evizione è conservata in capo al venditore indipendentemente dalla interposizione dell’acquirente, essendo uno strumento di garanzia del compratore nei confronti dei terzi che vantino diritti sulla cosa, non suscettibile di mutare od essere limitato a causa della soggettività mutata dell’acquirente. La lesione all’integrità del diritto di proprietà proviene da un terzo e colpisce l’avente causa dell’atto traslativo, semplicemente per questa sua posizione rispetto all’oggetto del trasferimento e non in correlazione a qualità soggettive.
In sostanza, nella simulazione relativa per interposizione fittizia della persona dell’acquirente, ove siano state adempiute le obbligazioni tipicamente connesse alla causa del negozio (trasferimento del bene e pagamento del corrispettivo) la sentenza che accerti l’interposizione e dichiari che l’interponente è l’effettivo acquirente produce integralmente i suoi effetti ‘utili’ anche in assenza dell’alienante. Dal punto di vista di chi vende la modificazione soggettiva della parte compratrice – salvo eccezioni che devono, però, formare oggetto di specifica allegazione e dimostrazione – è irrilevante e l’accertamento giudiziale in assenza dell’alienante, che non può trarre alcuna utilità (giuridicamente ed economicamente rilevante) dalla dichiarazione di simulazione relativa, rimane integralmente efficace nei confronti dell’interposto e dell’interponente, in quanto uniche parti vincolate dall’intesa simulatoria.
Perché, dunque, l’accertamento dell’interposizione fittizia nei confronti del venditore determini l’esigenza del litisconsorzio necessario occorre che venga dedotto ed allegato il suo interesse, ovvero la sua consapevolezza e volontà di aderire all’accordo simulatorio. Ma la individuazione di questo interesse deriva dalle deduzioni ed allegazioni delle parti sulla natura, il contenuto e l’efficacia dell’accordo simulatorio. Se nessun indizio viene fornito al riguardo ma anzi sia allegata l’integrale esecuzione del negozio traslativo dalla parte dell’alienante, la necessità del litisconsorzio deve escludersi, potendosi al più discutere dell’adempimento del relativo onere probatorio (Cass. n. 3425 del 1998, ritiene infatti che per non far sorgere nel giudice l’obbligo di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del venditore è necessario che venga dedotta e dimostrata “l’inesistenza di ogni interesse dei suddetti alienanti a contestare l’esaminata impugnativa per simulazione dei contratti di cui trattasi“).
9.3. L’affermazione della sussistenza del litisconsorzio necessario a prescindere dall’accertamento dell’interesse in concreto delle parti – e segnatamente dell’alienante – alla partecipazione al giudizio, si fonda anche sul rilievo che la disposizione relativa al litisconsorzio è inderogabile, d’interesse pubblico e la sua valutazione viene logicamente prima del merito.
Siffatta argomentazione appare in contrasto con l’orientamento, elaborati da questa Corte dopo la costituzionalizzazione del principio del giusto processo (art. 111 Cost.), in tema di conseguenze delle lesioni dei diritti processuali. La progressiva affermazione della necessità che la violazione delle regole del giusto processo sia effettiva e determini un vulnus nel diritto di difesa, che deve essere dedotto ed allegato, ha infatti indotto la Corte ad un approccio non dogmatico riguardo alla applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ.. Si è così giunti a non ritenere necessaria la rimessione del processo davanti al giudice del secondo grado per disporre l’integrazione del contraddittorio quando la partecipazione del litisconsorte pretermesso avrebbe determinato esclusivamente una diseconomia temporale, non sussistendo in capo alla parte esclusa alcun interesse attuale a partecipare al giudizio (Cass. 18410 del 2009; Cass. n. 4342 del 2010; Cass. n. 18375 del 2010). Indirizzo, questo, che converge con l’analogo orientamento fondato sulla non utilità e conseguente non necessità del litisconsorzio necessario davanti alla Corte di Cassazione, quando vi sia una ragione di inammissibilità o di manifesta infondatezza che s’impone. (Cass. n. 2723 del 2010; Cass., S.U., n. 6826 del 2010).
La spinta delle interpretazioni costituzionalmente orientate verso l’attuazione effettiva dei principi del giusto processo contenuti nell’art. 111 Cost. è quindi stata realizzata secondo due direttrici, peraltro convergenti: l’obbligo, per la parte, di dedurre ed allegare l’impedimento e la limitazione dell’esercizio del diritto di difesa; il reciproco dovere del giudice di verificare preliminarmente ed officiosamente la sussistenza o la conservazione dell’interesse a contraddire prima di ordinare l’esecuzione di un’attività produttiva di un allungamento dei tempi del processo che l’assenza d’interesse renderebbe ingiustificabile.
In sostanza, l’interesse si coniuga con l’utilità dell’accertamento nei confronti della parte non ancora inclusa nel processo e la natura pubblicistica del litisconsorzio necessario risulta depurata, alla luce dell’esigenza costituzionale di rendere effettiva la tutela giudiziale dei diritti, da principi aprioristicamente ritenuti inderogabili senza essere calati nella realtà processuale ove sono deputati a trovare applicazione. Pertanto, posto che l’accertamento giudiziale e il giudicato hanno la funzione di produrre effetti nella sfera giuridico-patrimoniale delle parti, modificando (o confermando definitivamente) il precedente assetto, ove lo stesso non abbia questa finalità, perché lascia invariati gli interessi di una parte (in senso formale), non vi è la necessità inderogabile di far partecipare questa parte al processo perché così operando si finirebbe per attribuire al giudicato un’efficacia erga omnes, di natura meramente dichiarativa, diversa da quella derivante dall’intangibilità così come definita nell’art. 2909 cod. civ..
Ed è appunto questa la situazione che si verifica con riferimento all’alienante quando il contratto sia stato eseguito e si discuta di simulazione relativa per interposizione fittizia nella persona dell’acquirente.
9.5. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: “nella simulazione relativa della compravendita per interposizione fittizia dell’acquirente, l’alienante non è litisconsorte necessario, se nei suoi riguardi il negozio è stato integralmente eseguito e manca ogni suo interesse a essere parte nel giudizio“.
10. La sentenza impugnata, in accoglimento del primo e del secondo motivo deve quindi essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, la quale, in diversa composizione, procederà a nuovo esame del gravame sulla base dei principi enunciati.
Come detto, il ricorso incidentale condizionato è rigettato.
Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte, decidendo a Sezioni Unite, riunisce i ricorsi, accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
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