ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di contributi da versare alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, la prescrizione decorre dall’invio alla Cassa della dichiarazione dei redditi, anche nel caso in cui contenga dati non conformi a quelli dichiarati al fisco.
Questa la motivazione a sostegno della pronuncia n. 11725 del 15 maggio 2013, con cui la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla Cassa Forense, che invece sosteneva che la prescrizione dei crediti, in caso di trasmissione di dati falsi, decorresse dal momento della conoscenza effettiva dei dati reali, dovendosi applicare lo stesso regime previsto per l’ipotesi di omissione della dichiarazione dei redditi.
Invero, a giudizio della Suprema Corte, l’art. 19 della legge 20 settembre 1980, n. 576, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a seconda che la comunicazione dei dati reddituali dovuta dall’obbligato sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero: solo nel primo caso è escluso il decorso del termine prescrizionale decennale;
in ordine alla seconda fattispecie, invece, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione della menzionata dichiarazione alla cassa previdenziale.
Sul punto si segnala che, in tema di prescrizione dei contributi previdenziali la Suprema Corte si era già pronunziata con sentenza n. 6729 del 18/03/2013, in precedenza già pubblicata sulla rivista, secondo la quale “Per i contributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cui agli artt.17 (ammontare del reddito professionale dichiarato ai fini dell’IRPEF per l’anno precedente) e 23 (analogamente per l’IVA)“.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1730/2009 proposto da:
CASSA FORENSE
– ricorrente –
contro
TIZIO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7122/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/01/2008 r.g.n. 3676/05;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 26.10. 2007 – 31.1.2008, la Corte d’Appello di Roma, confermando la pronuncia di prime cure, ha ritenuto prescritto il credito contributivo azionato dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense nei confronti dell’avv. TIZIO, relativamente ai redditi percepiti dal professionista nell’anno 1987, sul rilievo che il termine di prescrizione, anche in ipotesi di comunicazione di dati reddituali non conformi al vero, decorre, ai sensi della L. n.576 del 1980, art.19, dalla trasmissione della dichiarazione prevista dagli art.17 e 23 della stessa legge.
Avverso tale sentenza della Corte territoriale la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense ha proposto ricorso fondato su tre motivi e illustrato con memoria.
L’intimato TIZIO ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, denunciando violazione di plurime norme di diritto, la ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto che l’omissione della comunicazione e la non conformità al vero della comunicazione, in quanto omissiva della dichiarazione di parte dell’ammontare dichiarato al fisco, sono disciplinate in maniera identica.
Con il secondo motivo, denunciando violazione di plurime norme di diritto, la ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto che, in caso di omissione totale o di dichiarazione non conforme al vero, essa ricorrente non ha la possibilità di far valere il diritto all’esazione dei contributi omessi fino alla conoscenza degli importi effettivamente dichiarati al fisco.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione, sempre in ordine alla statuizione relativa al regime prescrizionale applicabile alla fattispecie.
2. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis c.p.c., è applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr, D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) e anteriormente al 4.7.2009 (data di entrata in vigore della L. n. 68 del 2009) e, quindi, anche al presente ricorso, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata nel suddetto lasso di tempo.
In base all’art. 366 bis c.p.c., nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Secondo l’orientamento di questa Corte la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).
Tale momento di sintesi non è stato formulato in relazione al terzo motivo, che pertanto deve ritenersi inammissibile.
3. I primi due motivi, tra loro connessi, sono infondati, siccome contrari al consolidato orientamento di questa Corte, a cui si è conformata la sentenza impugnata, secondo cui la L. n. 576 del 1980, art. 19, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima, a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta Cassa previdenziale della menzionata dichiarazione (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 9113/2007; 18698/2007; 24414/2008; 6259/2011; 4107/2012).
Non ravvisa il Collegio ragioni per discostarsi dal suddetto orientamento, non contenendo le doglianze all’esame argomenti che già non abbiano trovato riscontro nelle precedenti pronunce di questa Corte.
4. Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 2.050,00 (duemilacinquanta), di cui Euro 2.000,00 (duemila) per compensi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2013
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Numero Protocolo Interno : 288/2013