ISSN 2385-1376
Testo massima
Una procura alle liti sottoscritta con crocesegno o priva del tutto di sottoscrizione non è suscettibile di autenticazione né da parte del difensore, ove rilasciata in calce o a margine dell’atto giudiziale, né, ove rilasciata con atto separato, da alcun pubblico ufficiale, atteso che la sottoscrizione, essendo indispensabile ai fini dell’individuazione dell’autore del documento e costituendo un elemento essenziale dello stesso, deve risultare da segni grafici che indichino, anche in forma abbreviata, purché decifrabile, le generalità del soggetto che conferisce la procura e non è integrata, pertanto, da un segno di croce vergato, ancorché in presenza di testimoni, al posto della firma
Con tale motivazione il Consiglio di Stato, sezione quarta con sentenza del 13/02/2013, n. 908 ha rigettato l’appello, ritenendo corretta la statuizione operata dal giudice di primo grado.
In particolare il Giudice ha richiamato a supporto di tale decisione la decisione della Cassazione, sezione lavoro del 16 aprile 2004, n. 7305, la quale evidenziato che il crocesegno, in quanto non sottoscrizione, insuscettibile di qualsiasi autenticazione, indipendentemente dalla qualità (notaio o altro pubblico ufficiale) di colui che autentica (cfr. Cass. 3 aprile 1998 n. 3426, 15 marzo 2001 n. 3757 e 24 gennaio 2002 n. 844).
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE (SEZIONE QUARTA)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3049 del 2011, proposto da:
T.C.,
contro
COMUNE
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione I, n. 516 del 22 marzo 2011, resa tra le parti, che ha dichiarato inammissibile, per nullità della procura speciale conferita al difensore, il ricorso in primo grado n.r. 225/2011, proposto per l’annullamento del provvedimento comunale in data 13 dicembre 2010 recante acquisizione al patrimonio comunale dell’area di sedime di fabbricato danneggiato dagli eventi sismici del 1980-1981 e ricostruito fuori sito
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Il genitore e dante causa dell’appellante A.C., proprietario di immobile danneggiato dagli eventi sismici campani del 1980-1981, delegava all’Amministrazione comunale di (OMISSIS) la ricostruzione in altro sito, secondo progetto approvato con deliberazione di Giunta municipale n. 34 del 18 marzo 1988.
Con Provv. 13 dicembre 2010 l’Amministrazione ha quindi disposto, ai sensi dell’art.10 comma 8 del D.Lgs. 30 marzo 1990, n. 76, l’acquisizione al proprio patrimonio dell’area di sedime del fabbricato danneggiato e demolito
Con il ricorso in primo grado, T.C., quale avente causa del genitore, deceduto nel 2001, ha impugnato il provvedimento, deducendo che l’area di sedime acquisita, pari a mq. 40,31 è superiore alla superficie assegnata, pari a mq. 22,43
Con la sentenza impugnata, il giudice amministrativo salernitano, accogliendo eccezione pregiudiziale formulata dalla difesa dell’Amministrazione comunale, ha dichiarato inammissibile il ricorso in relazione alla nullità della procura speciale conferita al difensore, costituita da crocesegno, che, ancorché apposto dall’interessata, dichiaratasi analfabeta, alla presenza di testimoni, dinanzi a funzionario comunale, non poteva costituire oggetto di autenticazione da parte del difensore, secondo orientamento ivi richiamato della Corte di Cassazione; il T.A.R. ha peraltro evidenziato l’infondatezza del ricorso nel merito sul rilievo che l’acquisizione dell’area di sedime dell’immobile danneggiato e demolito, ricostruito in altro sito, non implica, in difetto di diversa pattuizione, che l’area di sedime dell’immobile ricostruito debba essere di analoga dimensione.
Con l’appello, nel quale la procura speciale è stata conferita per atto pubblico notarile, mediante dichiarazione raccolta alla presenza di testimoni, l’appellante deduce:
1) Contraddittorietà della motivazione, per aver il T.A.R. rilevato l’inammissibilità e cionondimeno valutato il ricorso nel merito;
2) Incompetenza del Comune di (OMISSIS), perché secondo la planimetria catastale l’immobile aveva estensione di mq. 40,31, onde non è vero quanto sostenuto nelle difese di prime cure dell’amministrazione comunale che il progettista avesse erroneamente indicato la sua superficie nella predetta misura;
3) Eccesso di potere del Comune di (OMISSIS), perché la delega alla ricostruzione non poteva comportare la ricostruzione di fabbricato di dimensioni inferiori a quelle dell’immobile danneggiato;
4) Violazione dell’art. 10 comma 8 D.Lgs. 30 marzo 1990, n. 76 – Eccesso di potere, perché è infondato che l’area di sedime da acquisire, in difetto di pattuizione diversa, possa essere determinata in modo indipendente dalla superficie dell’immobile ricostruito.
In conclusione l’appellante, in riforma della sentenza gravata e previo annullamento del provvedimento di acquisizione, chiede la condanna dall’Amministrazione comunale al pagamento d’indennizzo spettante in relazione alla differenza tra la superficie di cui è disposta l’acquisizione e quella dell’immobile ricostruito
Il Comune di (OMISSIS), costituitosi in giudizio, ribadita l’inammissibilità del ricorso in primo grado per nullità della procura conferita al difensore, evidenziando che per l’appello essa è stata invece ritualmente formalizzata per atto pubblico di notaio, rileva che solo per evidente errore nel progetto di ricostruzione risultava indicata superficie pari a mq. 40.31, laddove proprio in base alla scheda catastale in scala 1:200 essa era in effetti di mq. 29,70, non essendo stata in ogni caso mai impugnata la deliberazione giuntale di approvazione del progetto e assegnazione, e in via incidentale chiede la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del giudizio, compensate in primo grado.
All’udienza pubblica del 12 febbraio 2013 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
2.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, confermandosi la sentenza gravata.
2.1) Sotto un primo profilo pregiudiziale, appare corretta la statuizione relativa alla nullità della procura speciale, e quindi la rilevata carenza di valido mandato ad litem, poiché secondo orientamento condivisibile della Suprema Corte il c.d. crocesegno non è suscettibile di autenticazione da parte del difensore (secondo Cass. Sez. Lav., 16 aprile 2004, n. 7305, secondo cui “Una procura alle liti sottoscritta con crocesegno o priva del tutto di sottoscrizione non è suscettibile di autenticazione né da parte del difensore, ove rilasciata in calce o a margine dell’atto giudiziale, né, ove rilasciata con atto separato, da alcun pubblico ufficiale (nella specie, impiegato comunale), atteso che la sottoscrizione, essendo indispensabile ai fini dell’individuazione dell’autore del documento e costituendo un elemento essenziale dello stesso, deve risultare da segni grafici che indichino, anche in forma abbreviata, purché decifrabile, le generalità del soggetto che conferisce la procura e non è integrata, pertanto, da un segno di croce vergato, ancorché in presenza di testimoni, al posto della firma”; nello stesso senso, Sez. Lavoro, 19 agosto 2004, n. 16226, e per più risalente affermazione Cass., Sez. II, 14 maggio 1994, n. 4178).
2.2) Peraltro, ove anche si ritenesse di poter superare i rilievi processuali ostativi che precedono, il ricorso in primo grado, come pure evidenziato ad abundantiam dal T.A.R. campano, il provvedimento impugnato era atto strettamente vincolato e consequenziale a seguito dell’avvenuta assegnazione al dante causa dell’appellante di altro immobile, ricostruito in altro sito.
Anzi, sotto tale aspetto, deve rilevarsi che il successivo atto di acquisizione non introduce ex se alcuna lesione, riconducibile invece proprio alla deliberazione giuntale di approvazione del progetto e assegnazione dell’unità immobiliare da ricostruire, poi effettivamente realizzata e consegnata al dante causa dell’appellante, essendo questo il provvedimento che ha determinato l’attribuzione di una unità di superficie inferiore a quella danneggiata e demolita.
3.) In conclusione, l’appello in epigrafe deve essere rigettato, siccome infondato.
4.) Sussistono nondimeno giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese anche del giudizio d’appello, essendo state già compensate quelle del giudizio di primo grado.
PQM
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull’appello in epigrafe n.r. 3049/2011:
1) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione I, n. 516 del 22 marzo 2011;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese ed onorari del giudizio d’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 147/2013
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