ISSN 2385-1376
Testo massima
La prescrizione del credito della CASSA forense per contributi non pagati dagli avvocati, inizia a decorrere dalla data di trasmissione dei dati alla Cassa medesima e non dall’effettiva conoscenza che il reddito imponibile dell’anno di riferimento era superiore a quello dichiarato.
Fissare la decorrenza della prescrizione al diverso termine in cui la CASSA viene a conoscenza dei maggiori redditi, introdurrebbe nell’ordinamento una pericolosa incertezza ed un indubbio margine di arbitrio sui tempi dei controlli.
La Corte ha cosi bocciato la tesi prospettata dalla CASSA forense secondo cui, la prescrizione del credito, quando si tratta di dati non conformi al vero, decorre dalla data di conoscenza che il reddito effettivo imponibili risulta superiore a quello dichiarato.
La Suprema Corte ha affermato tale principio (conformandosi alla decisione adottata in data 14/03/2012 n.4107) rilevando che tenuto conto che la CASSA ha in ogni momento la possibilità di acquisire informazioni dal Fisco, l’ignoranza del titolare del diritto costituisce impedimento “di mero fatto” e non incide sulla prescrizione.
Il caso
La CASSA di previdenza e assistenza forense notificava all’avv. GIALLO, nel 2002, cartella di pagamento relativa ai contributi non pagati relativamente agli anni dal 1987 al 1989.
L’avv. GIALLO impugnava la predetta cartella di pagamento ma il Tribunale rigettava la domanda.
Avverso tale decisione l’avv. GIALLO proponeva opposizione.
La Corte, in riforma della sentenza di prime cure, accoglieva parzialmente il gravame, ritenendo che per i contributi relativi agli anni 1987 e 1988 fosse maturata la prescrizione mentre confermava la debenza per i contributi relativi all’anno 1989.
In particolare, secondo il giudice di merito, premesso che la prescrizione era decennale sino al 01/01/1996 (e solo successivamente quinquennale), considerato che la richiesta da parte della CASSA era stata effettuata in data del 24/11/1999, rilevava la prescrizione relativamente agli anni 1987 e 1988 mentre riteneva non decorso il termine prescrizionale per l’anno 1989.
Avverso tale decisione, la CASSA proponeva ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro, violazione dell’art.19 comma 2 Legge 76/80 in riferimento all’art.17 della stessa legge, nonché dell’art.2935 cc e difetto di motivazione, sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice del merito, la prescrizione, quando si tratta di dati non conformi al vero, non decorrerebbe dalla data di trasmissione dei dati alla CASSA ma dalla data di conoscenza che il reddito effettivo imponibile era superiore a quello dichiarato.
Resisteva in giudizio l’avv. GIALLO con controricorso e ricorso incidentale con cui denunziava violazione dell’art.3 comma 10 Legge 335/95 in relazione all’art.19 legge 576/80 sostenendo che sarebbero stati prescritti anche i contributi dell’anno 1989 in quanto la prescrizione era ormai quinquennale.
La decisione
La Corte ha rigettato entrambi i ricorsi e stante la reciproca soccombenza ha compensato le spese del giudizio.
Invero, secondo la Corte, come risulta da ormai consolidata giurisprudenza, l’ignoranza del titolare del diritto costituisce mero impedimento di fatto a farlo valere, tale per cui non può incidere sulla prescrizione, atteso che, la CASSA ha, in ogni momento, la possibilità di acquisire informazioni dal fisco.
Invero, sebbene si deve convenire sulla, obiettiva, difficoltà della CASSA di procedere agli accertamenti reddituali, in ragione del numero sempre più elevato di iscritti, tuttavia la normativa non ha subito modifiche per cui, la decorrenza del termine prescrizionale è rimasta determinata ex art.17 e 23 dalla legge del 1980, al momento della data di trasmissione della dichiarazione reddituale alla CASSA previdenziale.
La decisione è conforme alla precedente decisione della Corte, adottata in data 14/03/2012, n.4107, secondo la quale “La Legge 20/09/1980, n.576, art.19, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt.17 e 23 della citata legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusone del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione”.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE;
RICORRENTE
contro
AVV. GIALLO
INTIMATA
Avverso la sentenza n.3739/2009 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 10/03/2010 R.G.N. 6198/2004.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma, riformando la statuizione di primo grado accoglieva parzialmente la opposizione proposta dall’avv. GIALLO avverso la cartella di pagamento notificata nel 2002, dalla CASSA di previdenza e assistenza forense relativa ai contributi non pagati per gli anni dal 1987 al 1989, ritenendo che si fosse maturata per il 1987 ed il 1988 e confermando la debenza di quelli del 1989 per euro 1981,92.
La Corte, escussi i testi non ascoltati in primo grado, affermava che da dette deposizioni risultava effettivamente la difformità tra le dichiarazioni reddituali inviate alla CASSA e quelle inviate al fisco.
Riteneva poi che la prescrizione, decorresse dalla trasmissione dei dati reddituali alla CASSA, di talchè, per gli anni 1987 e 1988 era già decorso il termine decennale, alla data della richiesta della CASSA del 24/11/1999.
Per le differenze contributive dell’anno 1989 la prescrizione invece non era maturata, in quanto i dati erano stati trasmessi alla Cassa il 22/06/1990 e la prescrizione era divenuta quinquennale dal 01/01/1996, per cui il relativo termine non era decorso alla data del 24/11/1999.
Avverso detta sentenza la CASSA ricorre con tre motivi, illustrati da memoria.
Resiste l’avv. GIALLO con controricorso e ricorso incidentale con due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il PRIMO, SECONDO e TERZO MOTIVO del ricorso principale, denunziando violazione dell’art.19 comma 2 Legge 76/80 in riferimento all’art.17 della stessa legge, nonché dell’art.2935 cc e difetto di motivazione, si sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la prescrizione non decorrerebbe dalla data di trasmissione dei dati alla CASSA nel caso in cui questi non siano conformi al vero, ma decorrerebbe dalla data di conoscenza che il reddito effettivo imponibile dell’anno di riferimento era superiore a quello dichiarato.
Il ricorso principale non merita accoglimento.
È stato infatti più volte affermato (da ultimo Cass. Sez. 6 L, ordinanza n. 6259 del 2011) che l’ignoranza del titolare del diritto costituisce impedimento di mero fatto a farlo valere e quindi non incide sulla prescrizione, anche tenendo conto del fatto che la CASSA ha in ogni momento la possibilità di acquisire informazioni dal fisco;
ed infatti, ancorché si debba convenire sulla difficoltà per la CASSA di procedere agli accertamenti reddituali dei suoi iscritti, stante il numero sempre più rilevante, resta che la normativa non è stata modificata in ragione dell’ampliamento della platea degli assicurati, per cui, la decorrenza del termine prescrizionale è rimasta determinata ex art.17 e 23 dalla legge del 1980, mentre fissarla dal diverso termine in cui la CASSA viene a conoscenza dei maggiori redditi, introdurrebbe nell’ordinamento una pericolosa incertezza ed un indubbio margine di arbitrio sui tempi dei controlli;
Questa Corte peraltro si è già espressa in tal senso con la sentenza n.9113 del 17/04/2007 in cui si è affermato che la Legge 20/09/1980, n.576, art.19, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della CASSA nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt.17 e 23 della citata legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusone del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione”.
A tale indirizzo la Corte intende dare continuità, onde il ricorso principale va rigettato;
Va parimenti rigettato il ricorso incidentale.
È infatti infondato il PRIMO MOTIVO, con cui il professionista si duole che sia stata ammessa in appello la prova testimoniale sulla difformità tra i redditi dichiarati e quelli risultanti dalle dichiarazioni rese al fisco.
Infatti su questa questione vi era già in atti la lettera del 31/01/2001 depositata dalla CASSA, con cui questa aveva contestato la difformità dei dati e la prova testimoniale richiesta e ammessa era solo diretta ai chiarimenti su questa complessa documentazione.
Esisteva quindi una pista probatoria che i Giudice d’Appello hanno correttamente seguito.
Infondato è anche il SECONDO MOTIVO in cui, denunziando violazione dell’art.3 comma 10 Legge 335/95 in relazione all’art.19 legge 576/80, si sostiene che sarebbero stati prescritti anche i contributi dell’anno 1989, giacché la prescrizione era ormai quinquennale ed il termine era stato interrotto con la richiesta del 24/11/1999.
Si rileva in contrario che il termine diviene decennale solo dal primo gennaio 1996, onde al momento dell’atto interruttivo il quinquennio non era ancora decorso.
Si è infatti affermato (Cass. Sez. U., Sentenza n.6173 del 07/03/2008 a composizione del contrasto di giurisprudenza insorto) che “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, la disciplina posta dall’art.3, commi 9 e 10, della Leggen.335 del 1995 comporta che, per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore di detta legge salvi i casi in cui il precedente termine decennale di prescrizione venga conservato per effetto di denuncia del lavoratore, o dei suoi superstiti, di atti interruttivi già compiuti o di procedura di recupero iniziate dall’istituto previdenziale nel rispetto della normativa preesistente il termine di prescrizione è quinquennale a decorrere del 01/01/1996, potendo, però, detto termine, in applicazione della regola generale di cui all’art.252 disp. att. cc, essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente”.
Entrambi i ricorsi vanno quindi rigettati e la reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese
PQM
La Corte rigetta i ricorsi e compensa le spese.
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Numero Protocolo Interno : 2/2012