ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con sentenza n. 21420 del 30/11/2012, pronunciandosi in materia di accertamenti tributari, ha ritenuto legittimo l’accertamento effettuato sul conto corrente bancario della moglie casalinga di un professionista, precisando che il contribuente deve provare che la singola operazione non è imputabile all’attività del marito.
Nel caso di specie, il Ministero dell’economie e delle finanze e l’Agenzie delle entrate hanno proposto ricorso per cassazione avverso la decisione pronunciata dalla Commissione Tributaria regionale che aveva confermando la decisione del giudice di prime cure aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di una casalinga, moglie di un professionista esercente attività commerciale.
La Commissione Tributaria Regionale riteneva, invero, che la presunzione di cui agli artt. 37 Dpr 600/1973 non assurgeva a prova certa non potendosi escludere che alcune movimentazioni registrate sul conto fossero state compiute dal coniuge nel proprio interesse.
La Corte, ha accolto il ricorso precisando che, in questo caso il contribuente avrebbe dovuto dare prova certa che il versamento o il prelievo fosse stato fatto con risorse proprie della moglie.
Invero, nel rispetto di principi più generali affermati in sede di legittimità “in tema di accertamento delle imposte, l’art. 32 n.7 del d.P.R. n.600/1973 e l’art. 51 del d.P.R. 633/1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti, sulla base di elementi indiziari” o quando comunque “l’ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziari raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di evasione ,fiscale” (cfr. Corte cass. V sez. 12.1.2009 n. 374).
Ne consegue, in ordine alla distribuzione dell’onere probatorio che, una volta dimostrata la pertinenza alla società dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma al contrario la corretta interpretazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/73 impone al contribuente di dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa (cfr. Corte cass. V sei. 24.9.2010 n. 20199)
Tanto premesso rileva il Collegio che il disconoscimento della efficacia probatoria dei dati rilevati dalle movimentazioni del conto corrente bancario intestato al familiare, contrasta con i precedenti giurisprudenziali di questa Corte che, tanto in relazione agli accertamenti fiscali in materia di imposte sui redditi. quanto in materia IVA (art. 51co2 n. 7 Dpr n. 633/1972), hanno ritenuto la piena legittimità delle indagini bancarie estese ai conti bancari di terzi, reputando che lo stretto rapporto familiare, o la ristretta composizione societaria, o ancora il particolare vincolo commerciale che lega il terzo al contribuente, integrano elementi indiziari sufficienti a giustificare, salvo prova contraria, la, riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari intestati agli indicati soggetti.
La sezione tributaria ha dunque ritenuto che tutti i prelievi e i versamenti fatti dal professionista sul conto della moglie casalinga e priva di reddito proprio potessero essere ricavi in nero del marito, tale per cui il contribuente avrebbe dovuto dare prova certa che il versamento o il prelievo fosse stato fatto con risorse proprie della moglie.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 16400-2006 proposto da
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE
CONTRO
S.P.
avverso la sentenza n. 78/2005 della COMM.TRIB.REG. di GENOVA, depositata il 13/04/2005
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 13.4.2005 n. 78 la Commissione tributaria della regione Liguria ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio di Genova 2 della Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza di prime cure che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di S.P. esercente di attività commerciale, con il quale erano stati recuperati ad’le imponibile IRPEF per l’anno 1993 maggiori redditi determinati in misura pari agli accrediti ed addebiti risultanti dal conto corrente intestato al coniuge A.T.
I Giudici territoriali hanno disconosciuto la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza ex art. 2729 c.c. negli elementi indicati dalla Amministrazione finanziaria a supporto della riferibilità al contribuente delle somme transitate sul conto del coniuge, in quanto nel caso di specie, la presunzione di cui all’art. 37 dpr n. 600/1973 non assurgeva a prova certa, non potendo escludersi che talune movimentazioni registrate sul conto fossero state compiute dal coniuge nel proprio interesse, e dunque non fossero imputabili all’esercizio dell’attività aziendale del marito
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione
deducendo un unico motivo, il Ministero della Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate con atto ritualmente notificato al contribuente ed all’incaricato della difesa tecnica presso il domicilio eletto ai sensi dell’art. 17 Dlgs n. 546/1992.
Non ha resistito l’intimato.
Con ordinanza collegiale in data 9.6.2010 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo “nella perdurante vigenza……della sospensione del giudizio prevista dall’art. 3 comma 2 bis DL 25.3.2010 cone. nella legge n. 7312010…”.
La causa è pervenuta in decisione alla odierna udienza
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Questioni pregiudiziali e preliminari
Va rilevato che la causa è pervenuta in decisione alla odierna udienza non essendo pervenuta alla Cancelleria della corte alcuna attestazione dell’Agenzia delle Entrate in ordine l’eventuale perfezionamento del procedimento di condono di cullelegA . 73/2010.
1.2. Deve essere preliminarmente dichiarata “ex officio” l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per difetto di legittimazione attiva, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello svolto avanti la CTR della Liguria che risulta introdotto esclusivamente dall’Ufficio di Genova della Agenzia Mit) dntrate, in data successiva all’1.1.2001 subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte l’Amministrazione statale. con conseguente implicita estromissione dalla causa della stessa ex ari. I I I coi c.p.c. (cfr. Corte cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3116 e 3118).
In difetto di costituzione dell’intimato non occorre provvedere sulle spese di lite
2.Esame e valutazione dei motivi del ricorso_principale
2.1 La Agenzia delle Entrate impugna la sentenza di appello deducendo i seguenti vizi di legittimità:
– violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 37 Dpr n. 600/1973, nonché dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360co1 n. 3) c.p.c.;
vizio di omessa od insufficiente motivazione su punti decisi della controversia in relazione all’art. 360co1 n. 5) c.p.c
2.2 La parte ricorrente sostiene che la CTR ligure ha omesso di esaminare e valutare gli elementi indiziari che emergevano dal PVC redatto dalla Guardia di Finanza e notificato al contribuente in data 7.5.1999, ed in particolare costituiti :
1-dalla frequenza e notevole entità delle somme movimentate sul conto del coniuge;
2-dalla assenza di redditi propri dichiarati dal coniuge, che svolgeva attività di casalinga;
3-dalla mancanza di giustificazioni fornite dal coniuge in ordine alle predette movimentazioni ed alla provenienza delle relative somme;
4-dalla modestissima entità dei ricavi dichiarati per gli anni 1993 e 1994 dalt,ibuente, che appariva inattendibile in relazione allo specifico settore commerciale (prodotti tessili).
Inoltre ha aggiunto che i Giudici di merito avevano riconosciuto sostanzialmente fondata la ricostruzione operata dai verbalizzanti, avendo ritenuto imputabili a ricavi d’impresa tutti i prelievi e gli addebiti risultanti da altro conto cointestato ad entrambi i coniugi
3. 1 motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati
3.1 La CTR ligure dopo aver affermato che spetta alla Amministrazione finanziaria fornire la prova della interposizione fittizia per attribuire al contribuente redditi formalmente intestati a terzi, ha poi applicato la regola iuris -con la quale è stata decisa la controversia- secondo cui la prova presuntiva della fìttizietà della intestazione dei conto corrente offerta dalla PA era inficiata da “elementi di incertezza nei lenti costitutivi” essendo “altamente probabile che la titolare del conto abbia effettuato prelievi per sé, ossia indipendenti dalla azienda del marito”, e non avendo pertanto fornito la Amministrazione finanziaria la prova certa della imputabilità a reddito di impresa dei singoli prelievi registrati sul conto intestato al coniuge.
3.2 L’argomentazione logica svolta dalla CTR a supporto della decisione contrasta con i principi di diritto enunciati da questa Corte in materia di riparto di onere della prova e risulta altresì affetta anche dal vizio logico denunciato
3. 3 Questa Corte ha ripetutamente affermato che “in tema di accertamento delle imposte, l’art. 32 n. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e l’art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente testati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti atr dito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti, sulla base di elementi indiziari” (cfr. Corte cass. V sez. 17.6.2002 n. 8683 -con specifico riferimento a conto corrente intestato al coniuge del contribuente-; id. V sez. 21.12.20′ . 27032) o quando comunque “l’ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziari raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di evasione ,fiscale” (cfr. Corte cass. V sez. 12.1.2009 n. 374)
La prova della interposizione fittizia o fiduciaria nella intestazione dei conti/depositi o comunque la prova della pertinenza delle movimentazioni bancarie ad operazioni commerciali o finanziarie riconducibili alla attività di impresa svolta dal contribuente è diretta a dimostrare -anche mediante mera argomentazione logica fondata su presunzione semplice ex art. 2729 c.c.: arg, ex art. 37co3 Dpr n. 600/1973- la “riferibilità” di detti movimenti alla produzione di ricavi non contabilizzati, e dunque a consentire l’applicazione delle predette presunzioni legali di accertamento del maggior reddito imponibile salvo che il contribuente sia in grado di dimostrare di aver tenuto conto -nelle dichiarazioni presentate- degli importi rilevati nei conti/depositi ovvero non ne giustifichi la omessa indicazione in quanto riferibili ad operazioni non imponibili (cfr. in tal senso: Corte cass. V sez. 24.9.2010 n. 20197 -in materia di imposte indirette- ed id. V sez. 24.9.2010 n. 20199 -in materia di imposte dirette- secondo cui “l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata ai c ‘ni Formalmente intestati all’ente, ma riguarda anche quelli formalmente intestati ai soci amministratori o procuratori generali, allorché risulti provata dall’Amministrazione finanziaria. anche tramite presunzione, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei corni medesimi o di alcuni loro singoli dati)
Ne consegue in ordine alla distribuzione dell’onere probatorio che, una volta dimostrata la pertinenza alla società dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma al contrario la corretta interpretazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/73 impone al contribuente di dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa (cfr. Corte cass. V sei. 24.9.2010 n. 20199)
3.4 Tanto premesso rileva il Collegio che il disconoscimento della efficacia probatoria dei dati rilevati dalle movimentazioni del conto corrente bancario intestato al familiare, ai fini dell’accertamento del maggior reddito imponibile, e la conseguente disapplicazione della prova presuntiva ex artt. 32co l n. 2) e 37co3 Dpr n. 600/73, da parte della CTR figure, contrasta con i precedenti giurisprudenziali di questa Corte che, tanto in relazione agli accertamenti fiscali in materia di imposte sui redditi (art. 32co1 n. 7 Dpr n. 60011973). quanto in materia IVA (art. 51co2 n. 7 Dpr n. 633/1972), hanno ritenuto la piena legittimità delle indagini bancarie estese ai conti bancari di terzi (come ad es. nel caso di congiunti della persona fisica. dell’ amministratore e/o del socio della società contribuente), reputando che lo stretto rapporto familiare, o la ristretta composizione societaria, o ancora il particolare vincolo commerciale che lega il terzo al contribuente, integrano elementi indiziari sufficienti a giustificare, salvo prova contraria, la, riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari intestati agli indicati soggetti (cfr. Corte cass. Wsez. n. 1728/1999, id. 17.6.2002 n. 8683, id. 12.9.2003 n. 13391 -con riferimento a società di capitali-, id. n. 6743/2007, id. 7.9.2007 n. 18868, id. 21.12.2007 n. 27032, id. 12.1.2009 n. 374, id. 30.12.2009 n. 27947 -secondo tali pronunce il mero -rapporto familiare.’ è sufficiente ad inferire la riferibilità al contribuente delle movimentazioni rilevate su conti formalmente intestati ai congiunti. fatta salva sempre la prova contraria-, id. 4.8.2010 n. 18083 -con riferimento a conti intestati ai congiunti dell’amministratore di società di persone; id. 24.9.2010 n. 20199 -con riferimento alla imputazione a ricavi della ‘società di capitali delle movimentazioni rilevati sui conti intestati agli amministratori, ai soci od i procuratori generali)
La più recente giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio intende conformarsi, non esonera, pertanto, la Amministrazione finanziaria dalla necessità della prova presuntiva in ordine alla riferibilità alla società delle somme movimentate sui conti intestati ai terzi, ma afferma piuttosto che tale prova va rinvenuta nel requisito di serietà e gravità dell’elemento indiziario costituito dallo stretto legame parentale, che, unitamente ad altri elementi significativi desunti dalle circostanze del caso concreto, converge alla formazione della prova concludente della condotta evasiva (cfr. in termini, Corte cass. V sez. n. 18083/2010 cit.)
3.5 Nella specie tali ulteriori significative circostanze che, come chiarito da questa Corte possono trovare aggancio anche in elementi sintomatici come il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’attività di impresa compatibile con la produzione di utili, incombendo in ogni caso sul contribuente la prova che le ingenti somme rinvenute sui conti dei familiari non siano a lui riferibili (cfr. Corte cass. V sez. 6.12.2011 n. 26173), debbono rinvenirsi negli stessi elementi indicati PVC, notificato al contribuente, ed al quale l’avviso di accertamento fa espresso rinvio (l- frequenza e notevole entità delle somme movimentate sul conto intestato al coniuge; 2- assenza di redditi propri dichiarati dal coniuge, che svolgeva attività di casalinga; 3- mancanza di giustificazioni fornite dal beniuge e dal contribuente in ordine alle predette movimentazioni ed alla provenienza delle relative somme; 4- esigua entità dei ricavi dichiarati per gli anni 1993 e 1994 dal contribuente, tale da apparire inattendib./ in relazione alla specifica attività commerciale esercitata -prodotti tessili-), elementi indiziari che i Giudici di merito hanno omesso del tutto di esaminare e valutare, avendo arrestato il proprio percorso motivazionale al rilievo preliminare della mancata prova certa fornita dalla PA della riferibilità di ogni singola movimentazione bancaria registrata ul conS de1 coniuge ad operazioni economiche svolte nell’esercizio della impresa commerciale. Rilievo preliminare, come visto, fondato su una erronea applicazione della regola di distribuzione dell'”onus probandi” atteso che, una volta dimostrata la pertinenza al soggetto contribuente dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma al contrario la corretta interpretazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/73 impone alla società contribuente di dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa (cfr. Corte cass. V sez. 24.9.2010 n. 20199).
4. In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa per nuovo esame ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Liguria che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell?interno e delle Finanza;
– accoglie il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Liguria che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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Numero Protocolo Interno : 121/2012