ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20312 del 20/11/2012, ha chiarito quale deve essere il “contenuto del ricorso per cassazione” ex art.366 cpc.
La questione trae origine da una lite insorta innanzi il Giudice di Pace per una causa di risarcimento danni da incidente stradale.
Accolta la domanda in primo grado, il Giudice condannava la convenuta compagnia di assicurazione e il responsabile civile, al risarcimento dei danni nonché al pagamento delle spese processuali.
La decisione, gravata da impugnazione del responsabile civile, con riferimento alla liquidazione delle spese, veniva parzialmente riformata dal Tribunale.
Avverso tale decisione veniva proposto ricorso per cassazione per violazione, tra l’altro, dell’art.91 cpc, comma 1 e art.92 cpc, comma 2 (nuova formulazione) in relazione all’art.360 cpc, nn.3 e 5.
La Corte di Cassazione adita, ha rigettato il ricorso.
In particolare, i giudici si sono soffermati, sul contenuto della formulazione dei quesiti, cosi come proposti, affermando l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art.366 bis cpc, atteso che detta norma impone, nella formulazione del quesito di diritto, sia l’indicazione della “regola iuris” adottata nel provvedimento, sia del diverso principio che si assume corretto, non potendosi rinviare, nell’esposizione del quesito, alla esposizione del motivo di ricorso, precisando, altresì, che la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile.
Ed infatti, afferma la Corte, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis cpc consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della censura, finalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto.
Del pari, secondo la Corte, “la chiara indicazione” richiesta dall’art. 366 bis cpc in relazione all’art. 360 n. 5 cpc, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente destinata, da cui risulti non solo “il fatto controverso” ma anche – se non soprattutto – “la decisìvità” del vizio, e cioè le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Tale requisito non può, dunque, ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure.
La Corte ha inoltre precisato che nell’ipotesi di plurime censure in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art.360 cpc, come quelle proposte dal presente ricorso, occorre che il motivo si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto.
Orbene nel caso di specie mancano tutti i requisiti, posto che i quesiti risultano incomprensibili ad una lettura autonoma dalla precedente esposizione del motivo, ai cui contenuti (inammissibilmente) rinviano; neppure indicano quali affermazioni in diritto della sentenza siano in contrasto con le disposizioni asseritamente violate e affidano, infine, a questa Corte l’individuazione del principio di diritto da applicare al caso concreto.
Alla luce di tali principi e, uniformandosi all’orientamento già espresso in altre pronunce (Sez. Unite, 1 ottobre 2007, n.20603; Cass. ord., 18 luglio 2007, n.16002; Cass. ord. 7 aprile 2008, n.8897, Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002), la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore della compagnia di assicurazioni.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7-2008 proposto da:
S.G.;
RICORRENTE
contro
COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI;
CONTRORICORRENTE
e contro
I.R.;
INTIMATO
avverso la sentenza n. 8346/2007 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 27/08/2007, R.G.N. 11525/2006;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 7/20 giugno 2005, il Giudice di pace di Napoli accoglieva la domanda di risarcimento danni da incidente stradale proposta da S.G. nei confronti di I.R. e della COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI (brevemente anche “OMISSIS”, oggi OMISSIS.), condannando i convenuti al pagamento della somma di Euro 1.500,00 oltre interessi e delle spese processuali, liquidate in Euro 135,00 per spese vive, in Euro 880,00 per diritti e Euro 680,00 per onorario, oltre spese generali I.V.A. e C.P.A. con attribuzione al procuratore antistatario, avv. Giulio Licenziati.
La decisione, gravata da impugnazione della S. relativamente alla liquidazione delle spese, era parzialmente riformata dal Tribunale di Napoli, il quale, con sentenza in data 5 luglio/27 agosto 2007, condannava la COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI al pagamento della ulteriore somma di Euro 136,54 per esborsi e di Euro 12,76 per diritti, oltre l’integrazione per rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. con attribuzione al procuratore antistatario; compensava interamente le spese processuali tra la S. e la COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI e dichiarava non ripetibili le spese della S. nei confronti dell’altro appellato, I.R., rimasto contumace.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione S. G., svolgendo due motivi, illustrati anche da memoria.
La COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI (risultante dalla fusione per incorporazione di OMISSIS e OMISSIS – OMISSIS) ha depositato controricorso, oltre il termine di cui all’art.370 cpc.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte di I. R..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’inammissibilità del controricorso, perchè inoltrato per la notifica (in data 10.04.2008) oltre il termine fissato dall’art.370 cpc (decorrente dalla notificazione del ricorso in data 13.02.2007), comporta che non può tenersi conto del controricorso medesimo, ma non incide sulla validità ed efficacia della procura speciale rilasciata a margine di esso dal resistente al difensore, che ha, pertanto, legittimamente partecipato alla discussione orale (cfr. ex multis Cass. n. 11619/2010).
1.1. Con il PRIMO motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art.91 cpc, comma 1 e art.92 cpc e della tariffa in vigore dal 1.4.95 e dal 26.6.06 in relazione all’art.360 cpc, nn.3 e 5.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “accerti codesta Ecc.ma Corte Suprema se vi è stata violazione degli artt.91 e 92 cpc e della tariffa professionale del 1.4.95 e del 2.6.04 (rectius D.M. 8 aprile 2004) come sopra abbiamo esposto ed enunci, a norma dell’art. 384 cod. proc. civ. il principio di diritto nell’interesse della legge, al quale il giudice del merito avrebbe dovuto attenersi, liquidando tutte quelle voci della tariffa che competevano, con esclusione, solo, di quelle ritenute non pertinenti o esagerate”; inoltre con riferimento all’art.360 cpc, n. 5 si evidenzia che “il Tribunale ha omesso completamente di indicare le ragioni o le motivazioni per le quali molte voci sono state detratte e, quindi, tale mancanza rende inidonea e insufficiente a giustificare la decisione adottata e, come tale, va revocata“.
1.2. Con il SECONDO motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art.91 cpc, comma 1 e art.92 cpc, comma 2 (nuova formulazione) in relazione all’art.360 cpc, nn.3 e 5.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “accerti codesta Ecc.ma Corte Suprema se vi è stata violazione dell’art.91 cpc, comma 1 e art.92 cpc, comma 2 nuova formulazione, come sopra abbiamo esposto ed enunci, a norma dell’art. 384 cod. proc. civ. il principio di diritto nell’interesse della legge, al quale il giudice del merito avrebbe dovuto attenersi, condannando la Società assicuratrice al pagamento delle spese e competenze del giudizio di appello a favore della concludente e con attribuzione al procuratore procedente per dichiarazione resa in tal senso in quel giudizio di appello“;
inoltre con riferimento all’art.360 cpc, n.5 si evidenzia che “il Tribunale ha indicato delle ragioni inidonee a giustificare la decisione presa per la compensazione integrale delle spese e competenze del giudizio di appello ed anche contraddittorie, sia perchè il gravame è stato accolto al 50% dal Tribunale e sia perchè le detrazioni effettuate non sono giuste ed esatte, come abbondantemente, abbiamo messo in risalto nel capo precedente di questo ricorso e come tale il Tribunale non poteva adottare quel provvedimento così drastico a carico della concludente”.
2. Il ricorso, avuto riguardo alla data della pronuncia della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009), è soggetto alla disciplina di cui agli artt.360 cpc e segg. come risultanti per effetto del cit. D.Lgs. n.40 del 2006;
si applica, in particolare, l’art.366 bis cpc, stante l’univoca volontà del legislatore di assicurarne ultra- attività (ex multis, cfr. Cass. 27 gennaio 2012, n.1194), atteso che la norma resta applicabile in virtù dell’art. 27, comma 2 del cit. D.Lgs. ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che rilevi la sua abrogazione, a far tempo dal 4 luglio 2009, ad opera della L. 18 giugno 2009, n.69, art.47, comma 1, lett. d), in forza della disciplina transitoria dell’art. 58 di quest’ultima.
In particolare è stato evidenziato che in un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis cpc prima parte consiste nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della censura, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. ord. 24 luglio 2008, n.20409 e più di recente Cass. 5 luglio 2011, n. 14771).
Mentre “la chiara indicazione” (c.d. quesito di fatto) richiesta dalla seconda parte dell’art. 366 bis cpc in relazione al n.5 dell’art.360 cpc, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, da cui risulti non solo “il fatto controverso” in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ma anche – se non soprattutto – “la decisìvità” del vizio, e cioè le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (cfr. Sez. Unite, 1 ottobre 2007, n.20603; Cass. ord., 18 luglio 2007, n.16002; Cass. ord. 7 aprile 2008, n.8897).
Tale requisito non può, dunque, ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002).
2.1. Ciò posto e precisato, altresì, che nell’ipotesi di plurime censure in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art.360 cpc, come quelle proposte dal presente ricorso, occorre che il motivo si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31 marzo 2009, n. 7770), sì osserva che nessuno dei quesiti di diritto o c.d. di fatto a corredo dei motivi all’esame risponde ai requisiti sopra indicati.
2.2. Va qui ribadito che il quesito di diritto di cui all’art.366 bis cpc deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo.
La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. civ., Sez. 3, 30/09/2008, n.24339).
Orbene nel caso di specie mancano tutti e due questi requisiti, posto che i quesiti risultano incomprensibili ad una lettura autonoma dalla precedente esposizione del motivo, ai cui contenuti (inammissibilmente) rinviano; neppure indicano quali affermazioni in diritto della sentenza siano in contrasto con le disposizioni asseritamente violate e affidano, infine, a questa Corte l’individuazione del principio di diritto da applicare al caso concreto.
Anche le censure di omessa o contraddittoria motivazione risultano prive di un idoneo passaggio riassuntivo del fatto controverso e della connotazione di “decisività” del vizio dedotto, genericamente enunciando parte ricorrente l’omessa motivazione su “molte voci” (cfr. primo quesito “di fatto”) ovvero sollecitando un intervento in sovrapposizione di questa Corte sulle ragioni della compensazione (cfr. secondo quesito “di fatto”).
3. Alle considerazioni che precedono, comunque assorbenti, si ritiene opportuno aggiungere – con più specifico riferimento al primo motivo – che l’astrattezza del quesito di diritto e l’inadeguatezza di quello c.d. di fatto altro non sono che il riflesso dell’inammissibilità del motivo che – lungi dal prospettare l’erronea ricognizione della norma di legge, postulando un problema di interpretazione delle tariffe – profila l’incompleta verifica da parte del giudice del merito dell’attività svolta dal procuratore e degli esborsi effettuati, richiedendo un accertamento in fatto che è inconciliabile con la stessa natura del giudizio di Cassazione.
3.1. Merita, altresì, osservare – con riferimento al secondo motivo – che il richiamo al disposto dell’art.92 cpc, nella sua “nuova formulazione” è, comunque, manifestamente infondato, poichè alla fattispecie si applica il regime anteriore alla sostituzione del comma 2 dell’art.92 cit. ad opera della L. 28 dicembre 2005, n.263, art.2 (cfr. D.L. 30 dicembre 2005, n.273, art.39 quater, convertito, con modif., nella L. 23 febbraio 2006, n. 51), che – come è noto – ha introdotto la previsione dell’obbligo di esplicitazione dei “giusti motivi” sui quali sì fonda la compensazione delle spese.
La norma, entrata in vigore il 1 marzo 2006, si applica, infatti, ex art. 2, comma 4 della legge cit. ai procedimenti instaurati successivamente a quella data, mentre il presente giudizio è stato introdotto con atto notificato in data 11 maggio 2004 e rinnovato il 17 luglio 2004, come si legge nella sentenza impugnata.
Peraltro – considerato che il Tribunale ha motivato la compensazione delle spese del grado con il “limitato accoglimento del gravame” – la statuizione si rivela conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art.92 cpc, comma 2) sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti ovvero (come nel caso di specie) anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo (Cass. 21 ottobre 2009, n. 22381).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con esclusione, per quanto evidenziato sub 1., del compenso relativo al controricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore della COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI in Euro 800,00 oltre accessori come per legge.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 109/2012