ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione, con sentenza n.15660 del 15/07/2011, analizza la problematica inerente le modalità di partecipazione al concorso fallimentare in caso di subentro nella titolarità del credito ammesso al passivo.
La questione trae origine dal ricorso presentato da un creditore concorsuale il quale, dopo aver acquistato un credito, che era già stato ammesso al passivo, veniva escluso dal piano di riparto.
In particolare, secondo il parere del GD prima e del Tribunale poi, nonostante il creditore avesse correttamente dedotto di avere acquistato i crediti concorsuali, non aveva poi insinuato il proprio credito al passivo fallimentare ex art.101 Legge Fallimentare.
La Corte, cassando la decisione del Tribunale, ha accolto il ricorso precisando che il mero mutamento soggettivo nella titolarità di un credito già ammesso al passivo è di fatto una RETTIFICA FORMALE dello stato passivo, il quale non modifica le regole del concorso.
Invero, spiegano gli ermellini, il cessionario di un credito concorsuale già ammesso al passivo non è tenuto a presentare domanda di insinuazione ex art.101 Legge Fallimentare, attesa la mancanza di novità del credito ed alla luce del nuovo testo dell’art.115, secondo comma, legge fall. risultante dalle modifiche apportate dai d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e 12 settembre 2007, n. 169, che espressamente individua le modalità di partecipazione al riparto nelle ipotesi di mero mutamento soggettivo nella titolarità di un credito già ammesso.
Con la decisione in esame, sembra essere stata risolta, in senso negativo, l’annosa controversia esistente in dottrina e giurisprudenza, in merito alla necessità di una insinuazione al passivo tardiva da parte del cessionario del credito ritenendo che l’art.115 Legge Fallimentare sia applicabile nella nuova formulazione anche ai fallimenti previgenti l’entrata in vigore della norma, operando così una interpretazione estensiva dell’art.115 ai fallimenti vecchio rito in deroga alla disciplina transitoria.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1088/2010 proposto da:
BANCA;
RICORRENTE
contro
FALLIMENTO SRL;
INTIMATO
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di PAVIA, depositato il 14/10/2009;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il decreto impugnato (depositato il 14.10.2009) il Tribunale di Pavia, pronunciando sul reclamo Legge Fallimentare, ex art. 26, proposto da BANCA avverso il decreto con il quale il Giudice Delegato del Fallimento aveva reso esecutivo il nono piano di riparto parziale escludendo i crediti di BANCA ROSSO SPA. e CASSA GIALLO SPA, originariamente ammessi al passivo della procedura rispettivamente per Euro 493.255,31, Euro 537.714,43 e ulteriori Euro 387.342,67 Legge Fallimentare ex art.71, sul presupposto che i medesimi risultavano in altro modo estinti, ai sensi della Legge Fallimentare art.118, ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva della reclamante.
La reclamante aveva dedotto che con atto del 19.6.2002 BANCA ROSSO SPA e CASSA GIALLO SPA si erano fuse per incorporazione in BANCA SPA.
Pertanto, BANCA SPA agiva nella sua qualità di Società incorporante BANCA ROSSO SPA e CASSA GIALLO SPA e BANCA SPA deduceva l’illegittimità e/o l’irritualità del provvedimento di esclusione dal nono piano di riparto affermando che il credito doveva essere rimosso dallo stato passivo solo mediante l’esperimento dei giudizi di opposizione Legge Fallimentare ex art.100, o di revocazione Legge Fallimentare, ex art.102, non essendo a tal fine sufficiente la comunicazione del Curatore che aveva dichiarato ex art.1304 cc, che intendeva approfittare di una transazione conclusa dalla banca in data 29.5.1996.
La reclamante sosteneva un’interpretazione dell’accordo difforme da quella resa dal Curatore ed aveva concluso affermando che i crediti insinuati al passivo del Fallimento non si erano estinti.
Aveva chiesto, pertanto, l’accertamento dell’illegittimità dell’unilaterale modifica dello stato passivo e dei connessi atti della Curatela e la dichiarazione di nullità o l’annullamento del decreto datato 5.5.2009 che aveva reso esecutivo il piano di riparto, disponendosi che nella predisposizione della futura ripartizione si tenesse conto del credito di BANCA ROSSO SPA e CASSA GIALLO SPA nella misura ammessa allo stato passivo.
Ha osservato il Tribunale che la reclamante – nonostante avesse dedotto di avere acquistato i crediti di BANCA ROSSO SPA e CASSA GIALLO SPA a seguito di fusioni per incorporazioni avvenute nell’anno 2002 – non aveva insinuato il proprio credito al passivo fallimentare Legge Fallimentare, ex art.101, come richiesto, nei casi di cessione o di surrogazione, dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, tanto che i pagamenti dei precedenti riparti erano stati eseguiti in favore di BANCA ROSSO SPA e CASSA GIALLO SPA, originari creditori.
Secondo il giudice del merito la circostanza che la Legge Fallimentare, art.26, preveda che chiunque abbia interesse può proporre reclamo comporta un’estensione della legittimazione a soggetti terzi che subiscono dal provvedimento del giudice delegato una lesione dei propri diritti ma in tema di ripartizione dell’attivo, tuttavìa, di un pregiudizio di tal genere se ne possono dolere solamente i creditori ammessi allo stato passivo.
Il Tribunale, inoltre, ha evidenziato che dalle vicende processuali relative all’azione revocatoria intentata dal Fallimento nei confronti di BANCA ROSSO SPA emergeva che nel corso del processo la banca convenuta si era fusa per incorporazione in BANCA SPA attuale reclamante, e pertanto era stata dichiarata l’interruzione del giudizio che poi era stato riassunto nei confronti della società incorporante; quest’ultima si era costituita in data 2.7.2003 e aveva dichiarato di avere conferito a BANCA SPA l’intero patrimonio di BANCA ROSSO SPA; il 20.10.2004, BANCA SPA si era costituita nel medesimo procedimento confermando di essere titolare del credito, a seguito dell’avvenuta cessione.
Omissis
Infine, in data 22.5.2009, BANCA SPA, aveva proposto ricorso avverso il decreto di esecutività del nono piano di riparto assumendo di essere titolare dei crediti di BANCA ROSSO SPA e CASSA GIALLO SPA ammessi al passivo del Fallimento.
Con decreto del 13.7.2009, il Tribunale aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva di BANCA SPA, e avverso tale provvedimento era stato proposto ricorso per Cassazione.
Talchè, allo stato, nessuna delle due banche reclamanti era certa di avere acquistato i crediti oggetto della controversia.
Contro il decreto la BANCA SPA ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con memoria ex art.378 cpc.
La curatela fallimentare intimata non ha svolto difese.
2.1.- Con il PRIMO MOTIVO la banca ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dei previgenti artt.2501, 2504, nonchè del previgente e vigente art.2504 bis, R.D.L. 12 marzo 1936, n.375, art.57 (T.U.B.), Legge Fallimentare, art.26, e art.111 Cost..
Deduce che BANCA SPA, è succeduto a BANCA ROSSO SPA e CASSA GIALLO SPA in forza di fusione per incorporazione ex art.2501 cc, e segg., e R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art.57 (T.U.B.). Si tratta di una successione a titolo universale con estinzione degli Istituti di credito originariamente ammessi allo stato passivo del Fallimento, talchè sarebbe inapplicabile la giurisprudenza richiamata nel provvedimento impugnato.
2.3.- Con il SECONDO MOTIVO parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della Legge fallimentare, artt.26, 93, 97 e 101 e art.115, comma 2, dell’art.2909 cc e dell’art.24 Cost..
Deduce che se l’accertamento endofallimentare circa l’esistenza del credito, la sua entità, la validità ed efficacia del titolo da cui esso deriva ed all’esistenza di eventuali cause di prelazione ha un’efficacia assimilabile al giudicato, deve escludersi che colui che sia a qualsiasi titolo subentrato al creditore ammesso allo stato passivo debba a sua volta presentare domanda tardiva Legge fallimentare, ex art.101, non sussistendo in alcun modo i presupposti di una nuova disamina circa la sussistenza del credito.
Ciò sarebbe confermato anche dal nuovo testo della Legge Fallimentare, art.115.
3.- Il SECONDO MOTIVO di ricorso è fondato e il suo accoglimento comporta l’assorbimento delle rimanenti censure.
Il giudice del merito si è conformato all’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale “il subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità di un credito concorsuale già ammesso al passivo in seno ad una procedura fallimentare non dispensa il nuovo creditore dall’onere di presentare domanda di insinuazione, Legge Fallimentare, ex art.101, a prescindere dalla causa del subingresso (cessione di credito ovvero surrogazione “ex lege” in favore del terzo che abbia eseguito il pagamento) , poiché la definitiva ammissione al passivo fallimentare, risultando finalizzata alla realizzazione del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, postula una valutazione del credito non nella sua astratta oggettività, ma riferita ad un ben determinato soggetto, la cui concreta individuazione non è irrilevante per il debitore che, in caso di errore, è esposto al rischio della mancata liberazione dall”obbligazione” (Cass., sez. 1 del 2 luglio 1998, n. 6469, n.516898, Cass., sez. 1′, 26 luglio 2002, n.11038, n.556265).
L’origine del predetto orientamento giurisprudenziale va individuata nella prima pronuncia emessa ex professo in materia dalla S.C. la quale, in mancanza di una specifica disposizione legislativa, aveva affermato che “la tutela del credito, già ammesso al passivo e poi ceduto, poteva essere richiesta dal cessionario non con la mera notificazione al fallimento della cessione, ma mediante la insinuazione tardiva, ai sensi della Legge fallimentare, art.101” (Sez. 1°, n.13221/1991).
Tale principio è stato successivamente esteso dalla giurisprudenza di legittimità all’ipotesi della surrogazione, anche legale.
Peraltro, anche dopo la pronuncia ora ricordata, una parte della giurisprudenza di merito ha continuato a ritenere non necessaria l’insinuazione al passivo del cessionario del credito e una parte della dottrina ha sottoposto a critiche l’orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass., n.13221/1991, evidenziando la mancanza della “novità” del credito, ai fini dell’insinuazione tardiva, e ritenendo sufficiente la notifica dell’atto di cessione al curatore.
Più di recente questa Corte, pur senza prendere posizione sulla necessità dell’insinuazione tardiva, ha, però, puntualizzato che il pagamento con surrogazione “ha il limitato effetto di soddisfare il creditore originario senza liberare il debitore, con la conseguenza che il rapporto obbligatorio non si estingue e il solvens si sostituisce al creditore originario subentrando nel medesimo rapporto, sì che il credito mantiene il suo carattere concorsuale, senza che per effetto della successione nella titolarità dello stesso si determini danno per i creditori, perchè il pagamento del creditore principale non viene effettuato con denaro della massa, ma del fideiussore, e perchè nel concorso nulla viene a modificarsi per quanto concerne i rapporti tra i creditori” (Sezione 1′ – 11 settembre 2007, n. 19097).
E’ noto, peraltro, che il nuovo testo della Legge fallimentare, art.115, introdotto dal D.Lgs. n.5 del 2006, prevede, al secondo comma, che il curatore, se prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, “attribuisce le quote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, unitamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l’intervenuta cessione”, provvedendo, poi, alla “rettifica formale” dello stato passivo.
Inoltre, il D.Lgs. correttivo del 12 settembre 2007 n.169 ha introdotto nella Legge Fallimentare, art.115, comma 2, un’ulteriore norma in virtù della quale le stesse disposizioni previste per il pagamento dei crediti ceduti si applicano anche “in caso di surrogazione del creditore”.
E’ stato escluso, così, l’onere di insinuazione al passivo anche per il fideiussore che abbia eseguito il pagamento dopo il fallimento.
In tal modo il legislatore – come ha evidenziato la dottrina – ha inteso eliminare il dibattito in ordine alla necessità della insinuazione al passivo generalmente in via tardiva – nelle ipotesi di mero mutamento soggettivo nella titolarità di un credito già ammesso al passivo.
Con il nuovo Legge fallimentare, art.115, comma 2, sembra, dunque, che il legislatore abbia preso posizione nel dibattito innanzi riferito, confermando l’orientamento della prassi seguito fino alla pronuncia della S.C. prima richiamata.
E’ da ritenere, in altri termini, che anche per i fallimenti regolati dalla disciplina previgente sia applicabile il meccanismo previsto dal nuovo Legge fallimentare, art.115, comma 2, che espressamente individua le modalità di partecipazione al riparto nelle ipotesi di mero mutamento soggettivo nella titolarità di un credito già ammesso, con esclusione della necessità di nuova insinuazione al passivo da parte del cessionario, così come, pur in mancanza di un’espressa disciplina, avevano già ritenuto la dottrina e una parte della giurisprudenza di merito.
La riprova di ciò va vista nella parte del nuovo enunciato normativo, là dove si afferma che il curatore procede alla mera “rettifica formale” dello stato passivo.
Una conferma, quindi, che “nel concorso nulla viene a modificarsi per quanto concerne i rapporti tra i creditori” (Sezione 1′ – 11 settembre 2007, n. 19097).
Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato con rinvio per nuovo esame e per il regolamento delle spese al Tribunale di Pavia in diversa composizione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese, al Tribunale di Pavia, in diversa composizione.
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Numero Protocolo Interno : 37/2011