ISSN 2385-1376
Testo massima
Con la sentenza in rassegna la Corte di cassazione, uniformandosi alla giurisprudenza più recente (Cass., n.21977 del 2011, n. 8138 del 2011, n. 1213 del 2010), ha ribadito che la mancanza di una o più pagine nella copia dell’atto processuale notificato assume rilievo solo se abbia impedito al destinatario della notifica la reale comprensione dell’atto e, quindi, compromesso in concreto le garanzie della difesa e del contraddittorio.
Invero, pur dovendo il giudice accertare, in concreto, se la suddetta mancanza abbia effettivamente impedito al destinatario della notifica la completa comprensione dell’atto e, quindi, leso il suo diritto di difesa, laddove l’atto processuale sia comprensibile non si è in presenza di un motivo di inammissibilità dello stesso, atteso che controparte avrebbe potuto prendere visione dell’originale depositato.
Alla luce di tale decisione si dovrà concretamente valutare l’eventuale pregiudizio al diritto di difesa e del contraddittorio.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SS CALCIO;
RICORRENTE
contro
G.M.;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 4629/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/11/2009 R.G.N. 5815/2006;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 4629/09 depositata il 5 novembre 2009, rigettava l’appello proposto dalla S.S. CALCIO nei confronti di G.M. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, del 15 febbraio 2006.
2. Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, era stato adito dalla suddetta società in sede di opposizione ad atto di precetto, notificatole dal G., fondato su sei effetti cambiari.
Il Tribunale, previo provvedimento di sospensione della procedura esecutiva, rimetteva le parti dinanzi al Tribunale, sezione lavoro, assegnando termine per la riassunzione. Il giudizio veniva riassunto dal G., mentre la società restava contumace.
3. La Corte d’Appello, in via preliminare, rigettava l’eccezione di nullità dell’atto di riassunzione notificato, sollevata con riguardo al fatto che lo stesso era mancante di due pagine.
Sempre in via preliminare, rigettava il dedotto difetto di giurisdizione dell’AGO, sollevato con riguardo alla sussistenza di clausola compromissoria.
Nel merito, rigettava l’impugnazione, atteso che la tesi dell’appellante era sfornita di prova.
4. Per la cassazione della suddetta sentenza resa in grado di appello ricorre la società S.S. CALCIO, prospettando due motivi di ricorso.
5. Resiste con controricorso il G..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il PRIMO motivo di ricorso è prospettata contraddittorietà ed insufficiente motivazione relativamente al motivo afferente la nullità dell’atto di riassunzione notificato, con violazione e falsa applicazione di legge.
La decisione del giudice di appello sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità e sovvertirebbe l’onere della prova ponendo a carico di esso ricorrente l’esame degli originali degli atti depositati nel fascicolo.
1.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n.21977 del 2011, n.8138 del 2011, n. 1213 del 2010), con orientamento al quale si intende dare continuità, la mancanza di una o più pagine nella copia dell’atto processuale notificato assume rilievo solo se abbia impedito al destinatario della notifica la comprensione dell’atto e, quindi, compromesso in concreto le garanzie della difesa e del contraddittorio.
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione di questo principio ritenendo, avuto riguardo sia alla sua provenienza che all’oggetto della domanda che l’atto di riassunzione dell’opposizione fosse comprensibile e che, dunque, non essendosi in presenza di un motivo di inammissibilità dell’atto di riassunzione, l’opponente avrebbe potuto prendere visione dell’originale depositato.
Nè ciò, dal momento che la possibile visione dell’originale non è indicato dal giudice di merito come elemento sanante, potrebbe alterare “l’onere della prova”(recte: la posizione processuale delle parti) potendo, invece, l’opponente, come affermato dal giudice dell’appello, rendere rilevante la suddetta mancanza, chiedendo termine per integrare le proprie difese. Nè la ricorrente dice quale concreta lesione del suo diritto di difesa abbia apportato la lacuna testuale in discorso.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la fondatezza della opposizione e l’errata valutazione del Tribunale, in ordine alla istruttoria espletata, delle risultanze processuali, dei documenti allegati e della normativa vigente.
Essa ricorrente aveva assolto alle proprie obbligazioni e il resistente non aveva più nulla a ricevere. La dichiarazione liberatoria di quest’ultimo, mai contestata, lasciava intendere che ogni obbligazione era stata assolta.
I principi di diritto relativi alla letteralità e alla astrattezza dei titoli di credito non escludono, infatti, che data la prova, da parte di chi appare come promittente un pagamento, della inesistenza della obbligazione, spetta a chi si afferma comunque creditore la indicazione di un diverso rapporto sottostante che giustifichi il credito, in quanto il principio della astrazione processuale posto dall’art.1998 cc non può intendersi nel senso che al debitore compete la impossibile prova dell’assenza di qualsiasi altra ipotetica ragione di debito ulteriore rispetto a quella di cui abbia dimostrato l’insussistenza.
Esso ricorrente aveva dedotto l’insussistenza del rapporto sottostante per avere integralmente adempiuto a tutte le obbligazioni nascenti dal contratto di ingaggio nei confronti dell’opposto, limitatamente alla stagione di effettiva esecuzione, e che le cambiali erano state chieste al G. a garanzia della puntualità dei pagamenti, e mai restituite.
Erroneamente la Corte d’Appello non aveva ritenuto che la dichiarazione liberatoria, successiva all’emissione dei titoli in questione, aveva contenuto confessorio rispetto all’integrale pagamento dell’esatto corrispettivo pattuito, relativo alla stagione 2001/2002, e dovuto sino al giugno 2002. Il rilascio dei titoli cambiari era avvenuto con l’impegno della restituzione alla fine del rapporto instauratosi con la società e dopo aver percepito quanto stabilito. La restituzione degli effetti, una volta adempiuta l’obbligazione, era stato promessa ma non effettuata.
Il giudice di merito non dava alcun spiegazione della ragione dei titoli in questione. Mentre è provato che il G. aveva ricevuto assegni per la somma di cui al contratto di ingaggio, nulla è stato provato circa la ragione per cui sarebbero state dovute somme maggiori di quelle stabilite.
Infine, il ricorrente deduce l’inattendibilità dei testi che avevano proposto analogo giudizio nei confronti di essa appellante (per uno di loro, già definito con rigetto sia in primo grado che in appello).
2.1. E preliminare un breve riepilogo della vicenda che ha dato origine ai contenzioso in esame.
I titoli cambiari in base ai quali veniva iniziata l’esecuzione da parte del G., venivano rilasciati dalla S.S. CALCIO, dopo la stipulazione di un contratto sportivo tra le parti, di durata triennale, sottoscritto il 6 agosto 2001.
Il rapporto contrattuale in questione veniva risolto in anticipo, e nel giugno 2002 interveniva un accordo risolutivo tra le parti. In data 11 giugno 2002 il G. sottoscriveva quietanza liberatoria.
Nella prospettazione della parte appellante, i suddetti titoli erano stati rilasciati a garanzia di quanto pattuito con il contratto sportivo e, pertanto, a seguito dell’accordo risolutivo e della relativa quietanza liberatoria, nulla andava corrisposto. Nella prospettazione della parte appellata, gli stessi erano stati rilasciati in occasione della sottoscrizione della quietanza liberatoria come una sorta di buonuscita per i mancati futuri introiti contrattuali.
La Corte d’Appello, premessa l’irrilevanza della circostanza che i titoli di credito rechino una data anteriore alla risoluzione del rapporto (in quanto gli stessi potevano essere stati consegnati in occasione dell’accordo transattivo, pur recando una data anteriore, avevano scadenza successiva e non erano stati chiesti in restituzione), pone in luce, da un lato, la mancanza di atti scritti dai quali risultasse che le cambiali fossero state rilasciate a garanzia del pagamento delle obbligazioni contrattuali di cui all’accordo transattivo, dall’altro la inammissibilità della prova testimoniale articolata tardivamente solo nel corso del giudizio di secondo grado (tale ultima statuizione non costituisce oggetto di ricorso per cassazione).
Ritiene, quindi, anche in ragione di dichiarazioni scritte acquisite in atti, mai specificamente contestate dalla società sportiva ed emesse da colleghi procuratori del G., con le quali venivano chiarite le modalità di emissione delle cambiali in occasioni delle dichiarazioni liberatorie (la vicenda aveva coinvolto anche loro), che il rilascio dei titoli, con scadenza successiva alla risoluzione del rapporto, dimostrava l’esistenza di ulteriori crediti, distinti e separati da quelli della stagione conclusa, e maturati successivamente all’atto di quietanza.
Le doglianze della ricorrente, peraltro del tutto generiche in ordine all’inattendibilità dei testi, dunque, non possono trovare accoglimento.
Ed infatti, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (ex multis, Cass. n.2357 del 2004, n.9716 del 2000).
3. Il ricorso deve essere rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 50,00 per esborsi, Euro tremila/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2012.
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Numero Protocolo Interno : 26/2012