Il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione di somme indebitamente sottratte assolve al proprio onere probatorio, ex art. 2697 c.c., soltanto se riesce a dimostrare l’assenza di una specifica autorizzazione delle operazioni che intende contestare, precisando le ragioni per le quali ritiene non dovuti i pagamenti effettuati in favore di terzi.
In mancanza, non è provata l’inesistenza della “causa debendi”, elemento costitutivo dell’azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c..
Il correntista che disconosce le operazioni riportate negli estratti conto sul presupposto di non averli mai ricevuti, al fine di ottenere la ripetizione di somme che ritiene versate indebitamente, deve dimostrare di aver contestato gli accrediti in favore di terzi di cui sia venuto a conoscenza.
Questi sono i principi di diritto espressi dalla Corte d’Appello di Napoli, sez. terza, Pres. Giordano – Rel. D’Avino, con sentenza del 10.05.2016.
La vicenda processuale trae origine dall’azione di ripetizione promossa da una correntista nei confronti della Banca presso la quale intratteneva un rapporto di conto corrente, al fine di ottenere la restituzione di tutte le somme – asseritamente – indebite che risultavano sottratte dal conto corrente, oltre interessi sul dovuto fino al soddisfo e risarcimento dei danni, subiti e subendi, nonché il maggior danno ex art. 1224 c.c.; il tutto da determinarsi a seguito di CTU, previa adozione di ordine di esibizione – nei confronti della Banca – di tutta la documentazione relativa al rapporto dedotto in lite, sul presupposto che non avrebbe mai ricevuto la consegna degli estratti conto relativi al conto corrente oggetto di causa e che, a seguito di verifiche contabili, si era avveduta di un ammanco di un’ingente somma, rispetto al quale la Banca non avrebbe fornito alcuna giustificazione.
L’istituto di credito, costituitosi in giudizio, ha eccepito in primis la nullità dell’atto di citazione poiché assolutamente generico allegando tutte le schede-movimento e gli estratti conto relativi al conto corrente intrattenuto dall’attrice presso la sua filiale, così da comprovare tutte le relative movimentazioni sino alla data della sua estinzione.
La banca ha anche evidenziato una serie di disposizioni effettuate dalla correntista al fine di dimostrare la regolarità della gestione del conto stesso, e l’infondatezza dell’avversa pretesa concludendo per la declaratoria di nullità dell’atto di citazione ed, in ogni caso, per il rigetto della domanda con esso proposta.
In primo grado, superata la preliminare eccezione di nullità dell’atto di citazione mediante la concessione di integrazione ex art 164 c.p.c., veniva accolta la linea del correntista ed in particolare, l’istituto di credito convenuto, veniva condannato alla restituzione degli importi richiesti, oltre interessi legali dalla maturazione al saldo, nonché alla rifusione delle spese di lite.
Tale sentenza veniva appellata dalla Banca che, conseguita la sospensione dell’efficacia esecutiva, ha ottenuto l’accoglimento dell’appello ed il rigetto delle ragioni della correntista con condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
La Corte di merito ha ribaltato l’esito del giudizio di primo grado ed ha assunto una decisione nettamente favorevole per la Banca appellante, in applicazione del generale principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., secondo cui “spetta a colui che agisce in giudizio a titolo di ripetizione di indebito (o anche al fine di chiedere la rideterminazione dei rapporti di dare-avere tra le parti) provare l’ammontare degli indebiti da restituire o da espungere dal conto”.
Nel caso di specie, il Tribunale di primo grado ha rigettato la richiesta di esibizione di documentazione formulata dall’attore, nonché la richiesta di CTU, ed ha deciso la causa con la sentenza oggetto di gravame, senza che il correntista avesse dato prova dell’assenza di una specifica autorizzazione alle operazioni contestate e riportate in conto corrente.
I giudici di merito, con tale decisione, ribadiscono un principio già ampiamente condiviso sia dalla giurisprudenza di merito che di legittimità in materia di ripartizione dell’onere probatorio, secondo cui, in tema di ripetizione di indebito oggettivo, grava sull’attore l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda e, dunque, l’inesistenza o il venir meno della causa debendi.
In considerazione di tali valutazioni, il Collegio ha accolto l’appello proposto dalla Banca ed ha condannato gli appellati al pagamento delle spese processuali evidenziando che parte attrice, in primo grado, non ha assolto all’onere probatorio che imponeva di provare l’insussistenza di una valida “causa debendi” in merito a tutte le operazioni contestate.
Il Collegio ha, quindi, ribadito che la prova della causa debendi, sia pure parziale, incombe sull’attore e ciò in quanto la stessa rappresenta un elemento costitutivo (unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale) della domanda di indebito oggettivo e, dunque, la relativa prova incombe sull’attore anche mediante fatti positivi contrari, ovvero presuntivi.
Sul medesimo argomento si segnalano le seguenti decisioni:
RIPETIZIONE INDEBITO BANCARIO: GRAVA SULL’ATTORE L’ONERE DI DIMOSTRARE IL FONDAMENTO DELLA PRETESA
IL CORRENTISTA DEVE PROVARE, OLTRE AL FATTO MATERIALE DELL’AVVENUTO PAGAMENTO, L’INESISTENZA O IL VENIR MENO DELLA CAUSA DEBENDI
Sentenza Tribunale di Verona, dott. Vittorio Carlo Aliprandi 22-05-2014 n. 1134
INDEBITO OGGETTIVO PARZIALE: L’ONERE DELLA PROVA INCOMBE SULLA PARTE CHE AGISCE
L’ESISTENZA DELL’INDEBITO OGGETTIVO DIPENDE DALLA MANCANZA ORIGINARIA E SOPRAVVENUTA DI QUALUNQUE CAUSA GIUSTIFICATIVA DEL PAGAMENTO
Sentenza Cassazione civile, sezione terza 14-05-2012 n. 7501
USURA BANCARIA: È ILLEGITTIMA LA CTU SE LA PARTE NON HA FORNITO LA PROVA DI QUANTO ASSUME VIOLATO
È ONERE DELLA PARTE DIMOSTRARE L’AVVENUTO SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA ANCHE MEDIANTE LA PRODUZIONE DEI DECRETI E DELLE RILEVAZIONI DELLA BANCA DI ITALIA
Sentenza Tribunale di Latina, dott. Raffaele Miele 28-08-2013 n. 19154
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