Provvedimento segnalato dall’Avv. Andrea Fioretti del Foro di Roma
Il correntista che agisce in giudizio per l’accertamento negativo del debito nei confronti dell’istituto di credito, in considerazione delle somme indebitamente versate alla banca a titolo di interessi anatocistici e/o usurari, oltre che di commissioni e spese asseritamente non dovute, ha l’onere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2697 c.c., di provare i fatti posti a base della domanda, vale a dire dimostrare l’esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa rispetto alle quali l’applicazione degli interessi anatocistici e/o usurari, oltre che di commissioni e spese asseritamente non pattuite, avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti.
L’onere probatorio va assolto mediante la produzione, oltre che degli estratti di conto corrente relativi a tutto il periodo contrattuale, anche e soprattutto dei contratti di conto corrente.
La carenza probatoria non può essere colmata in giudizio mediante l’ordine di esibizione, rivolto alla banca, della documentazione contrattuale, considerato che tale istanza deve ritenersi inammissibile qualora l’ordine abbia ad oggetto documenti direttamente accessibili dalla parte ex art. 119 TUB, quindi documenti che la parte – nel diligente assolvimento dell’onere probatorio su di essa gravante – avrebbe dovuto acquisire stragiudizialmente prima del giudizio e dunque allegare agli atti di causa.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Agrigento, dott. Andrea Illuminati, con la sentenza n. 969 del 20 giugno 2016.
Nel caso di specie, la società attrice conveniva in giudizio la banca con cui intratteneva rapporto di conto corrente, esponendo che nel corso del rapporto l’istituto bancario aveva fatto applicazione di interessi ultralegali, anatocistici e con tassi superanti la soglia usuraria di cui alla L. n. 106/1998, nonché addebitato commissioni di massimo scoperto e spese non dovute. Chiedeva, quindi, alla luce delle nullità riscontrate, la restituzione delle somme illegittimamente calcolate a debito, il tutto con il favore delle spese di lite.
La banca convenuta, costituitasi, sosteneva l’inammissibilità della domanda di ripetizione dell’indebito avanzata dalla controparte, per essere il rapporto di conto corrente ancora aperto alla data di notifica dell’atto di citazione, ed evidenziava, altresì, la totale infondatezza della domanda di accertamento negativo del credito, essendo nell’atto di citazione contenute censure del tutto indimostrate ed assolutamente generiche.
Il giudice adito, disattendendo l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. formulata dall’attrice in relazione al contratto oggetto di causa e non disponendo la CTU contabile, riteneva anzitutto fondata l’eccezione preliminare di improponibilità della domanda di ripetizione dell’indebito, in ragione dell’apertura del rapporto di conto corrente alla data della domanda giudiziale (in ossequio al dettato delle Sezioni Unite – sentenza n. 24418/2010 – per cui le operazioni solutorie (quelle cioè concretizzatesi in versamenti effettuati dal correntista per ripianare sconfinamenti effettuati extrafido o in assenza di fido), che ben possono essere ritenute veri e propri pagamenti, sono ripetibili pur in presenza di conti ancora aperti, lo stesso non può dirsi per le operazioni non solutorie (che si hanno quando i versamenti, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungono unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere); queste ultime, non essendo qualificabili come pagamenti, non sono, sino alla chiusura definitiva del conto (con definizione dei reciproci rapporti di dare e avere ), ripetibili ex art. 2033c.c..
Quanto alla diversa domanda di nullità delle clausole del conto corrente, ha ritenuto anche tale diversa azione infondata in quanto, nei casi – come quello in esame – in cui sia il correntista ad agire in giudizio per l’accertamento negativo del debito nei confronti dell’istituto, in considerazione delle somme indebitamente versate alla banca a titolo di interessi anatocistici e/o usurari, oltre che di commissioni e spese asseritamente non dovute, incombe sullo stesso, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2697 c.c,, l’onere di provare i fatti posti a base della domanda, vale a dire dimostrare l’esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa rispetto alle quali l’applicazione degli interessi anatocistici e/o usurari, oltre che di commissioni e spese asseritamente non pattuite, avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti.
Ciò perché l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”(qui rappresentati dalla asserita mancanza di un credito della banca), in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo.
Il giudice, nella sua motivazione, richiama l’orientamento consolidato della giurisprudenza formatasi in tema di azioni di ripetizione dell’indebito, applicabile anche alle azioni di accertamento negativo in considerazione della identità di ratio, secondo cui l’onere probatorio di cui si è detto va assolto mediante la produzione, oltre che degli estratti di conto corrente relativi a tutto il periodo contrattuale, anche e soprattutto dei contratti di conto corrente.
Detta produzione è, in particolare, necessaria per accertare e verificare tra le altre cose, il rispetto dei requisiti sagomati dall’art. 117 TUB (il quale prevede che i contratti bancari devono essere redatti in forma scritta e che in caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo); la data della stipulazione, anche al fine di individuare la disciplina legislativa applicabile al caso concreto; le condizioni del rapporto bancario (tassi di interesse attivi e passivi, anatocismo, spese, valute, commissioni massimo scoperto); l’ammontare della somma capitale eventualmente affidata al correntista.
Nella fattispecie, il contratto oggetto di causa non risultava versato agli atti, né risultava che l’attrice, prima del giudizio, avesse richiesto all’azienda di credito la stessa documentazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 119 D.lgs., 1° settembre 1993, n. 385 e che tale richiesta fosse stata rigettata (tale richiesta infatti perveniva alla banca convenuta solo in corso di causa, successivamente alla notifica dell’atto di citazione).
Detta carenza probatoria non può essere colmata in giudizio mediante l’ordine di esibizione, rivolto alla banca, della documentazione contrattuale in oggetto, considerato che tale istanza deve ritenersi inammissibile qualora l’ordine abbia ad oggetto documenti direttamente accessibili dalla parte ex art. 119 TUB, quindi documenti che la parte – nel diligente assolvimento dell’onere probatorio su di essa gravante – avrebbe dovuto acquisire stragiudizialmente prima del giudizio e dunque allegare agli atti di causa.
Per tali motivi, non avendo in definitiva l’attrice assolto all’onere probatorio su di essa gravante, il Tribunale ha rigettato la domanda con condanna del cliente a rimborsare alla banca le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
RIPETIZIONE INDEBITO: L’ONERE DELLA PROVA GRAVA SU PARTE ATTRICE
LA CTU PUÒ ESSERE NEGATA SE SERVE A SUPPLIRE ALLA DEFICIENZA DI ALLEGAZIONE PROBATORIA O SE ESPLORATIVA
Sentenza Tribunale di Monza, Dott.ssa Claudia Lojacono 17-05-2016 n.1411
RIPETIZIONE DI INDEBITO: È CARICO DELL’ATTORE L’ONERE DI PROVARE L’INESISTENZA DELLA CAUSA GIUSTIFICATIVA DEL PAGAMENTO
IL CLIENTE È TENUTO A INDICARE, ANCHE SOLO A CAMPIONE, SPECIFICHE OPERAZIONI ANNOTATE NEGLI ESTRATTI CONTO
Sentenza Tribunale di Monza, Dott.ssa Claudia Lojacono 17-05-2016 n.1410
RIPETIZIONE INDEBITO: LA MANCATA PRODUZIONE DEL CONTRATTO DI C.C. ESCLUDE L’AMMISSIBILITÀ DELLA CTU CONTABILE
NON SI PUÒ SANARE IL MANCATO ASSOLVIMENTO DELL’ONERE DELLA PROVA CON L’ORDINE DI ESIBIZIONE
Ordinanza Tribunale di Roma, Dott.ssa Elena Fulgenzi 28-04-2016
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