Ove sia stata presentata proposta di concordato preventivo cd. in bianco ai sensi dell’art. 161, VI comma, L.F., va rispettato l’obbligo di audizione del debitore ex art. 162, II comma, L.F. per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, salvo che, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sez. prima, Pres. Ragonesi – Rel. Di Virgilio, con la sentenza del 22.06.2016.
Nella fattispecie considerata, la Corte d’Appello di Napoli aveva accolto il reclamo proposto dalla proprietaria di una Farmacia avverso il decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo in bianco presentata e la sentenza dichiarativa di fallimento della stessa, ed aveva quindi revocato la dichiarazione di fallimento e di inammissibilità del concordato preventivo, rimettendo gli atti al Tribunale per gli adempimenti conseguenti alla presentazione dell’istanza di concordato e dichiarando l’irripetibilità delle spese del giudizio.
Nello specifico, la Corte partenopea aveva rilevato che l’imprenditore aveva depositato ricorso ex art. 161, VI comma, L.F., corredato dai bilanci e dalla situazione patrimoniale aggiornata, a conclusione della quale, nella colonna espositiva delle passività, risultavano elencati tutti i creditori, con l’indicazione dei nomi o ragione sociale e degli importi relativi, osservando che il predetto elenco, sebbene non separato dalla situazione patrimoniale, doveva ritenersi corrispondente all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti di cui all’art. 161, VI comma, L.F., il quale, diversamente da quanto previsto dal II comma lett. b) della medesima norma, non necessitava dell’indicazione delle cause legittime di prelazione.
Ad avviso della Corte, il Giudice di prime cure aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo senza avere previamente sentito il debitore, con ciò violando l’art. 162, II comma, L.F., e ledendo i diritti della debitrice, che non era stata posta in grado di chiarire come il deposito dell’elenco nominativo dei creditori richiesto dovesse essere identificato con l’elenco conclusivo della situazione patrimoniale aggiornata.
Avverso la pronuncia emessa dalla Corte d’Appello di Napoli, ricorreva il Fallimento sulla base di cinque motivi.
Si difendeva con controricorso l’imprenditore.
Con il primo motivo di ricorso, il Fallimento lamentava la violazione dell’art. 111 Cost. e la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c., attesa l’asserita mancanza nella sentenza impugnata del minimo contenuto motivazionale costituzionalmente garantito e la presenza in essa di affermazioni inconciliabili e contrastanti tra loro.
La Suprema Corte dichiarava infondato il motivo proposto, in considerazione del fatto che il Giudice di seconde cure aveva correttamente argomentato in ordine ai diversi profili implicati: quello documentale, relativo al deposito dell’elenco dei creditori e quello di attività, relativo alla mancata convocazione del debitore.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduceva la violazione degli artt. 162 e 18 L.F., per non avere il reclamo indicato in modo specifico i motivi di doglianza.
La Corte, in ordine alla censura sollevata, osservava, viceversa, che la reclamante aveva correttamente portato all’esame della Corte del merito, sia il profilo della presenza dell’elenco dei creditori, sia l’elemento della mancata audizione del debitore.
Con il terzo motivo, il Fallimento denunciava la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito basato la decisione su fatti e principi di diritto non esposti dalla reclamante.
Gli ermellini, in proposito, chiarito che il giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 18 L.F., deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni, stante il carattere parzialmente devolutivo del rimedio, rilevavano che il Giudice di seconde cure si era pronunciato nell’ambito circoscritto della materia ad essa devoluta.
Con il quarto motivo, il ricorrente denunciava la violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 161, 162, 15 e 18 L.F. e 737 c.p.c., sostenendo che l’elenco dei documenti richiesti ex art. 161 L.F. si poneva come condizione di proponibilità della proposta di concordato con riserva ed addebitando alla Corte di merito, di conseguenza, la violazione delle norme del giusto procedimento.
La Corte, in ordine al punto indicato, rilevava che il Giudice d’Appello, aveva semplicemente affermato la corrispondenza dell’elenco posto a conclusione della situazione patrimoniale prodotta rispetto a quello previsto dall’art. 161, VI comma, L.F., per poi riscontrare l’avvenuta violazione dell’art. 162, comma 2, L.F. per effetto della lesione dei diritti del debitore che, ove convocato, avrebbe potuto chiarire, a fronte della contestazione da parte del Tribunale della mancanza documentale riscontrata, il pieno e preciso assolvimento degli oneri imposti in tal senso dalla legge.
Con il quinto motivo, il Fallimento lamentava la violazione degli artt. 161,162,163 e 175 L.F., eccependo, in primo luogo, che non esiste nel sistema di legge un preciso obbligo codificato di contestazione della mancanza di documenti; in secondo luogo, che l’art. 162, comma 1, L.F., prevederebbe la necessità di concessione del termine solo per consentire l’integrazione al piano e la produzione di nuovi documenti, risultando applicabile solo per il concordato in pieno; infine, che il II comma della norma in contestazione, prevederebbe la convocazione del debitore solo quando, all’esito del procedimento, il Tribunale dovesse verificare la mancanza dei presupposti di cui all’art. 160, ragion per cui l’art. 162 L.F. non sarebbe applicabile ai concordati con riserva.
La Cassazione, osservato che l’interpretazione strettamente letterale delle disposizioni succitate, invocata dal Fallimento ricorrente, non sarebbe stata in linea con i principi generali dell’ordinamento giuridico e con la specificità della disposizione in oggetto, ed escluso che la fissazione di un’udienza per sentire il debitore avrebbe potuto allungare di fatto il periodo di “automatic stay” del giudizio pregiudicando le ragioni dei creditori, affermava il principio per cui nel caso di presentazione di una proposta di concordato preventivo cd. in bianco ai sensi dell’art. 161, VI comma, L.F., vada, in ogni caso, rispettato l’obbligo di audizione del debitore ex art. 162, II comma, L.F. per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, eccettuata l’ipotesi in cui, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese.
Per le ragioni suesposte, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, condannando parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
CONCORDATO IN BIANCO: i contratti si possono sciogliere anche se unilateralmente e parzialmente eseguiti
L’art. 169 bis L.F.: la sua applicazione nel concordato in bianco.
Decreto | Tribunale Rovigo, Pres. D’Amico – Est. Martinelli | 07.10.2014
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