Anche in presenza di provvedimento favorevole del P.M., il Giudice dell’esecuzione può legittimamente negare il beneficio della sospensione dell’esecuzione qualora accerti la presenza di un fatto impeditivo alla concessione della misura che attenga alla sua sfera di giudizio, come, ad esempio, nell’ipotesi in cui verifichi che la misura invocata aveva già trovato applicazione in favore dell’istante per la medesima causa, atteso il carattere non rinnovabile o prorogabile dell’istituto.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sez. terza, Pres. Amendola – Rel. Rubino, con la sentenza del 05.05.2016.
Nella fattispecie considerata, un debitore esecutato dalla Banca, assumendo di essere stato vittima di usura aveva chiesto l’ammissione ai benefici economici previsti dalla L. n. 44 del 1999, in favore dei soggetti danneggiati da attività estorsive, ottenendo dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria un provvedimento favorevole alla sospensione di tutte le procedure esecutive in corso a suo carico per il periodo di 300 giorni.
Il debitore esecutato e la moglie, terzo datore di ipoteca, avevano chiesto al G.E. sulla base del provvedimento del P.M. la sospensione della vendita già fissata, ma il G.E. aveva rigettato l’opposizione.
I coniugi avevano proposto, quindi, opposizione agli atti esecutivi che era stata rigettata dal Tribunale sull’assunto che la sospensione delle procedura esecutiva della L. n. 44 del 1999, ex art. 20, è provvedimento eccezionale che comprime i diritti dei creditori dei suoi beneficiari, e come tale non è rinnovabile, nè prorogabile, neppure in presenza di un provvedimento favorevole del P.M. adottato sulla base del nuovo testo della L. n. 44 del 1999.
I coniugi proponevano, quindi, ricorso per cassazione nei confronti della Banca sulla base di cinque motivi.
La Banca resisteva con controricorso.
Con il primo motivo i ricorrenti deducevano la violazione della L. n. 44 del 1999, art. 20, come modificato dalla L. n. 3 del 2012, in relazione al principio della successione delle leggi nel tempo, e dell’art. 11 preleggi, con riferimento all’applicabilità al caso di specie della novella introdotta dalla L. n. 3 del 2012, atteso che il g.e. aveva rigettato la richiesta di sospensione della procedura esecutiva perché i ricorrenti avevano già fruito in passato della sospensione delle procedure esecutive a suo tempo richiesta.
Con il secondo motivo, i ricorrenti deducevano la violazione della L. n. 44 del 1999, art. 20, in riferimento alla natura ed agli effetti propri del provvedimento di sospensione emesso dal Procuratore della Repubblica, per effetto della illegittima disapplicazione da parte del G.E. di un provvedimento reso da altro organo giudiziario.
Con il terzo ed il quarto motivo i ricorrenti deducevano nuovamente la violazione della L. n. 44 del 1999, in riferimento alla precettività ed obbligatorietà del provvedimento di sospensione emesso dal P.M., denunciando l’illegittimità della decisione con riferimento alla qualificazione dello stesso quale richiesta di proroga e sostenendo che la sospensione dell’esecuzione potesse esser disposta da un giudice diverso dal G.E..
La Suprema Corte, dopo aver ricostruito l’evoluzione dell’iter normativo in materia, rilevava che alla modifica del 2012 non era conseguita una totale abdicazione di ogni potere in ordine alla sospensione della singola procedura esecutiva da parte del giudice dell’esecuzione in favore del P.M..
Gli ermellini, in proposito, chiarivano, da una parte, che il presupposto per l’adozione di un provvedimento di sospensione dell’esecuzione della L. 44/1999, art. 20, è l’emissione di un provvedimento favorevole da parte del P.M. competente per le indagini in materia di usura o estorsione e che il provvedimento favorevole del P.M. non è un provvedimento di sospensione della singola esecuzione forzata, ma un provvedimento giurisdizionale di carattere generale emesso nell’ambito della sua competenza; dall’altro, specificavano, tuttavia, che compete pur sempre al singolo giudice dell’esecuzione il compito di valutare se sussistono i presupposti per sospendere la singola procedura esecutiva e che la sospensione potrà essere legittimamente negata laddove il giudice dell’esecuzione dovesse ritenere non sussistenti i presupposti che rientrano nella sua diretta sfera di controllo.
In altri termini, secondo la Corte, a fronte del provvedimento favorevole del P.M., avente carattere generale, in quanto riferito alla possibilità di sospendere tutte le procedure esecutive in corso, è necessaria comunque la proposizione di una istanza e l’adozione di un provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione di ciascuna procedura esecutiva pendente, che sospenda la singola attività esecutiva già fissata e tutta la procedura per un periodo di tempo predeterminato dalla legge in 300 giorni.
Invero, il provvedimento di sospensione dell’esecuzione disposto dal P.M. risulta essere vincolante per il G.E., seppur limitatamente alla valutazione compiuta in ordine alla sussistenza dei presupposti di applicabilità della disciplina prevista dalla L. 44/1999, spettando pur sempre al Giudice il potere di sospendere o meno la singola esecuzione, verificando, tra le altre cose, se la misura invocata aveva già trovato precedentemente applicazione in favore dell’istante per la medesima causa, atteso il carattere non rinnovabile o prorogabile dell’istituto.
Per le ragioni suesposte, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, compensando tra le parti le spese di lite.
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