In pendenza della procedura di concordato non è configurabile un’ulteriore domanda autonoma di riserva a meno che da quest’ultima non si desuma l’inequivoca volontà del proponente di rinunciare a quella in precedenza depositata.
È inammissibile la domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa, ma per procrastinare la dichiarazione di fallimento: in questo caso, infatti, la domanda integra gli estremi dell’abuso del processo.
Nell’ipotesi in cui venga respinta l’istanza di proroga e sia scaduto il termine concesso ex art. 161, 6°comma, L. fall., la domanda di concordato deve essere dichiarata inammissibile dal tribunale, ai sensi dell’art. 162, 2°comma, L. fall.; tuttavia, va fatta salva la facoltà per il proponente, in pendenza dell’udienza fissata per la dichiarazione di inammissibilità, ovvero anche per l’esame di eventuali istanze di fallimento, di depositare una nuova domanda di concordato, ai sensi del primo comma dell’art. 161 L. fall., dalla quale si desuma la rinuncia a quella con riserva, sempre che la nuova domanda non si traduca in un abuso dello strumento concordatario.
Valida la rinuncia alla domanda di riserva quando non si traduca in un abuso dello strumento concordatario.
Questi sono i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Ceccherini – Rel. Cristiano, con la sentenza n. 6277 del 31.03.2016.
Nella fattispecie in esame, una società in liquidazione proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la decisione del Tribunale con cui era stato dichiarato il fallimento della stessa e respinte le domande di ammissione al concordato preventivo a mezzo due distinti decreti, il primo che dichiarava l’inammissibilità ed il secondo che dichiarava l’improcedibilità della ulteriore domanda.
In particolare, la ricorrente deduceva che la domanda di concordato presentata ulteriormente, non integrava una nuova proposta concordataria, ma costituiva un mero scioglimento della riserva formulata nella domanda prenotativa anteriormente avanzata.
Al riguardo, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che:
– ai sensi dell’art. 161, 9°comma, L. fall., al debitore non ammesso al concordato di cui al 6° comma è precluso unicamente di ripresentare nel biennio una nuova domanda di concordato con riserva, poiché rispetto al medesimo imprenditore ed alla medesima insolvenza il concordato non può che essere unico;
– una domanda di concordato preventivo è inammissibile se presentata dal debitore per procrastinare la dichiarazione di fallimento: in questo caso, infatti, la domanda integra gli estremi dell’abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità deviate od eccedenti rispetto a quelle per le quali l’ordinamento le ha predisposte.
Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte ha stabilito che in presenza di una domanda di concordato preventivo con riserva, respinta l’istanza di proroga e scaduto il termine concesso ex art. 161, 6°comma, L. fall., la domanda di concordato deve essere dichiarata inammissibile dal tribunale, ai sensi dell’art. 162, 2°comma, L. fall.; tuttavia, va fatta salva la facoltà per il proponente, in pendenza dell’udienza fissata per la dichiarazione di inammissibilità, ovvero anche per l’esame di eventuali istanze di fallimento, di depositare una nuova domanda di concordato, ai sensi del primo comma dell’art. 161 L. fall. (corredata della proposta, del piano e dei documenti), dalla quale si desuma la rinuncia a quella con riserva, sempre che la nuova domanda non si traduca in un abuso dello strumento concordatario.
La Suprema Corte, rilevando che nel caso di specie risultava pacifico che la società avesse depositato una ulteriore domanda di concordato quando era ancora pendente la procedura introdotta attraverso il deposito della domanda di riserva (presentata ai sensi dell’art. 161, 6° comma), che il tribunale non aveva ancora dichiarato inammissibile, ha ritenuto altrettanto pacifico che la presentazione della detta domanda non era da intendersi quale rinuncia a quella di concordato con riserva (in precedenza depositata) ma risultava preordinata ad evitare l’esame del ricorso di fallimento ed a procrastinare ulteriormente il diritto del creditore ricorrente a vedere deciso il procedimento da lui instaurato.
Pertanto, il Supremo Collegio, conformemente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, accertando l’abuso dello strumento concordatario mediante la reiterazione della domanda, ha rigettato integralmente il ricorso.
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