Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM
Lo stato di insolvenza che, in base al disposto dell’art. 5, comma 1, L.F., costituisce il presupposto oggettivo della dichiarazione di fallimento e che consiste nello stato d’impotenza patrimoniale, non transitoria, al regolare adempimento delle proprie obbligazioni, giustifica di per sé la dichiarazione di fallimento anche se le cause che l’hanno determinato non sono imputabili all’imprenditore commerciale.
L’imprenditore commerciale ha l’onere di dimostrare il possesso congiunto dei requisiti di non fallibilità, depositando una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata ed i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi commerciali che costituiscono la base documentale imprescindibile che il debitore deve fornire onde sottrarsi alla dichiarazione di fallimento.
Questi i principi espressi dalla Corte d’Appello di Napoli, sez. prima, Pres. Rel. Lopiano, con la sentenza del 20.07.2016.
Nella fattispecie considerata, l’amministratore di una società fallita, proponeva reclamo ex art. 18 L.F., avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, deducendo la mancanza dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 1, co. 2, L.F. ed argomentando, in particolare, che la società consortile fallita, costituita al solo fine di realizzare un certo progetto, aveva cessato ogni attività al completamento dell’opera prevista, omettendo gli amministratori di accertare e dichiarare la sopravvenuta causa di scioglimento e di provvedere quindi alla liquidazione e cancellazione della società; che i bilanci di esercizio del triennio precedente la presentazione del ricorso di fallimento non costituiscono l’unico strumento per provare il mancato superamento dei requisiti suindicati; che, nella fattispecie, trattandosi di società consortile, la cui durata è funzionalmente limitata alla realizzazione di un progetto, il raggiungimento dello scopo aveva determinato la completa dissoluzione dell’organizzazione aziendale.
Il Fallimento si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del reclamo poiché infondato in fatto ed in diritto.
La società creditrice si costituiva chiedendo, in via preliminare, di dichiarare l’inammissibilità del ricorso per carenza del requisito di cui all’art. 18, co. 2, L.F. e, nel merito, di disporne il rigetto poiché infondato in fatto ed in diritto e sfornito di prova, con vittoria di spese, competenze e rimborsi.
La Corte d’Appello di Napoli, richiamava, preliminarmente, la riforma del diritto fallimentare di cui al D.Lgs. n. 9/06, con il quale il legislatore, al fine di delimitare la soglia di fallibilità delle imprese, ha introdotto un’autonoma nozione di imprenditore non fallibile, delineata attraverso il riferimento ad una serie di requisiti dimensionali massimi che gli imprenditori commerciali congiuntamente non devono superare, specificando che, ai sensi dell’art. 15, co. 4, L.F., grava sull’imprenditore commerciale l’onere di dimostrare il possesso dei requisiti di non fallibilità, mediante deposito di apposita documentazione attestante la situazione, patrimoniale, economica, finanziaria aggiornata dell’impresa ed i bilanci societari relativi agli ultimi tre esercizi commerciali.
Nel caso di specie, il reclamante non aveva prodotto alcuna scrittura o documentazione contabile inerente l’attività d’impresa, al fine di provare, per il triennio di riferimento, l’ammontare dell’attivo patrimoniale, dei ricavi e dei debiti dell’impresa, limitandosi ad allegare la cessazione di fatto della medesima.
La Corte adita, rilevato lo stato di insolvenza della società, presupposto oggettivo della dichiarazione di fallimento, reso, peraltro, evidente da una esposizione debitoria reale, aggravata dalla dedotta cessazione dell’attività d’impresa e dall’esito negativo del pignoramento mobiliare tentato presso la sede sociale, dichiarava l’infondatezza della domanda, rigettava il reclamo e condannava il reclamante al pagamento delle spese di lite.
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