LA MASSIMA
Ai sensi dell’art. 5, II co. d. lgs. n. 28/2010, “L’invio delle parti in mediazione (c.d. mediazione delegata o disposta dal giudice) costituisce potere discrezionale dell’ufficio che può essere esercitato “valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti”, anche in fase di appello, sempreché non sia stata tenuta l’udienza di precisazione delle conclusioni. Ove la mediazione venga disposta, il suo esperimento “è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
Ne consegue che il mancato esperimento della mediazione vizia irrimediabilmente il processo – impedendo l’emanazione di sentenza di merito – e comporta l’applicazione della sanzione della improcedibilità della “domanda giudiziale”, laddove la mediazione non sia stata esperita.
Nel caso di mediazione disposta nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 5, II co. D. lgs.n.28/2010, come novellato dal D.L. n. 69/13, conv. nella L. 98/13, e così come nella affine materia del giudizio di primo grado nella opposizione a decreto ingiuntivo, la locuzione “improcedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”, non può che intendersi nel senso di improcedibilità dell’appello, ovvero dell’opposizione a D.I., con le indicate conseguenze di legge.
Nei procedimenti di appello, così come nell’opposizione a D.I. in primo grado, la locuzione “improcedibilità della domanda giudiziale” deve interpretarsi alla stregua di improcedibilità/estinzione dell’impugnazione (o dell’opposizione nel procedimento ex art. 645 c.p.c.) e non come improcedibilità della originaria domanda sostanziale attorea (ovvero della domanda di condanna di cui all’originario ricorso monitorio).
Il mancato esperimento della mediazione demandata dal giudice può costituire motivo per la condanna, ex art. 13, comma I quater, del D.P.R. n. 115/2002 , introdotto dall’art.1 comma 17, della L. n. 228/2012, al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Firenze, dott. Alessandro Ghelardini, con la sentenza del 13 ottobre 2016, con una decisione che affronta la problematica inerente gli effetti dell’omesso esperimento della mediazione demandata dal giudice di appello.
IL FATTO
Nel caso di specie, una società proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in suo danno dal Giudice di Pace di Firenze, che veniva dichiarata improcedibile per tardiva iscrizione a ruolo.
Avverso tale provvedimento, avente valore sostanziale di sentenza, proponeva appello la società debitrice, chiedendone l’integrale riforma con accoglimento delle conclusioni già avanzate in primo grado.
Si costituiva il creditore, resistendo all’appello, di cui chiedeva dichiararsi l’inammissibilità, ovvero il rigetto.
Il Tribunale rilevava preliminarmente la mancata instaurazione del procedimento di mediazione ai sensi dell’art. 5, II co., D. Lgs. n. 28/2010, e le parti dichiaravano che lo stesso non era stato avviato in considerazione del modesto valore della lite e dell’esito negativo dei numerosi tentativi di transazione intercorsi.
Pertanto il Giudice assegnava termine di quindici giorni alle parti per la presentazione della relativa domanda ad Organismo abilitato.
All’udienza successiva, le parti dichiaravano di non aver esperito la mediazione ed il Tribunale rilevava di ufficio l’improcedibilità dell’appello. Il difensore della società debitrice si opponeva, osservando che era già decorsa la prima udienza, cosicchè l’omessa mediazione era stata sanata, mentre l’avvocato del creditore insisteva per l’improcedibilità dell’appello.
LA DECISIONE
Il Giudice dichiarava improcedibile l’appello, compensando le spese del grado, e dichiarando la sussistenza dei presupposti per porre a carico della debitrice ed in favore dell’Erario il pagamento di un’ulteriore somma pari a quella dovuta a titolo di contributo unificato per l’impugnazione.
In particolare, sul presupposto che costituisce potere discrezionale del giudice inviare le parti in mediazione anche in fase di appello – sempreché non sia stata tenuta l’udienza di precisazione delle conclusioni – e che ove la mediazione venga disposta, il suo esperimento “è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”, consegue per il Giudice fiorentino che il mancato esperimento della stessa vizia irrimediabilmente il processo, impedendo l’emanazione di una sentenza di merito. Pertanto, va applicata la sanzione della improcedibilità della “domanda giudiziale”.
Inoltre, trattandosi di mediazione demandata dal giudice ai sensi dell’art. 5, co. II del D. Lgs., e non di mediazione obbligatoria ante causam ai sensi del I comma della medesima disposizione, il Giudice ha ritenuto non applicabile il meccanismo di sanatoria ivi previsto in caso di mancata eccezione o rilevazione della suddetta omissione entro la prima udienza di trattazione.
Ciò posto, il Giudice si è anche soffermato anche su altro rilevante aspetto: fermo restando che ai sensi dell’art. 5, co. II, citato, il mancato esperimento della mediazione delegata dal giudice, così come nel caso di mediazione ante causam, comporta la ”improcedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”, occorre chiedersi se la sanzione processuale in questione riguardi direttamente la domanda sostanziale, azionata dall’attrice in primo grado, ovvero l’impugnazione proposta.
La risposta del Giudice fiorentino è stata che nei procedimenti di appello, così come nell’opposizione a D.I. in primo grado, la locuzione “improcedibilità della domanda giudiziale” deve interpretarsi alla stregua di improcedibilità/estinzione dell’impugnazione (o dell’opposizione nel procedimento ex art. 645 c.p.c.) e non come improcedibilità della originaria domanda sostanziale attorea (ovvero della domanda di condanna di cui all’originario ricorso monitorio). E ciò in quanto la disciplina codicistica del procedimento di appello evidenzia chiaramente che l’unico soggetto onerato ad attivare e “coltivare” il gravame affinché lo stesso addivenga al suo esito fisiologico è la parte appellante. Solo questa deve porre in essere quegli adempimenti che la legge riconosce indispensabili per la ammissibilità e procedibilità dell’impugnazione. In difetto, l’impugnazione è viziata in rito e la sentenza impugnata passa in giudicato.
Ciò vale non solo quando appellante è l’originario attore in primo grado, ovvero nell’opposizione a decreto ingiuntivo il creditore opposto, attore in senso sostanziale, ma anche nel caso contrario, quando cioè la parte che appella sia il convenuto del giudizio di prime cure, ovvero l’opponente nel giudizio ex art. 645 c.p.c. (convenuto sostanziale), come nella fattispecie.
In conclusione, va quindi affermato che, nel caso di mediazione disposta nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 5, II co. D. lgs.n.28/2010, come novellato dal D.L. n. 69/13, conv. nella L. 98/13, e così come nella affine materia del giudizio di primo grado nella opposizione a decreto ingiuntivo, la locuzione “improcedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”, non può che intendersi nel senso di improcedibilità dell’appello, ovvero dell’opposizione a D.I., con le indicate conseguenze di legge.
Si veda anche:
MEDIAZIONE: ANCHE IN GRADO D’APPELLO PUÒ ESSERE DELEGATA DAL COLLEGIO
TANTO A PRESCINDERE DALLA OBBLIGATORIETÀ O MENO DELLA MEDIAZIONE ANTE CAUSAM
Sentenza | Corte d’Appello di Milano, sez. prima, Pres. Boiti – Rel. Fiecconi | 22.04.2016 |
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