Ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c.: “Non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto”. Siffatto adempimento costituisce un atto dovuto ed è pertanto irrevocabile.
Tale irrevocabilità si estende anche all’ipotesi di alienazione di un bene immobile da parte del debitore qualora il relativo prezzo sia destinato anche in parte al pagamento di debiti scaduti, purché sia accertato che l’alienazione era l’unico mezzo per il debitore per procurarsi il denaro, salva in ogni caso la revocabilità degli ulteriori atti con i quali il debitore abbia disposto della somma residua. Di conseguenza, l’irrevocabilità è esclusa nelle sole ipotesi in cui le modalità dell’adempimento coinvolgono una scelta volitiva del venditore/debitore, tale da trasformare l’adempimento da atto dovuto ad atto volontario, con conseguente impossibile applicazione dell’art. 2901, comma 3, c.c..
Questi i principi formulati dal Tribunale di Larino, Dott. Luigi Guariniello, con la sentenza del 25 agosto 2016, pronunciata a seguito di un’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. con riferimento al pagamento di debiti scaduti.
Nel caso in questione, una Banca conveniva in giudizio con azione revocatoria ex art. 2901 cc, due coniugi (contraenti di polizza fideiussoria e coobbligati in solido verso la Banca), in qualità di parte venditrice relativamente ad un contratto di compravendita stipulato con il figlio, quale parte acquirente, avente ad oggetto un immobile in comunione legale dei beni tra gli stessi, al fine di conseguire l’accertamento e la declaratoria di inefficacia del contratto nei confronti della banca attrice, nonché in via subordinata, l’accertamento della simulazione.
Costituitisi in giudizio, i convenuti coniugi contestavano la ricorrenza dei presupposti dell’esperita actio pauliana, così come la fondatezza della domanda di simulazione; a sua volta il convenuto figlio eccepiva l’inammissibilità dell’azione revocatoria ordinaria esperita dalla Banca, ricorrendo l’ipotesi dell’adempimento di un debito scaduto, in quanto tale non soggetto a revoca ex art. 2901. co. 3, cc, deduceva di aver concluso il contratto al fine di evitare che l’immobile fosse venduto all’asta ad un prezzo decisamente più basso rispetto a quello di mercato, nell’ambito delle procedure esecutive immobiliari pendenti alla data della stipula dell’atto pubblico, e di aver eseguito il pagamento del prezzo di compravendita ignorando di ledere la garanzia patrimoniale della società creditrice.
Il giudice adìto ha ritenuto fondata la domanda di declaratoria di inefficacia dell’atto pubblico di compravendita immobiliare rispetto alla Banca attrice, in ragione della ricorrenza dei presupposti dell’actio pauliana ex art. 2901 cc.
Come è noto, tale azione è riconosciuta al creditore avverso ogni atto di disposizione compiuto dal debitore riguardo al proprio patrimonio e che possa arrecare pregiudizio alle ragioni del medesimo creditore ed è subordinata al ricorrere dei presupposti fissati nell’art. 2901, co. 1, c.c., vale a dire:
a) l’esistenza di un credito;
b) un atto di disposizione;
c) il periculum damni;
d) la scientia damni, ovvero il consilium fraudis,
e) lo stato soggettivo del terzo contraente.
Preliminarmente, il Tribunale ha esaminato l’eccezione di inammissibilità dell’azione revocatoria sollevata dall’acquirente sulla scorta della dedotta destinazione del contratto di compravendita allo scopo di impiegare il prezzo ricavato per l’adempimento dei debiti scaduti, azionati in via esecutiva dai creditori dell’alienante marito.
Ebbene, il Giudice ha accertato che la procedura esecutiva promossa da un creditore dell’alienante avente ad oggetto l’immobile compravenduto era stata dichiarata estinta per effetto della rinunzia agli atti esecutivi da parte di tutti i creditori in attuazione degli accordi transattivi raggiunti, e che tali accordi conclusi con i creditori erano stati espressamente richiamati nell’atto pubblico di compravendita, come i due assegni circolari intestati ai due coniugi, con conseguente rilascio di quietanza liberatoria nei confronti di entrambi i debitori.
Il Giudice ha quindi richiamato il disposto dell’art. 2901, comma 3, c.c., ossia “Non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto”. Siffatto adempimento costituisce un atto dovuto ed è pertanto irrevocabile, estendendosi tale irrevocabilità anche “all’ipotesi di alienazione di un bene immobile da parte del debitore qualora il relativo prezzo sia destinato anche in parte al pagamento di debiti scaduti, purché sia accertato che l’alienazione era l’unico mezzo per il debitore per procurarsi il denaro, salva in ogni caso la revocabilità degli ulteriori atti con i quali il debitore abbia disposto della somma residua. Di conseguenza, l’irrevocabilità è esclusa nelle sole ipotesi in cui le modalità dell’adempimento coinvolgono una scelta volitiva del venditore/debitore, tale da trasformare l’adempimento da atto dovuto ad atto volontario, con conseguente impossibile applicazione dell’art. 2901, comma 3, c.c.”.
La questione attiene, allora, ad avviso del giudicante, al ricorrere della “strumentalità necessaria” del negozio traslativo in oggetto rispetto all’estinzione mediante pagamento dei debiti scaduti, così da escludere il carattere pregiudizievole dell’atto dispositivo per il creditore, ed all’avvenuta dimostrazione, da parte dei debitori, di tale rapporto di strumentalità necessaria dell’alienazione quale unico mezzo a loro disposizione per procurarsi liquidità al fine di far fronte all’adempimento dei debiti scaduti, in assenza di altre risorse.
Nel caso concreto, la condizione ostativa di cui all’art. 2901, co. 3, c.c. era da ritenersi insussistente, in quanto non risultava fornita alcuna prova dai convenuti coniugi in merito alla mancanza di risorse ulteriori ed al carattere dell’alienazione de qua quale mezzo unico ed indispensabile atto a reperire la liquidità necessaria ed estinguere i debiti scaduti.
A ciò si aggiunge il fatto che l’eccedenza del prezzo della vendita rispetto all’ammontare complessivo dei debiti scaduti rileva nel caso in cui parte del prezzo della vendita sia stata destinata all’estinzione soltanto di alcuni dei debiti scaduti, lasciando insoluti gli altri ed ulteriori debiti parimenti scaduti.
Invero, dagli atti di causa era risultato che gli alienanti avevano trattenuto per sé la parte restante del prezzo conseguito, così omettendo di impiegare una parte di esso all’adempimento di altro debito parimenti scaduto, quale era appunto, quello verso la Banca attrice in revocatoria.
In sostanza, la condotta tenuta dai debitori si era tradotta in una selezione ingiustificata e non consentita dei debiti scaduti da adempiere e, quindi, in una lesione della garanzia patrimoniale generica dei creditori, finendo con il tradire la ratio legis della stessa norma invocata.
Risultavano invece pienamente provati da parte attrice:
a) l’esistenza del credito verso i condebitori coniugi,
b) la preesistenza dello stesso rispetto all’atto di compravendita,
c) la sussistenza del periculum damni,
d) la scientia damni degli alienanti.
Per tutte le dette ragioni il Tribunale di Larino accoglieva la domanda revocatoria, condannando i convenuti, in solido tra loro, alla refusione a parte attrice delle spese di lite.
Per altri precedenti in materia di revocatoria si rimanda ai seguenti contributi:
REVOCATORIA ORDINARIA: L’ADEGUATEZZA DEL PREZZO È INDICE DI CORRETTEZZA DELL’OPERAZIONE DI LEASING
LA PRESENZA DI UN TERZO ACQUIRENTE QUALE SOCIETÀ DI LEASING È UNA INDIZIO DI REGOLARITÀ VENDITA
Sentenza | Corte dei Conti, sez. Terza, Pres. F. Di Grazia – Rel. E. Musumeci | 15.02.2016 | n.32
AZIONE REVOCATORIA: GLI ACCORDI DI SEPARAZIONE OMOLOGATI SONO SUSCETTIBILI DI AZIONE REVOCATORIA
NON È NECESSARIA LA PROVA DELLA CONOSCENZA DEL PREGIUDIZIO DEL TERZO BENEFICIARIO
Sentenza | Tribunale di Cosenza, Dott.ssa Granata | 19.02.2016 | n.353
FONDO PATRIMONIALE: ATTO A TITOLO GRATUITO, AGGREDIBILE CON REVOCATORIA ORDINARIA
RILEVA LA MERA CONSAPEVOLEZZA DEL DEBITORE DI ARRECARE PREGIUDIZIO AL CREDITORE
Ordinanza | Cassazione civile, Sezione Sesta, Pres. Finocchiaro – Rel. Cirillo | 10.02.2015 | n.2530
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