Segnalato dall’ Avv. Andrea Pivanti del foro di Roma con nota di accompagnamento
In assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d’Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo.
Appare, pertanto, del tutto incoerente e illogico prendere in considerazione, ai fini dell’accertamento dell’usurarietà dei tassi di interesse – laddove si sostenga la rilevanza a tali fini anche di quelli moratori – soglie determinate con riferimento ai soli interessi corrispettivi e a tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito.
La caratteristica del piano di ammortamento cd. alla francese non è quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale. Gli interessi convenzionali sono quindi calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti. Né si può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all’italiana che, invece, si fonda su rate a capitale costante. In realtà, il piano di ammortamento alla francese risulta più rispettoso del principio di cui all’art. 1194 c.c. in quanto prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l’imputazione ad interessi rispetto a quella del capitale.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Dott.ssa Stefania Garrisi con la sentenza n. 22027 pubblicata il 23.11.2016
Nel caso in oggetto, i mutuatari convenivano in giudizio una Banca lamentando l’applicazione di interessi usurari al contratto di mutuo oggetto di causa, chiedendo la conseguente declaratoria di gratuità dello stesso con rideterminazione degli importi dovuti e condanna della Banca medesima alla restituzione di tutte le somme eventualmente corrisposte in eccesso nonché l’esecuzione della corretta segnalazione del procedimento in Centrale dei Rischi.
Si costituiva in giudizio la Banca la quale resisteva nel merito alla domanda attrice chiedendone il rigetto.
Il giudice, accogliendo le tesi difensive della Banca, ha rilevato che nelle prospettazioni di parte attrice la natura usuraria degli interessi applicati sarebbe derivata da un conteggio erroneo, tale da ricomprendere il tasso moratorio nel calcolo dell’usura, nonché dall’applicazione da parte dell’Istituto di Credito di un piano di ammortamento cd. alla francese.
Sifatta inclusione, in particolare, non è stata condivisa dal Tribunale romano in quanto trascurante sia la diversa funzione assolta dagli interessi corrispettivi e dagli interessi moratori, sia la diversa disciplina ad essi applicabile, in quanto gli interessi moratori sono dovuti, a differenza di quelli corrispettivi, dal giorno della mora e a prescindere dalla prova del danno subito, e vengono introdotti coattivamente ex lege, per il caso dell’inadempimento, anche in un rapporto contrattuale che non li abbia originariamente previsti, attesa la loro natura latamente punitiva, sia la circostanza per cui le due figure di interessi si pongono in rapporto di alternatività.
Tale ricostruzione, secondo il Tribunale, si pone altresì in contrasto con la ratio sottesa alla fattispecie delittuosa del reato di usura – che sanziona, all’art. 644 c.p., la condotta di chi si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari quale corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità – da individuarsi nel divieto di convenire un corrispettivo sproporzionato per la concessione in godimento del denaro di altra utilità.
Pertanto, assumono rilevanza ai fini dell’integrazione degli estremi dell’usura, solo quelle prestazioni di natura corrispettiva legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale, non essendo possibile estendere l’ambito di applicazione della fattispecie in esame anche alle prestazioni riconducibili alla mora debendi.
Sotto altro profilo, il giudice romano ha rilevato che i decreti del MEF con cui sono periodicamente individuati i tassi effettivi globali medi rilevanti ai fini dell’usura non tengono in considerazione gli interessi moratori e che nel 2013 la Banca d’Italia ha diffuso un comunicato con il quale si è chiarito che in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d’Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo; dunque, ai fini del verificarsi dell’usura il tasso di mora dovrà essere raffrontato al tasso soglia maggiorato dei 2,1 punti percentuali rilevati dalla Banca d’Italia nell’ambito dei suoi controlli sulle procedure degli intermediari.
Quanto alla presunta illegittimità del computo degli interessi operato dalla banca attraverso il piano di ammortamento degli interessi alla francese, il giudicante ha osservato che la caratteristica di tale piano non è quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale.
Infatti gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a ciascuna rata, sì che non vi è alcuna discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato e non vi è alcuna applicazione di interessi su interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti.
Il Tribunale ha altresì considerato che parte attrice ha mancato di assolvere al proprio onere probatorio, il quale neppure poteva essere assolto tramite CTU, che è stata rigettata perché ritenuta del tutto esplorativa.
In considerazione dei suesposti rilievi, il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda proposta dai mutuatari, condannandoli altresì al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA: GLI INTERESSI MORATORI, QUALI PENALI DA INADEMPIMENTO, NON RILEVANO AI FINI DELLA L. 108/96
IL SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA VA VALUTATO CONTEGGIANDO I SOLI ELEMENTI RETRIBUTIVI E NON QUELLI RISARCITORI
Sentenza | Tribunale di Modena, Dott. Paolo Siracusano | 07.09.2016 | n.1703
USURA: GLI INTERESSI MORATORI NON CONCORRONO AL CALCOLO DEL TEG
LA MORA HA NATURA RISARCITORIA E SI CALCOLA ESCLUSIVAMENTE SULLE RATE SCADUTE E NON SUL CAPITALE
Sentenza | Tribunale di Lodi, Dott.ssa Flaviana Boniolo | 11.08.2016 | n.578
USURA: GLI INTERESSI DI MORA HANNO NATURA SANZIONATORIA E SONO ESCLUSI DAL CALCOLO DEL TEGM
IL METODO “ALL INCLUSIVE” PREVISTO DA L. 2/2009, SI APPLICA SOLO AD INTERESSI E COMMISSIONI AVENTI CARATTERE REMUNERATORIO
Sentenza | Tribunale di Verona, Dott.ssa Dal Martello | 30.06.2016 | n.1906
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