Il decreto di acquisizione al fallimento di beni detenuti da terzi, emesso ai sensi dell’art. 25, comma 1, n. 2, della legge fallimentare, può essere adottato dal giudice delegato nell’ipotesi in cui il terzo non contesti l’appartenenza del bene all’asse fallimentare e non anche in quella in cui lo stesso opponga un proprio diritto esclusivo incompatibile con la sua inclusione nell’attivo fallimentare.
In questa seconda ipotesi, sia il decreto del giudice delegato, sia il decreto confermativo emesso dal tribunale in esito al reclamo, devono ritenersi giuridicamente inesistenti (“abnormi”, adottati cioè in radicale carenza di potere), in quanto essi finiscono per statuire, in via definitiva, su questioni di diritti soggettivi, che non possono essere certamente risolte nell’ambito della procedura ex artt. 25-26 legge fall., ma vanno decise in un ordinario processo di cognizione nel contraddittorio tra le parti contendenti e dunque non sono suscettibili di passare in cosa giudicata.
E’ prededucibile il credito sorto dopo l’apertura della procedura fallimentare qualora si fondi su un provvedimento emanato dal Giudice Delegato in carenza di potere.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Livorno, Dott. Luigi Nannipieri, con la sentenza n. 140 del 30.06.2016.
Nella fattispecie considerata, una società creditrice, succeduta ad altra società cessionaria del credito vantato nei confronti della fallita in bonis, depositava domanda di ammissione ultratardiva allo stato passivo del fallimento, chiedendo la ripetizione delle somme oggetto del contratto di cessione versate alla procedura dal debitore ceduto.
In particolare, la ricorrente lamentava il fatto che il pagamento oggetto di contestazione era stato effettuato dal debitore ceduto malgrado quest’ultimo fosse pienamente a conoscenza dell’intervenuta cessione, a seguito di espressa richiesta formulata dal Curatore in forza di provvedimento reso dal Giudice Delegato, ai sensi dell’art. 25 della Legge Fallimentare.
Il Tribunale, preliminarmente, richiamava l’orientamento consolidato sul punto nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il decreto di acquisizione al fallimento di beni detenuti da terzi, emesso ai sensi dell’art. 25, comma 1, n. 2 della L.F., può essere adottato dal giudice delegato nell’ipotesi in cui il terzo non contesti l’appartenenza del bene all’asse fallimentare e non anche in quella in cui quest’ultimo opponga un proprio diritto esclusivo incompatibile con la sua inclusione nell’attivo fallimentare; in questa seconda ipotesi, infatti, sia il decreto del giudice delegato, sia il decreto confermativo emesso dal tribunale in esito al reclamo, devono ritenersi giuridicamente inesistenti (“abnormi”, adottati cioè in radicale carenza di potere), in quanto essi, lungi dal mantenersi nell’alveo dell’attività amministrativa di gestione del patrimonio fallimentare, finiscono per statuire, in via definitiva, su questioni di diritti soggettivi, che non possono essere certamente risolte nell’ambito della procedura ex artt. 25-26 legge fall., ma vanno decise in un ordinario processo di cognizione nel contraddittorio tra le parti contendenti e dunque non sono suscettibili di passare in cosa giudicata (e non possono, quindi, essere impugnati con ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell’art. 111 comma 7 Cost.), restando in facoltà di qualsiasi interessato far valere, in ogni tempo e sede e con qualunque mezzo di tutela giurisdizionale, vale a dire mediante esperimento di un’autonoma azione di nullità (cd. actio nullitatis), mediante semplice eccezione, o tramite opposizione all’esecuzione, la radicale nullità degli stessi e la loro conseguente inidoneità a produrre effetti giuridici.
Il Giudice adito osservava che, nel caso di specie, il decreto di acquisizione al fallimento di beni detenuti da terzi ex art. 25, comma 1, n. 2, della Legge Fallimentare, risultava emesso in assoluta carenza di potere del Giudicante e doveva ritenersi, quindi, giuridicamente inesistente ed insuscettibile di passare in giudicato, atteso che il Giudice Delegato aveva statuito su un diritto controverso che doveva essere invece accertato in un ordinario giudizio di cognizione nel contraddittorio tra le parti contendenti.
In altri termini, il Tribunale di Livorno ribadiva che il decreto ex art. 25 della Legge Fallimentare può essere adottato, in generale, soltanto nell’ipotesi in cui il terzo non contesti l’appartenenza del bene all’asse fallimentare e non anche quando opponga un proprio diritto esclusivo ed incompatibile con la sua inclusione nell’attivo fallimentare.
Il Giudicante, considerato indebito, dunque, il pagamento effettuato dal debitore ceduto in favore del Fallimento, ammetteva al passivo della procedura, in prededuzione, il credito vantato da parte attrice, poiché sorto in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento per effetto del provvedimento inesistente emesso dal Giudice Delegato.
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