Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
In tema di leasing, la clausola contrattuale che pone a carico dell’utilizzatore il rischio per la perdita del bene oggetto del contratto non ha carattere vessatorio, poiché essa si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità alla disciplina legale desumibile – in via analogica – dall’art.1523 c.c., sulla vendita a rate con riserva della proprietà.
Sotto l’indicato profilo non è prospettabile alcuna violazione di legge, laddove la clausola in oggetto sia stata accettata e sottoscritta ai sensi degli artt.1341 e 1342 c.c.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Dott. Eugenio Curatola con la sentenza n. 24388 del 31 dicembre 2016.
IL CASO
Nel caso di specie l’obbligato principale ed i garanti fideiussori proponevano opposizione congiunta avverso un decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal Tribunale di Roma, come derivante dalla pretesa creditoria della società di leasing maturata a seguito dell’evento furto dei beni concessi in locazione finanziaria.
In particolare, gli opponenti eccepivano l’incompetenza per territorio del Tribunale di Roma e, nel merito, deducevano la inesigibilità del credito di parte opposta, atteso che i beni oggetto di furto nel corso del rapporto, erano stati oggetto di una doppia copertura assicurativa, accesa sia dalla società di leasing, sia dalla medesima utilizzatrice dei beni; invocavano, quindi, anche la chiamata in causa delle rispettive società di assicurazione.
Ancora nel merito, eccepivano l’inefficacia delle fideiussioni, in riferimento agli artt. 1957 e 1944 c.c..
Costituitasi in giudizio, la società opposta contestava in fatto e in diritto la domanda proposta nei suoi confronti, deducendo che: 1) la competenza territoriale era stata oggetto di specifica pattuizione; 2) il dettato contrattuale di riferimento prevedeva le obbligazioni nascenti in caso di furto dei beni oggetto dei contratti di leasing (risoluzione del rapporto, pagamento dei canoni non ancora scaduti, eventuale retrocessione dei risarcimenti già liquidati o surrogazione in ogni diritto e azione relativa); 3) essa concedente non aveva ricevuto indennizzi e/o risarcimenti da parte delle società assicuratrici;4) i fideiussori avevano rilasciato una garanzia a prima richiesta (atto autonomo di garanzia).
Autorizzata la chiamata in causa delle società assicuratrici e concessa la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto, il Tribunale di Roma, con la sentenza in commento, ha rigettato l’opposizione di parte attrice, confermando integralmente il provvedimento.
Nella parte motiva, brevemente esponendo che, quanto alla competenza del Tribunale di Roma, essa discendeva dalla specifica pattuizione contrattuale e dalla sottoscrizione della relativa clausola, ai sensi degli artt.1341 e 1342 c.c., il Giudice si è poi soffermato sul contenuto e l’ analisi del regolamento di interessi nel caso concreto: orbene confermando, in adesione alle argomentazioni difensive di parte opposta, che il credito da essa vantato trovava fondamento nel contratto di locazione finanziaria e nelle condizioni generali applicate al rapporto, che nella ipotesi di furto, o comunque di perdita dei beni, le stesse prevedevano che l’utilizzatore dovesse immediatamente corrispondere al Concedente, con valuta pari a quella della data in cui si era verificato l’evento e quindi risolto il contratto, il relativo l’indennizzo, con gli interessi di mora convenzionali in caso di ritardo.
Ancora, le clausole contrattuali prevedevano che solo una volta integralmente corrisposto dall’utilizzatore l’indennizzo, con i relativi accessori, il Concedente avrebbe provveduto a retrocedergli i risarcimenti tutti già liquidati dalle compagnie assicuratrici ovvero, qualora tali risarcimenti non fossero ancora stati corrisposti, a surrogarlo in ogni diritto ed azione relativa.
Nel prosieguo dell’argomentazione il Giudice osservava inoltre che in tema di leasing la clausola contrattuale che pone a carico dell’utilizzatore il rischio per la perdita del bene oggetto del contratto non ha carattere vessatorio, poiché essa si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità della disciplina legale desumibile – in via analogica – dall’art.1523 c.c., sulla vendita a rate con riserva della proprietà.
Sotto l’indicato profilo, dunque, non era prospettabile alcuna violazione di legge, tanto più che le clausole in oggetto erano state accettate e sottoscritte ai sensi degli artt.1341 e 1342 c.c.
L’inadempimento della utilizzatrice dei beni ed obbligata principale risultava indi indiscutibile, sì che legittima era stata la richiesta avanzata con il ricorso monitorio.
Per quanto attiene alle domande proposta nei confronti delle società assicuratrici, Il Tribunale di Roma ha in primo luogo rilevato il difetto di legittimazione delle parti attrici, non avendo queste ultime azione diretta nei confronti di esse società assicuratrici.
Peraltro, e sempre con riferimento al regolamento di interessi inter partes sottoscritto, rilevando l’inesigibilità dell’indennizzo da parte dell’utilizzatore dei beni oggetto di furto, dal momento che la surrogazione di quest’ultimo nella posizione del concedente era subordinata all’integrale corresponsione, in favore del locatore, dell’indennizzo; condizione quest’ultima, che nel caso di specie non si era ancora verificata.
Le società assicuratrici, costituendosi debitamente in giudizio nella qualità di chiamate in causa, avevano infine affermato di non aver mai corrisposto indennizzi in seguito al furto dei beni; in particolare una di esse deduceva la pendenza di un procedimento penale nei confronti di uno dei fideiussori, per aver falsamente affermato di aver subìto il furto di veicoli oggetto di numerosi contratti di leasing, tra cui il rapporto portato all’esame del Tribunale di Roma.
Il Tribunale, per quanto attiene alla posizione dei fideiussori, rilevava la natura autonoma della garanzia personale come prestata da essi fideiubenti, i quali si erano impegnati al pagamento “a semplice richiesta scritta ed anche in caso di opposizione da parte del Cliente”, ed inoltre che la concedente era stata espressamente esonerata dall’onere di agire entro i termini previsti dall’art.1957 c.c.; ed in ultimo che i fideiussori avevano rinunciato ad avvalersi della facoltà di opporre le eccezioni di cui all’articolo 1945 c.c., della liberazione di cui all’art.1955 c.c. e al beneficio della preventiva escussione del cliente.
Sulla base dei suesposti rilievi, il Tribunale di Roma si è pronunciato per il rigetto dell’opposizione, nonché della domanda proposta nei confronti delle chiamate in causa, condannando gli opponenti alla integrale rifusione delle spese di lite.
IL COMMENTO
La massima come estrapolata dalla sentenza del Tribunale di Roma in commento, fu espressa per la prima volta dalla Suprema Corte di Cassazione sez. III con la sentenza del 11/02/1997 n. 1266.
Essa espose che in tema di “leasing” traslativo, la clausola contrattuale che addossa all’utilizzatore ogni rischio per il deterioramento o la perdita dei beni oggetto del contratto, anche se dovuti a caso fortuito o a forza maggiore, non ha carattere vessatorio ed è quindi valida indipendentemente dalla specifica sottoscrizione a norma dell’art. 1341 c.c. poiché essa si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità della disciplina legale ricavabile – in via analogica – dall’art. 1523 c.c. sulla vendita a rate con riserva della proprietà; a sostegno della massima, la Suprema Corte richiamò i principi come ricavabili nella definizione legislativa di cui all’art. 17 l. 2 maggio 1976 n. 183, che (pur se nell’ambito della normativa speciale per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno) considerava quale elemento caratteristico e naturale del contratto di leasing, la assunzione di ogni rischio da parte dell’utilizzatore .
Alla sopra citata sentenza, hanno fatto poi seguito le ulteriori pronunce della Suprema Corte sul punto, (Cassazione civile, sez. III, 31/03/2015, n. 6452 Cassazione civile, sez. III, 14/10/2011, n. 21301 Cassazione civile, sez. III, 03/05/2002, n. 6369), sostanzialmente confermative il principio che, vertendosi nella specie di leasing traslativo, la clausola contrattuale che pone a carico dell’utilizzatore il rischio per la perdita del bene oggetto del contratto non ha carattere vessatorio, poiché si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità della disciplina legale desumibile – in via analogica – dall’art. 1523 c.c., sulla vendita a rate con riserva della proprietà.
Merita con l’occasione il richiamo, anche la sentenza Cass. civile, sez. III, 10/09/2010, n. 19301, laddove essa ha precisato che ove pattuito che il concedente assicuri il bene concesso contro il rischio di perdita totale, nei limiti del valore residuo del bene alla data del sinistro, per valore residuo del bene debba intendersi il suo residuo valore commerciale effettivo e non anche il valore pari alla somma dei canoni non ancora maturati alla data del sinistro, in quanto tale importo apparirebbe inferiore al residuo valore commerciale effettivo del bene, al momento della sua perdita.
Dal punto di vista operativo, la Suprema Corte focalizzò la propria attenzione e sempre sul tema del passaggio del rischio a carico dell’utilizzatore, sulla attribuzione al concedente del diritto a percepire l’indennità dovuta dall’assicuratore, così creandosi un collegamento tra il contratto di assicurazione ed il contratto di finanziamento, in forza del quale il finanziatore non assume la qualità di assicurato, giacchè a suo favore non è stipulata l’intera polizza, ma può pretendere di percepire l’indennizzo in luogo dell’utilizzatore – contraente assicurato (cfr. Cass. n. 20743 del 26/10/2004).
La corte territoriale che aveva statuito nel merito, aveva osservato che il lessor, una volta percepito l’indennizzo assicurativo in forza dell’appendice di vincolo – aveva detratto interamente tale importo dalle somme dovutele per contratto dal lessee , al quale venne infatti dalla prima richiesto in via riconvenzionale, il solo importo a saldo come derivante dal piano di ammortamento finanziario.
Orbene la Suprema Corte ha esposto che la concedente, per il caso di perdita del bene, avrebbe potuto perseguire il proprio interesse a non correre l’alea dell’inadempimento dell’utilizzatore (tenuto a pagare le somme ancora dovute al momento del sinistro, salva l’attualizzazione), assicurandosi contro quel rischio indipendentemente dall’assunzione di un’obbligazione contrattuale nei confronti dell’utilizzatore stesso, al quale avrebbe potuto in ipotesi addossare il relativo costo mediante un adeguato aumento del canone, rientrando l’operazione economica nei costi del leasing; l’essersi invece “obbligata” verso l’utilizzatore a concludere un’assicurazione, univocamente manifestava che i contraenti avessero in tal modo voluto tutelare l’interesse del creditore della prestazione (l’utilizzatore), essendo giuridicamente inconfigurabile una obbligazione contrattuale a realizzare un interesse proprio, di chi l’obbligazione assume.
La Suprema Corte indi, con la sentenza n. 19301/10, fissò il principio che per valore residuo del bene, con riguardo all’obbligazione assunta dalla concedente in un contratto di durata, dovesse intendersi il valore del bene che residua, rispetto a quello iniziale, in relazione al trascorrere del tempo; ed il valore di un bene connesso all’uso che se ne fa ed al tempo che passa, dovendo intendersi quello oggettivamente assegnato dal mercato in relazione alle regole economiche della domanda e dell’offerta.
Concluse la Suprema Corte affermando il principio che la clausola relativa al limite del risarcimento costituito dal “valore residuo del bene alla data del sinistro“, facente parte delle condizioni generali del contratto predisposte dalla concedente, andava dunque interpretata, nell’ipotetico dubbio, a favore dell’utilizzatore, giusta la regola ermeneutica posta dall’art. 1370 c.c. ; da ciò discendendo che l’interesse dell’utilizzatore era, evidentemente, quello di ottenere un indennizzo pari al valore del bene perduto e non all’ammontare del residuo credito (attualizzato) della concedente, al di là del solo parziale vantaggio ricavato dal non dover economicamente sopportare l’onere delle rate non ancora scadute e che era comunque obbligato a versare, in base ad una previsione contrattuale non certo contemplata in proprio favore.
In estrema sintesi e quindi, a parere di chi scrive, confermati in toto i principi e le massime come derivanti dalla disamina dei precedenti giurisprudenziali di legittimità, applicati alla fattispecie di cui al caso oggi in commento, meritano attente riflessioni e considerazioni, i principi espressi sempre dai giudici della legge a tutela evidente del contraente più debole, tali da consentire eventuali opportuni adeguamenti, ove occorra, alla normativa contrattuale di riferimento, da parte degli operatori del settore; ciò sempre in linea con la mai dimenticabile Convenzione Unidroit sul leasing finanziario internazionale di Ottawa del 28 maggio 1988, (ratificata dallo stato italiano con legge 14 luglio 1993, n. 259), da sempre punto di riferimento “equilibratore” nei rapporti credito-debito in area leasing.
Per altri provvedimenti in materia di leasing, si veda:
LEASING: il patto di riacquisto è una garanzia accessoria ed autonoma
La retrovendita – dal concedente al fornitore – del bene concesso in leasing è un negozio giuridico atipico
Sentenza | Tribunale di Roma, Dott. Simone Antonio Castelnuovo | 10.12.2016 | n.22955
LEASING: non necessario un atto stragiudiziale per avvalersi della clausola risolutiva espressa
Tale volontà può essere manifestata con l’instaurazione del giudizio
Ordinanza | Tribunale di Brescia, dott.ssa Elena Fondrieschi | 08.11.2016 |
LEASING TRASLATIVO: nell’azione di riconsegna del bene si applica l’art. 1526 comma 1 e 2 c.c.
La parte concedente ha diritto all’equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno
Cassazione civile, sez. terza, Pres. Vivaldi – Rel. Tatangelo | 02.08.2016 | n.16050
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