La previsione dell’infalcidiabilità del credito I.V.A., di cui all’art. 182 ter, L.F., trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale.
Questo il principio espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella recente pronuncia del 27.12.2016, n. 26988, che si inserisce nell’ormai annoso dibattito in materia di falcidiabilità, o meno, del credito I.V.A. in sede di concordato non accompagnato da transazione fiscale.
Nella fattispecie in questione, la Corte d’Appello di Genova, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda di omologazione di concordato preventivo proposta da una società debitrice, dichiarandola inammissibile in quanto formulata in violazione del divieto di falcidia del credito I.V.A., imposto dall’art. 182 ter, L.F..
Avverso la decisione del Giudice di seconde cure, ricorreva per Cassazione la società debitrice, lamentando, per un verso, il fatto che i giudici di merito, pur riconoscendo la facoltatività della transazione fiscale, quale fase meramente eventuale del procedimento di concordato preventivo, avessero contraddittoriamente attribuito alla relativa disciplina e, segnatamente, al divieto di falcidia del credito I.V.A., una generale portata derogatoria della disciplina dettata per il procedimento penale; per un altro verso, deducendo il fatto che l’interpretazione operata dalla Corte avrebbe comportato, inopinatamente, uno stravolgimento dell’ordine dei privilegi, atteso che il credito I.V.A., collocato come diciannovesimo, avrebbe finito per prevalere su crediti potiori.
Sul punto, si sono avvicendati due orientamenti opposti, tali da giustificare un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite: l’uno, favorevole all’infalcidiabilità del credito I.V.A. solo nei casi di concordato con transazione fiscale; l’altro, favorevole all’infalcidiabilità in tutti i casi di concordato, con o senza transazione fiscale.
Prima di esporre, più nel dettaglio, le ragioni a sostegno di entrambe le tesi poc’anzi richiamate, giova brevemente chiarire cosa si intenda per domanda di concordato accompagnata, o meno, da transazione fiscale e quale sia stata la ratio della disciplina.
Giova ricordare, in questa sede, che l’art. 160 L.F. riconosce all’imprenditore in crisi la facoltà di proporre ai propri creditori un concordato preventivo, sulla scorta di un piano che preveda anche il soddisfacimento non integrale dei crediti, purchè “ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d)”.
L’art. 182ter L.F., invece, prevede che l’imprenditore possa decidere di affiancare al piano di cui alla norma precedente anche una transazione fiscale, purchè si sia in presenza di debiti tributari.
Trattasi di una procedura speciale ed alternativa rispetto a quella prevista dall’art. 160 L.F., il cui intento è quello di permettere al soggetto in crisi di “proporre il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea; con riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”.
Fatta questa premessa, dalla semplice lettura della norma è risultato immediatamente chiaro che la transazione fiscale, nelle ipotesi di debiti tributari, non deve essere considerata in termini di condizione di ammissibilità dell’istanza di concordato preventivo, essendo quest’ultima espressamente qualificata come facoltà.
Le criticità della disciplina introdotta dall’art. 182ter L.F., il cui risultato positivo non può negarsi, hanno riguardato tutte l’inciso “con riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”, in quanto asseritamente espressione del divieto comunitario di disponibilità, da parte degli Stati membri, del tributo indiretto.
In realtà, la Corte di Giustizia Europea è solita ravvisare una tale violazione in quelle ipotesi in cui “lo Stato acconsenta ad una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva ad ogni attività di accertamento e verifica in materia di IVA, in assenza di una valutazione caso per caso delle circostanze” e, nel caso di concordato, non può certo discorrersi di rinuncia “soggiacendo anch’esso alle regole generali del concorso ed al trattamento previsto dalla norma sull’ordine dei privilegi, non potrebbe che essere tacitato nei limiti della capacità patrimoniale del debitore e subire, perciò, gli effetti di una decisione che non dipende affatto dalla propria volontà, ma da una graduazione espressamente fissata dal legislatore” (cfr. F. CORRARO, Concordato preventivo ed “infalcidiabilità” dell’IVA, in Ilfallimentarista.it, 2016).
E’ proprio in quest’ottica che, sino ad oggi, una larga parte della giurisprudenza di merito e legittimità ha teorizzato il principio dell’infalcidiabilità del credito I.V.A. anche nelle ipotesi di concordato senza transazione fiscale.
Le considerazioni poste a fondamento del richiamato orientamento sono duplici:
– l’I.V.A. rappresenta una risorsa finanziaria dell’Unione Europea e gode di un trattamento speciale;
– l’art. 182ter L.F. sarebbe applicabile, in via analogica, in ragione della sua natura di norma eccezionale e sostanziale.
A ben vedere, come evidenziato dalle Sezioni Unite e da una minoritaria giurisprudenza, nessuna delle suesposte argomentazioni sembra meritevole di accoglimento.
In primo luogo, se si ammettesse la natura di risorsa finanziaria U.E., ne risulterebbe svuotata di significato la precisazione operata dall’art. 182ter L.F.
In secondo luogo, è proprio la natura di norma eccezionale dell’art. 182ter L.F. a precluderne l’applicabilità, in via analogica, a fattispecie diverse da quelle espressamente regolate.
A ciò si aggiunga che il principio dell’infalcidiabilità del credito I.V.A., ha ragion d’essere nei casi di concordato con transazione fiscale in quanto l’imprenditore si giova dei vantaggi da esso derivanti, ma non anche in quelli di concordato senza transazione fiscale.
Anzi, in queste ultime ipotesi, non solo sarebbe un ostacolo al ricorso del concordato, giacché l’imprenditore potrebbe giovarsene solo laddove la capienza sia tale da permettere il pagamento integrale dell’I.V.A.; ma si arriverebbe all’assurdo di considerare tale credito come assistito da un “superprivilegio”, sebbene solo in sede concorsuale.
E’ proprio sulla base di tali considerazioni che le Sezioni Unite sono correttamente giunte alla conclusione di limitare l’applicabilità del principio ivi esaminato alle sole ipotesi espressamente previste dalla norma.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONCORDATO PREVENTIVO: AMMISSIBILE CON PAGAMENTO PARZIALE RITENUTE PREVIDENZIALI ED I.V.A.
NE È ESCLUSA LA FALCIDIABILITÀ SOLO NELL’AMBITO DELLE TRANSAZIONI FISCALI
Decreto Tribunale di Livorno, Pres. Nannipieri – Rel. Marinai 13-04-2016 n. 29
CONCORDATO PREVENTIVO: AMMISSIBILE CON PAGAMENTO PARZIALE DEL DEBITO I.V.A.
OVE RISULTI CHE LA LIQUIDAZIONE FALLIMENTARE NON GARANTIREBBE PAGAMENTO MAGGIORE
Sentenza Corte di Giustizia Europea, sezione seconda 07-04-2016
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