La postdatazione dell’assegno non determina di per sé la nullità né la inesigibilità del titolo; ciò vale anche nell’ipotesi di accordo tra le parti con cui il creditore si impegna a non presentare l’assegno all’incasso prima della data indicata sul titolo medesimo fatte salve le implicazioni di carattere fiscale che giustificano il rifiuto della Banca alla negoziazione.
Questo il principio espresso dalla Corte d’Appello di Bari, Pres. Di Leo – Rel. Giancaspro, con la sentenza n. 631 del 22.05.2017.
Nel caso in questione, la Corte di Appello di Bari, accogliendo il gravame proposto dalla Banca, ha totalmente riformato la sentenza del Tribunale di Foggia che l’aveva condannata al risarcimento del danno patito, per essersi rifiutata di negoziare assegni postdatati, senza la loro preventiva regolarizzazione.
La Corte barese ha ribadito che la regolarizzazione dell’assegno postdatato avviene mediante versamento dell’imposta proporzionale calcolata come avviene per le cambiali, nonché attraverso le sanzioni sancite in materia di bollo, a norma degli artt. 118 e 121 RD n. 1736/1933 e della nota all’art. 5 della Tariffa allegata al dpr 642/72.
Ne consegue che la richiesta di regolarizzazione degli assegni de quibus da parte della Banca trattaria era legittima così come era legittimo il suo rifiuto alla negoziazione dei medesimi titoli, pretesa dai beneficiari che l’avevano tratta in giudizio dinanzi al predetto Tribunale.
La sentenza impugnata aveva completamente obliterato la circostanza che “la postdatazione è già di per se’ indice di mancanza di copertura” (cfr. Cass. Sez. II 10.12.1986) e che l’emissione di un assegno postdatato era ed è illegale, anche se l’emissione di detto titolo di credito, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 507/99, non configura più il fatto come reato penale, bensì, come condotta sanzionabile amministrativamente per l’evasione del bollo (D.P.R. 642/72).
E’ vero che l’art. 31 del R.D. recita testualmente: “L’assegno bancario è pagabile a vista. Ogni contraria disposizione si ha per non scritta. L’assegno bancario presentato al pagamento prima del giorno indicato come data di emissione è pagabile nel giorno di presentazione”.
Ma è, altresì, vero che la predetta norma va coordinata con l’art. 121 della medesima Legge sull’assegno, che impone al presentatore la regolarizzazione fiscale, in quanto da parificarsi alla cambiale.
La Corte di Cassazione, sez. prima, con la sentenza 24 maggio 2016 n. 10710, ha rimarcato, infatti, che l’emissione di un assegno postdatato è contraria alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del regio decreto n. 1736 del 1933 e dà luogo a un giudizio negativo di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume enunciato dall’art. 1343 del c.c..
La Banca aveva proposto appello avverso l’ultronea sentenza del Tribunale foggiano instando presso la Corte barese non solo per la sua totale riforma ma anche per la inibitoria, che veniva rigettata dal Presidente dell’epoca, in quanto la relativa istanza non era stata depositata contestualmente alla nota di iscrizione a ruolo, motivazione superficiale sconfessata, però, dai timbri contestuali apposti dalla cancelleria lo stesso giorno e alla stessa ora, su entrambi gli atti giudiziari.
La Banca ha dovuto anche subire la procedura esecutiva mobiliare conclusasi con l’assegnazione della predetta dovuta, in favore di parte appellata, che ora dovrà restituire, ciò che dovrà fare anche il suo difensore dichiaratosi distrattario.
La Corte barese ha anche ritenuto corretta l’acquisizione al processo di primo grado di una microcassetta, con relativa trascrizione della conversazione telefonica, in quanto non tempestivamente disconosciuta, acquisizione avversata, invece, dalla Banca, contenuto ritenuto, però, irrilevante in quanto nella conversazione erano coinvolti soggetti diversi dalla banca, ancorché suoi dipendenti.
La Corte barese ha, in sintesi, fatto correttissima applicazione dei principi dettati in subiecta materia dai Supremi Giudici secondo cui, in relazione ai danni verificatisi nell’ambito di un comportamento pienamente lecito (e l’attività bancaria, tutelata dall’art. 47 della Costituzione, è sottoposta a rigorosi controlli da parte di Bankitalia), tanto nel caso in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva del debitore della prestazione, quanto in quello in cui risulti, invece, configurabile una responsabilità aquiliana, l’esistenza di un comportamento colposo del danneggiato, esclude in radice la responsabilità della Banca, qualora si tratti di un comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno ed il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra un concorso di colpa ex art. 1227, comma 1, c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante, in proporzione all’incidenza causale del medesimo creditore della prestazione.
Sulla base di quanto esposto, la Corte accoglieva il gravame, condannando gli appellati al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
Non viola il principio dell’autonomia contrattuale ex art. 1322 cc la dichiarazione nullità del patto di garanzia
Sentenza | Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Forte – Rel. Bisogni | 24.05.2016 | n.10710
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