Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
Deve negarsi in radice la configurabilità di un fenomeno anatocistico, nell’ambito del leasing.
E’ all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo della qualità di consumatore, ai fini dell’applicabilità della specifica normativa protettiva di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c. (ovvero di cui agli artt. 33 e segg. d.lgs. n. 206/2005), attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore rispetto all’obbligazione garantita.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Dott. Luigi D’Alessandro, con la sentenza n. 12091 del 14.06.2017.
IL CASO
L’obbligata principale e con essa i garanti, proponevano opposizione avverso decreto ingiuntivo emesso su istanza di una società di leasing, per il pagamento di somme dovute a titolo di canoni insoluti relativi ad un contratto di leasing, risolto per inadempimento.
A sostegno dell’opposizione gli attori deducevano che 1) il decreto ingiuntivo era nullo in quanto emesso da un giudice privo di competenza territoriale, spettando questa, ai sensi dell’art. 1469-bis comma 3, n. 19, c.c., ad altro Tribunale quale Ufficio nel cui circondario risiedevano essi opponenti, soggetti qualificabili come “consumatori”; 2) l’atto di compravendita in forza del quale la società concedente aveva acquistato la proprietà del bene locato, era stato oggetto di una domanda giudiziale di revocatoria da parte di un creditore della parte venditrice, sicché l’accoglimento di tale domanda avrebbe travolto il collegato contratto di leasing e legittimamente l’utilizzatrice aveva sospeso il pagamento dei canoni periodici; 3) il contratto di compravendita era affetto da nullità che, stante il collegamento tra i due negozi, non poteva non estendersi alla stessa locazione finanziaria; 4) la società di leasing aveva applicato indebiti interessi anatocistici ed usurari.
La società di leasing si costituiva in giudizio, deducendo l’infondatezza della domanda avversaria, della quale invocava il rigetto.
Con ordinanza riservata, l’istruttore concedeva la provvisoria esecuzione del decreto opposto, ritenendo l’opposizione non fondata su prova scritta o di pronta soluzione.
Orbene, con la decisione in commento, il Tribunale di Roma ha affermato i i seguenti principi:
a) l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito era priva di pregio, alla luce del chiaro tenore delle condizioni generali di contratto di locazione finanziaria oltre che delle condizioni generali del contratto di fideiussione, con i quali le parti avevano convenzionalmente stabilito la competenza territoriale (anche) del foro di Roma nelle cause promosse dalla società concedente/garantita; b) andava escluso che nella specie potesse applicarsi il c.d. foro del consumatore di cui all’art. 33, lett. u), D.Lgs. n. 206/2005, sia perché la debitrice principale, stante la sua natura societaria, non poteva rientrare nella nozione di consumatore, qualità riservata alle sole persone fisiche, sia perché, con riguardo alla posizione dei fideiussori, è all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo della qualità di consumatore, ai fini dell’applicabilità della specifica normativa protettiva di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c. (ovvero di cui agli artt. 33 e segg. d.lgs. n. 206/2005), attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore rispetto all’obbligazione garantita (cfr., tra le tante, Cass. 29.11.2011, n. 25212); c) la pendenza di un distinto giudizio di revocatoria ex art. 2901 c.c.. introdotto dall’asserito creditore della società venditrice dell’immobile oggetto di locazione finanziaria, non poteva avere alcuna influenza sul giudizio in commento, considerati gli effetti che potrebbero in astratto discendere dall’eventuale accoglimento di quella domanda, come noto limitati alla sola inefficacia dell’atto revocato nei confronti del creditore che ha agito e fermo restando l’effetto traslativo nei rapporti tra alienante ed acquirente; d) la nullità del contratto di compravendita era stata genericamente dedotta dagli opponenti, senza fare alcun riferimento alla ragione che l’avrebbe determinata, dovendosi comunque escludere, per le ragioni suesposte, che tale conseguenza discenda dall’eventuale vittorioso esperimento dell’azione revocatoria; e) le doglianze concernenti l’anatocismo e il carattere usurario degli interessi applicati, erano state genericamente formulate, senza fare alcun concreto riferimento al rapporto contrattuale per cui era causa; f) ad ogni modo l’obiezione relativa all’usurarietà degli interessi applicati non era stata supportata dal necessario deposito dei decreti ministeriali determinativi del tasso-soglia usurario e non poteva certo soccorrere il principio jura novìt curia di cui agli arti. 113 c.p.c. e 1 disp. prel. c.c., inapplicabile a meri atti amministrativi, quali sono appunto i riferiti decreti (cfr. Cass., 26.06.2001, n. 8742; Cass., 05.08.2002, n. 11706); g) doveva comunque negarsi in radice la configurabilità di un fenomeno anatocistico nell’ambito del leasing, condividendosi l’orientamento della Suprema Corte che ha invero escluso l’applicabilità dell’art. 1283 c.c. in quanto il canone, nel contratto di leasing, è dovuto dall’utilizzatore come corrispettivo del godimento del bene da parte sua, mentre non rileva il dato economico che il canone, oltre ad essere commisurato al prezzo di acquisto sborsato dal concedente, sia di regola comprensivo, con ammortamento, spese di gestione e margine di profitto dell’ impresa, anche dell’ interesse sul capitale investito” (cfr. Cass. 29.3.1996, n. 2909).
Sulla base di quanto esposto, il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione, condannando gli opponenti alla rifusione delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia al seguente contributo pubblicati in rivista:
Non è vessatoria la clausola che preveda quale foro aggiuntivo quello della dipendenza della Banca
Sentenza | Tribunale di Lucca, Dott. Carmine Capozzi | 18.02.2017 | n.406
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