Provvedimento segnalato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa
Anche se la diligenza richiesta al promotore finanziario per la verifica dell’autenticità di un ordine di investimento non può equipararsi a quella richiesta all’operatore che opera in cassa tenuto a controllare la sottoscrizione di un assegno bancario, deve escludersi un inadempimento dell’onere di diligenza laddove la legittimazione del sottoscrittore risulti evidente alla luce di ulteriori elementi.
È inutilizzabile il ricorso alla firma apocrifa da parte di uno dei cointestatari dell’investimento; ove il presunto “falsificatore” è risultato avere pieno potere di agire, anche disgiuntamente, sul fondo d’investimento del quale era cointestatario, non avendo quindi alcun bisogno di ricorrere all’apposizione della sottoscrizione (propria non di terzi) falsa sull’ordine di disinvestimento, con la conseguenza che la sua legittimazione risulta evidente.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. Prima, Pres. Giancola – Rel. Acierno, con sentenza n. 16313 del 03.07.2017.
Nel caso considerato, una investitrice proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che, confermando la decisione del giudice di prime cure, aveva respinto la sua domanda diretta ad ottenere dalla Banca il risarcimento dei danni derivanti dalla sorte di un investimento denominato di cui la stessa era intestataria e che con firma apocrifa era stato in parte disinvestito e successivamente interamente reintestato ad altro soggetto.
In particolare l’investitrice contestava alla banca di non aver verificato le sottoscrizioni apposte sugli ordini di disinvestimento, con la firma dello specimen depositato, quindi, di non aver agito con la diligenza necessaria.
L’istituto di credito convenuto resisteva con controricorso, negando ogni sua responsabilità.
La Suprema Corte in primo luogo evidenziava che i giudici d’appello, nell’esame della responsabilità contrattuale della banca per inadempimento dell’obbligo di diligenza su di essa incombente avevano svolto un’indagine fattuale delle complessive risultanze probatorie in atti, fondata in particolare sulla valutazione delle sottoscrizioni contestate, escludendo che l’alterazione e l’inautenticità fossero visivamente percepibili.
Nella specie, la Corte d’Appello aveva ritenuto che la responsabilità della banca per negligenza dovesse fondarsi sulla riconducibilità delle sottoscrizione al cd. “falso grossolano” secondo il canone elaborato dalla giurisprudenza in relazione alla responsabilità del banchiere per il pagamento di assegni con firma di traenza falsa o altre alterazioni del titolo, pertanto, il grado di diligenza richiesto al promotore finanziario cui erano stati trasmessi gli ordini era da equiparare a quello dell’operatore bancario che opera in cassa, orbene, aveva escluso la responsabilità contrattuale della banca per non aver rilevato la natura apocrifa delle sottoscrizioni apposte sugli ordini contestati.
Diversamente gli ermellini, consideravano detta equiparazione errata atteso che l’intermediario ha una disponibilità temporale maggiore per verificare l’autenticità della sottoscrizione rispetto all’assegno, inoltre, l’ordine d’investimento e disinvestimento viene eseguito sempre nella stessa banca e con lo stesso funzionario con il quale vi è un rapporto fiduciario preciso, pertanto, affermavano che la diligenza destinata alla verifica dell’autenticità della sottoscrizione di un assegno bancario ha un’intensità diversa rispetto a quella riferita ad un ordine d’investimento o disinvestimento.
Ciò premesso, osservava, però, la Cassazione che l’insussistenza dell’inadempimento della banca all’obbligo contrattuale di diligenza su di essa incombente non poteva dirsi fondato soltanto sull’esame visivo delle sottoscrizioni, atteso che, nel caso di specie, il presunto “falsificatore” era risultato avere pieno potere di agire, anche disgiuntamente, sul fondo d’investimento del quale era cointestatario, non avendo quindi alcun bisogno di ricorrere all’apposizione della sottoscrizione falsa sull’ordine di disinvestimento, con la conseguenza che la sua legittimazione risulta evidente.
Alla luce di dette considerazioni non riscontrava alcuna responsabilità della Banca, pertanto, respingeva il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti provvedimenti pubblicati in rivista:
ASSEGNO BANCARIO FALSIFICATO CON FIRMA APOCRIFA: LIMITI ALLA RESPONSABILITÀ DELLA BANCA
L’ESAME VISIVO DEL TITOLO È L’ELEMENTO ESSENZIALE PER DETERMINAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ DELL’ENTE CREDITIZIO
Sentenza | Cassazione civile, sezione terza | 04.10.2011 | n.20292
ASSEGNO BANCARIO – FIRMA APOCRIFA: LA BANCA NON È RESPONSABILE SE LA FALSITÀ NON EMERGE ICTU OCULI
LA BANCA NON È TENUTA A PREDISPORRE PARTICOLARI ATTREZZATURE IDONEE AD EVIDENZIARE IL FALSO O L’ALTERAZIONE MEDIANTE STRUMENTI MECCANICI O CHIMICI
Sentenza | Tribunale di Napoli, dott. Fabio Perrella | 28.05.2014 |
ASSEGNO – FIRMA TRAENZA FALSA – TRACCIATO PIATTO – ESAME TATTILE LIMITI DELLA RESPONSABILITÀ DELLA BANCA NEL PAGAMENTO DELL’ASSEGNO CON FIRMA FALSA
Sentenza | Cassazione civile | 20.03.2014 | n.6513
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