Non è da considerarsi vessatoria una clausola contenuta nel contratto di leasing in forza della quale si prevede il potere di scioglimento del rapporto contrattuale in capo al concedente in ipotesi di mancato pagamento, alla scadenza, anche di un solo canone, quota, o altro importo o corrispettivo dovuto.
In conseguenza dell’applicazione di tale clausola diviene dunque irrilevante ogni indagine diretta a stabilire se l’inadempimento sia sufficientemente grave da giustificare l’effetto risolutivo, dal momento che con l’approvazione di una clausola di tal fatta, ai sensi delle previsioni normative dell’art. 1341 c.c., i contraenti hanno previsto come determinante per la sorte del rapporto negoziale l’inadempimento dedotto, che assurge a obbligazione primaria ed essenziale scaturente dallo stipulato contratto.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Vicenza, dott. Francesco Lamagna con la sentenza del 28 marzo 2017.
Nel caso considerato una società di leasing ha agito in via monitoria per ottenere il pagamento del credito vantato a titolo di canoni scaduti e non pagati, oltre agli interessi moratori pattuiti e di quelli a scadere attualizzati, compreso l’importo per il riscatto, maturati in relazione al contratto con il quale era stata concessa in locazione finanziaria un’imbarcazione.
Avverso tale provvedimento è stata proposta opposizione dall’utilizzatore e dal fideiussore sul presupposto dell’inesistenza dell’inadempimento contrattuale e, comunque, che lo stesso non sarebbe stato di gravità tale da legittimare il concedente ad avvalersi della clausola risolutiva espressa, essendo rimaste insolute sole due rate, deducendo che le pretese avversarie trovavano fondamento su clausola contrattuale vessatoria e come tali nulle, ai sensi delle disposizioni del Codice del Consumo, motivo per il quale doveva trovare applicazione l’art. 1526 c.c., essendo il relativo rapporto contrattuale riconducibile alla fattispecie del leasing traslativo, per cui chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo ed, in via riconvenzionale, la condanna della società di leasing alla restituzione dei canoni di leasing dalla stessa riscosse, previa compensazione con l’eventuale minor credito risultante a favore dell’ingiungente.
Si è costituita la SOCIETA DI LEASING che ha resistito alla proposta opposizione, deducendone la assoluta infondatezza.
Il Tribunale ha ritenuto che il comportamento della SOCIETÀ DI LEASING sia stato assolutamente corretto atteso che le condizioni generali di contratto prevedevano ai sensi dell’art. 1456 cc anche in ipotesi di mancato pagamento di una solo canone e che la detta clausola era stata approvata ai sensi dell’art. 1341 cc, per cui era irrilevante ogni indagine diretta a stabilire se l’inadempimento fosse sufficientemente grave da giustificare l’effetto risolutivo.
Del pari il Giudice ha ritenuto infondata la tesi secondo la quale tale clausola sarebbe stata nulla in quanto vessatoria poiché avrebbe generato un uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, a tutto svantaggio degli Utilizzatori.
Il Tribunale ha osservato che la regolamentazione pattizia delle condizioni aventi rilevanza ai fine della risoluzione del contratto e degli effetti della stessa risoluzione, non concretizzando alcuna violazione di principi inderogabili, né uno squilibrio economico rilevante tra i contrapposti interessi delle parti, era da considerarsi del tutto legittima in quanto rientrante nell’autonomia delle parti, sicchè alcuno squilibrio contrattuale veniva a prodursi in conseguenza della previsione di considerare come determinante per la sorte del rapporto negoziale l’inadempimento dedotto, anche se di oggettiva modesta entità.
Infine il Giudice ha stabilito la legittimità della clausola penale stabilita nel contratto per la quale il concedente aveva diritto di trattenere i canoni pagati e di ricevere i canoni scaduti e non pagati e quelli a scadere attualizzati (compreso l’importo per il riscatto finale), oltre agli interessi moratori pattuiti con facoltà dell’utilizzatore inadempiente, di poter detrarre da tale credito le somme ricavate dalla vendita del bene, a suo tempo spontaneamente restituita dagli stessi Utilizzatori, al netto delle spese sostenute dalla stessa concedente.
Per tali ragioni il Giudice ha rigettato le domande proposte dagli attori opponenti, disponendo la sola compensazione dal maggior credito della società di leasing il ricavato della vendita del bene.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
LEASING: È PRECLUSA OGNI VALUTAZIONE CIRCA L’ENTITÀ DELLA PENALE CONTRATTUALE, OVE NON INTERVENUTO IL RILASCIO DEL BENE IMMOBILE LOCATO
A RILASCIO AVVENUTO, IL GIUDICE DEVE CONSIDERARE IL VALORE DELLA COSA, IL TEMPO DI GODIMENTO E LO STATO IN CUI VIENE RESTITUITA
Sentenza | Tribunale di Roma, Dott.ssa Daniela Gaetano | 17.02.2017 |
LEASING: A FRONTE DI PRETESA RITENTIVA DI TERZO EX ART. 2756 C.C., IL LESSOR PUÒ CHIEDERE AL CURATORE DI ACQUISIRE IL BENE AL FALLIMENTO
QUAND’ANCHE IL BENE FOSSE VENDUTO DIRETTAMENTE DAL CREDITORE, IL RICAVATO ANDREBBE DISTRIBUITO ATTRAVERSO IL PIANO DI RIPARTO
Decreto | Tribunale di Termini Imerese, Dott.ssa Emanuela Piazza | 02.02.2017 |
LEASING: NON È VESSATORIA LA CLAUSOLA CHE PONE A CARICO DELL’UTILIZZATORE IL RISCHIO PER LA PERDITA DEL BENE
TALE PATTUIZIONE È CONFORME ALLA DISCIPLINA LEGALE DESUMIBILE IN VIA ANALOGICA DALL’ART.1523 C.C.
Sentenza | Tribunale di Roma, Dott. Eugenio Curatola | 31.12.2016 | n.24388
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