Qualora il correntista proponga domanda di accertamento negativo del diritto della banca convenuta, la quale si limiti a chiedere il rigetto della pretesa avversaria, spetta al correntista medesimo fornire la prova della fondatezza della propria domanda attraverso la produzione in giudizio del documento contrattuale relativo al contratto di conto corrente, al fine di consentire la valutazione sul contenuto e sulla validità delle clausole contestate, nonché dei relativi estratti conto, indispensabili per accertare la coerenza del diritto vantato dalla banca, così come manifestatosi mediante l’iscrizione delle annotazioni sul conto, con le valide disposizioni contrattuali.
Il principio di prossimità o vicinanza della prova, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della sua ripartizione, secondo il principio ancor oggi vigente che impone un onus probandi ei qui dicit non ei qui negat, deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti ma esige l’impossibilità della sua acquisizione simmetrica, che nella specie è negata proprio dall’obbligo richiamato dall’art. 117, d.lgs. n. 385/93, secondo cui i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti.
Non può accogliersi, al riguardo, la richiesta di parte attrice di disporre una consulenza tecnica d’ufficio di natura contabile, risolvendosi in un’attività istruttoria che avrebbe – inammissibilmente – carattere suppletivo del mancato assolvimento dell’onere gravante sulla parte di dimostrate i rapporti intercorsi con la banca, mirando a far acquisire dal consulente tecnico d’ufficio la documentazione non ritualmente prodotta in giudizio.
Tribunale di Roma, Giudice Paolo Catalozzi, sentenza n. 173669 del 18/09/2017
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
INDEBITO: È ONERE DEL CORRENTISTA PRODURRE LA DOCUMENTAZIONE CONTRATTUALE E CONTABILE
IMPOSSIBILE APPLICARE IL SALDO ZERO IN CASO DI UN PRIMO ESTRATTO CONTO A DEBITO PER IL CLIENTE
Sentenza | Tribunale di Benevento, Dott. Gerardo Giuliano | 05.07.2017 | n.1317
RIPETIZIONE INDEBITO: È ONERE DEL CORRENTISTA PRODURRE INTEGRALMENTE GLI ESTRATTI CONTO
LA PRODUZIONE PARZIALE TESTIMONIA IL REGOLARE INVIO DEGLI ESTRATTI CONTO ED IL CLIENTE HA L’ONERE DI CONSERVAZIONE
Sentenza | Tribunale di Bari, Dott. Sergio Cassano | 22.03.2017 | n.1585
AZIONE DI ACCERTAMENTO NEGATIVO: È IL CORRENTISTA CHE AGISCE A DOVER PROVARE L’INSUSSISTENZA DEL DEBITO
DEVE PRODURRE NON SOLO GLI ESTRATTI CONTO MA ANCHE I CONTRATTI E LE CONDIZIONI GENERALI
Sentenza | Tribunale di Cosenza, Dott.ssa Urania Granata | 16.02.2017 | n.332
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
IX SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Roma, IX sezione civile, nella persona del giudice designato, dott. Paolo Catallozzi, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. OMISSIS del ruolo generale degli affari civili – cause ordinarie – per
l’anno 2014 vertente
TRA
SOCIETÀ SAS, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
SOCI FIDEIUSSORI
– attori –
E
BANCA
– convenuto –
Conclusioni: come da verbale di udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.SOCIETÀ SAS, i SOCI FIDEIUSSORI hanno chiesto, con riferimento ad un contratto bancario di conto corrente concluso dalla società attrice con la BANCA, le cui obbligazioni erano state oggetto di garanzia fideiussoria prestata dagli altri attori, la condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate, in relazione all’applicazione di interessi usurari, alla capitalizzazione periodica degli interessi passivi, in violazione del divieto di anatocismo, all’applicazione della commissione di massimo scoperto, nulla per mancanza di causa, alle arbitrarie variazioni delle condizioni contrattuali e alla illegittima disciplina delle valute, con conseguente liberazione dei fideiussori, nonché al risarcimento dei danni derivanti dal mancato utilizzo di tali somme.
1.1. Si è costituita la convenuta eccependo la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza del petitum e della causa petendi, la prescrizione del diritto, la carenza di legittimazione del fideiussore dalle azioni relativa al rapporto sottostante, e, nel merito, concludendo per il rigetto delle domande in quanto infondate.
2. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di nullità dell’atto di citazione, in quanto dall’esame di tale atto emerge in modo sufficientemente chiaro il petitum delle domande proposte, consistente nell’accertamento di nullità contrattuali e nella condanna alla conseguenti restituzione e al risarcimento dei danni, nonché le ragioni su cui tali domande si fondano, individuate nelle allegate violazioni delle norme imperative previste a tutela del cliente dalla disciplina bancaria.
3. Ciò posto, dalla documentazione prodotta emerge che in data 18 febbraio 2008 la società attrice e la banca convenuta hanno concluso un contratto di apertura di credito, regolata in conto corrente, provvedendo alla formalizzazione dell’accordo mediante la sottoscrizione del relativo documento, recante la puntuale indicazione delle condizioni economiche applicabili al rapporto, ivi compreso la misura del tasso di interesse passivo e della commissione di massimo scoperto.
Non è dato, dunque, rilevare la violazione della disciplina prevista a pena di nullità dagli artt. 117, d.lgs. n. 385/93 e 1284 c.c.
4. Parte attrice allega la capitalizzazione periodica degli interessi passivi, ma non offre alcun elemento di prova a sostegno dell’assunto, essendosi limitata, nella sostanza, a produrre in giudizio un solo documento – non sottoscritto e di incerta paternità – in cui si quantifica la somma spettante alla correntista per “usura”.
5.In relazione all’applicazione della commissione di massimo scoperto – come evidenziato, espressamente pattuita e disciplinata nei documenti contrattuali sottoscritti – deve ritenersi che, alla luce della normativa vigente (sia all’epoca della conclusione del contratto, sia nel corso del suo svolgimento), non sia priva di causa la pattuizione di un corrispettivo – qualsiasi sia la sua denominazione – in favore dell’istituto di credito, a fronte dell’obbligo di quest’ultimo di tenere a disposizione dell’accreditato una determina somma per un determinato periodo di tempo, indipendentemente dal suo utilizzo (v. art. 117-bis, comma 1, d.lgs. n. 385/93), ovvero, in caso di mancata concessione di un fido o di superamento dello stesso, a fronte dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto di conto (v. art. 117-bis, comma 2, d.lgs. n. 385/93).
6. Priva di riscontro, poi, è l’allegazione della correntista relativa all’esercizio – asseritamente abusivo – del jus variandi e all’applicazione di una disciplina delle valute in difformità rispetto ai criteri fissati dall’art. 120, d.lgs. n. 35/93.
7. In ordine all’eccepito carattere usurario dei tassi di interessi applicati, l’assunto appare del tutto generico, privo della specificità necessaria a radicare, per un verso, l’onere dell’altra parte di offrire la prova, e, per altro verso, il dovere del giudice di procedere ad uno specifico esame (cfr., in tema, Cass. 21 maggio 2008, n. 13079).
La parte, infatti, non ha indicato né quale sarebbe il tasso di interesse applicato, né il valore del limite stabilito dalla legge che gli interessi applicati devono rispettare; né ha provveduto al deposito di elaborati valutativi di parte da cui poter evincere elementi utili a specificare la censura.
8. Osserva questo giudice che qualora, come nel caso in esame, il correntista proponga domanda di accertamento negativo del diritto della banca convenuta, la quale si limiti a chiedere il rigetto della pretesa avversaria, spetta al correntista medesimo fornire la prova della fondatezza della propria domanda attraverso la produzione in giudizio del documento contrattuale relativo al contratto di conto corrente, al fine di consentire la valutazione sul contenuto e sulla validità delle clausole contestate, nonché dei relativi estratti conto, indispensabili per accertare la coerenza del diritto vantato dalla banca, così come manifestatosi mediante l’iscrizione delle annotazioni sul conto, con le valide disposizioni contrattuali (cfr. Cass. 7 maggio 2015, n. 9201).
Il principio di prossimità o vicinanza della prova, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della sua ripartizione, secondo il principio ancor oggi vigente che impone un onus probandi ei qui dicit non ei qui negat, deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti ma esige l’impossibilità della sua acquisizione simmetrica, che nella specie è negata proprio dall’obbligo richiamato dall’art. 117, d.lgs. n. 385/93, secondo cui i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti (così, Cass., ord., 4 aprile 2016, n. 6511).
8.1. Non può accogliersi, al riguardo, la richiesta di parte attrice di disporre una consulenza tecnica d’ufficio di natura contabile, risolvendosi in un’attività istruttoria che avrebbe – inammissibilmente – carattere suppletivo del mancato assolvimento dell’onere gravante sulla parte di dimostrate i rapporti intercorsi con la banca, mirando a far acquisire dal consulente tecnico d’ufficio la documentazione non ritualmente prodotta in giudizio.
9. Pertanto, per le suesposte considerazioni e indipendentemente dall’esame dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca convenuta, le domande di accertamento e, a maggior ragione, di conseguente condanna proposte dalla società correntista, non possono essere accolte.
10. Va, altresì, respinta la domanda di liberazione dalla garanzia proposta dai fideiubenti ai sensi dell’art. 1956 c.c., atteso che questi ultimi non hanno offerto alcun elemento di prova da cui poter desumere che successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche, non assolvendo così al relativo onere probatorio sulla stessa gravante (cfr. Cass. 7 febbraio 2006, n. 2524; Cass. 23 maggio 2005, n. 10870).
11. Le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale di Roma, IX sezione civile, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) respinge le domande proposte dalla SOCIETÀ SAS, SOCI FIDEIUSSORI nei confronti della BANCA;
b) condanna la SOCIETÀ SAS, i SOCI FIDEIUSSORI, in solido tra loro, alla rifusione in favore della BANCA delle spese processuali che si liquidano in complessivi euro 4.500,00, oltre rimborso spese generali ex art. 2, comma 2, d.m. 10 marzo 2014, n. 55, oneri fiscali e contributivi.
Roma, 10 settembre 2017.
Il Giudice designato
(dott. Paolo Catallozzi)
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