L’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una società per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dall’art. 409 c.p.c., n. 3. Ne deriva che í compensi spettanti ai predetti soggetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza í limiti previsti dall’art. 545 c.p.c., comma 4.
I compensi spettanti agli amministratori per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza í limiti previsti dall’art. 545 c.p.c., comma 4.
Questi sono i principi espressi dalle SS.U.U. della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 1545 del 20.01.2017.
Nella fattispecie considerata, una BANCA intentava un pignoramento presso terzi nei confronti di un DEBITORE e dei suoi debitori SOCIETÀ S.P.A. e SOCIETÀ e otteneva dal giudice dell’esecuzione del Tribunale l’intera somma accantonata dai terzi a titolo di emolumenti per l’attività, qualificata quale lavoro autonomo, di amministratore della Società S.p.A. e di componente del consiglio di amministrazione della Società.
Il DEBITORE proponeva opposizione avverso l’ordinanza di assegnazione, contrastando la qualificazione della propria attività affermando che la stessa dovevasi ricondurre nell’ambito d’applicazione dell’art. 409 c.p.c., n. 3, con conseguente limitazione della pignorabilità ad un solo quinto del totale.
L’opposizione fu accolta dal Tribunale di Ancona che, pur rilevando il contrasto giurisprudenziale sul tema, qualificò l’attività in questione come lavoro parasubordinato, la sussunse entro l’art. 409 c.p.c., n. 3, e qualificò impignorabili oltre il limite del quinto i relativi compensi; inoltre, provvide a revocare l’ordinanza d’assegnazione impugnata e limitò l’assegnazione ad un quinto di quanto i terzi pignorati avevano accantonato.
Avverso la decisione del Giudice di prime cure, la CREDITRICE proponeva ricorso per Cassazione.
La SOCIETÀ S.P.A. costituitasi in giudizio, resisteva con controricorso mentre il DEBITORE intimato non si difendeva
La questione sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite della Suprema Corte consiste nello stabilire se il rapporto tra la società per azioni ed il suo amministratore sia qualificabile quale lavoro parasubordinato o autonomo (ovvero estraneo a tale ambito) e, di conseguenza, stabilire se il limite di pignorabilità degli stipendi previsto dall’art. 545 c.p.c., comma 4, sia applicabile ai compensi o agli emolumenti dell’amministratore stesso.
Orbene la Suprema Corte evidenziava sul punto che l’ art. 3, comma 2, lett. a) del D.Lgs. n. 168 del 2003 riconduce il rapporto fra l’amministratore e la società nell’ambito dei “rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario“; tale rapporto è rapporto “di società” poichè serve ad assicurare l’agire della società e pertanto non è assimilabile nè ad un contratto d’opera nè tanto meno ad un rapporto di tipo subordinato o parasubordinato.
La Corte di legittimità osservava che, le novelle susseguitesi in campo societario dal 2003 in poi hanno rafforzato la posizione dell’amministratore all’interno dell’ente sociale, il quale è divenuto una figura predominante all’interno della società, titolare di un potere generale di gestione per tutti gli atti d’impresa che non siano riservati all’assemblea.
I Giudicanti hanno sostenuto che per il consolidato orientamento giurisprudenziale non è più condivisibile la tesi dettata dalla sentenza n.10680 del 1994, che, aderendo alla teoria organica, aveva configurato il rapporto tra amministratore e società quale parasubordinato anche alla luce del citato intervento legislativo che, appunto, ha attribuito al tribunale delle imprese la competenza relativa alle controversie in materia di rapporti societari nella loro complessità, ossia inerenti ai rapporti tra amministratori e società.
Ebbene gli Ermellini hanno stabilito che il rapporto lavorativo tra amministratore e società non può essere compreso fra quelli previsti dall’art. 409 co.3 c.p.c.. e che, pertanto, i compensi spettanti agli amministratori per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dall’art. 545 c.p.c., comma 4.
In conclusione, sulla base di quanto esposto la Suprema Corte si è pronunciata per il rigetto dell’opposizione proposta ex art. 617 c.p.c., dal DEBITORE avverso l’ordinanza di assegnazione emessa dal giudice dell’esecuzione del tribunale di Ancona, e per l’effetto ha compensato interamente tra le parti le spese dei giudizi di merito e di cassazione.
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