Il termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento non può in nessun modo essere considerato ordinatorio, essendo invece perentorio poiché il suo rispetto è posto come condizione di legittimità dell’accertamento.
L’amministrazione non può dedurre l’imminente scadenza del termini previsti per l’azione di accertamento quale circostanza di “particolare e motivata urgenza” per non aver potuto rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni, giacché è dovere dell’amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale: diversamente opinando, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie, e cioè al singolo rapporto tributario controverso, spettando in ogni caso all’Ufficio l’onere di provare in giudizio la sussistenza della situazione urgente.
Questi i principi sanciti nella pronuncia della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 3003/2017 del 20.10.2017, Pres. Mancini, Rel Morlini, che decideva sull’appello proposto da un contribuente che lamentava, tra l’altro, vizi procedurali in relazione ad un avviso di accertamento (ed irrogazione di successive sanzioni) emanato dall’Agenzia delle Entrate prima della scadenza del termine di sessanta giorni previsto dall’articolo 12 comma 7 L. n. 212/2000 c.d., “Statuto del contribuente”, il quale stabilisce che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Si costituiva l’Agenzia delle Entrate eccependo che l’inosservanza del detto termine era dovuto alla contemporanea presenza di tre requisiti di urgenza tra cui l’imminenza dei termini di decadenza dall’azione accertatrice.
In primo luogo il Giudice Tributario chiarisce che tale termine di sessanta giorni è da considerarsi perentorio (e non ordinatorio come erroneamente ritenuto dalla Commissione Provinciale) perché posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”.
Il mancato rispetto del detto termine, che determina l’emissione anticipata dell’atto, può essere giustificato solo dalla sussistenza di particolare e motivata urgenza il cui onere della prova spetta all’Ufficio. In ogni caso, poiché è dovere dell’amministrazione attivarsi tempestivamente per evitare ogni ritardo nell’inizio o nella definizione dell’accertamento (che possa essere imputato a sua incuria, negligenza o inefficienza), le specifiche ragioni di urgenza non possano identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento, poiché il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie, e cioè al singolo rapporto tributario controverso.
Alla luce di tali motivazioni, pertanto, essendo provato per tabulas il mancato rispetto dei sessanta giorni da parte della pubblica amministrazione e ritenendo non sussistente il motivo di particolare e motivata urgenza per il caso de quo, la Commissione ha accolto l’appello del contribuente riformando totalmente la sentenza di primo grado ed annullando l’avviso di accertamento e l’atto di irrogazione sanzioni impugnati.
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