In riferimento all’ISC, data la sua non obbligatorietà nei contratti di leasing, ed in considerazione del fatto che il contratto di leasing non è riconducibile alle fattispecie dei mutui, delle anticipazioni bancarie e delle aperture in conto corrente ed alla categoria residuale degli altri finanziamenti deve ritenersi che l’estensione della metodologia di calcolo del TAEG all’ISC non investe il contratto di leasing finanziario il cui ISC verrà conteggiato secondo i criteri suoi propri, e non già secondo quelli che conducono alla formazione del TAEG, in ragione della carenza dell’estensione metodologica per siffatta tipologia di finanziamento.
Questo è il principio espresso dall’ABF – Collegio di Napoli, Pres. Maimeri – Rel. Santagata De Castro con la decisione n. 6646 del 13 giugno 2017
ARBITRO FINANZIARIO BANCARIO
RISOLUZIONE STRAGIUDIZIALE CONTROVERSIE
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MAIMERI Presidente
(NA) SANTAGATA DE CASTRO Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) GIUSTI Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) RAPPAZZO Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(NA) GIGLIO Membro designato da Associazione
rappresentativa dei clienti
Relatore SANTAGATA DE CASTRO RENATO
Nella seduta del 10/05/2017 dopo aver esaminato:
– il ricorso e la documentazione allegata
– le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
– la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia sottoposta al Collegio verte su un contratto di locazione finanziaria, stipulato da parte attrice con l’intermediario convenuto in data 24/11/2010 ed avente ad oggetto un’imbarcazione da diporto.
Tale contratto prevede, per la durata di 96 mesi, un canone mensile di euro 2.365,03 oltre IVA ed un prezzo di riscatto fissato in euro 2.800,00 oltre IVA per un “tasso di interesse annuo” indicato al 3,778%, in funzione del parametro di indicizzazione Euribor 3M.
Il ricorrente, insoddisfatto degli esiti della fase di reclamo (nel quale veniva pure contestata la presunta usurarietà della clausola penale contenuta in contratto), ha adito l’Arbitro, lamentando la discordanza tra il tasso di leasing pattuito nel contratto di locazione finanziaria (3,778%) ed il tasso effettivamente applicato (3,844%), per una differenza di 0,0662 punti percentuali che costituisce un costo aggiuntivo a carico del cliente, quantificabile in euro 481,73.
Al ricorso ha allegato una perizia, nella quale il consulente ha:
1) stigmatizzato che la normativa dettata dall’Autorità di vigilanza stabilisce, per i contratti di locazione finanziaria, l’obbligo di indicare il tasso interno di attualizzazione, cioè l’indice in funzione del quale “si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto (al netto di imposte)”; 2) ricostruito il tasso di leasing effettivamente applicato al rapporto analizzato, verificando lo scostamento denunciato nell’odierno ricorso;
3) contestato che l’intermediario ha omesso di allegare al contratto di finanziamento il piano di ammortamento, impedendo alla parte contraente di avere piena contezza della globalità delle condizioni economiche applicate e del costo che avrebbe sostenuto;
4) rilevato anche la mancata indicazione, in contratto, dell’ISC, indicatore di costo normativamente imposto per i contratti bancari;
5) richiamato la Delibera C.I.C.R. del 4 marzo 2003 e le Istruzioni in materia di trasparenza delle operazioni bancarie e finanziarie, nell’aggiornamento del 25 luglio 2003, che impongono l’indicazione in contratto del tasso di interesse, di ogni altro prezzo e condizione praticati: la rilevata difformità tra tasso pattuito e tasso applicato nel rapporto di leasing in questione si configurerebbe, dunque, come violazione degli artt. 116 e 117 TUB, nonché degli artt. 1284 e 1346 c.c. in materia di determinatezza e determinabilità dell’oggetto del contratto e specificamente del tasso di interesse; e la conseguenza di tali violazioni viene ravvisata nell’applicazione della condizione sostitutiva ex art. 117 TUB, nella parte in cui prevede la riconduzione degli interessi corrispettivi ai tassi BOT.
Tanto premesso, il ricorrente ha chiesto dunque all’Arbitro che, accertata la difformità tra tasso convenuto e tasso effettivamente applicato, dichiarasse la nullità della relativa clausola, invocando l’applicazione del tasso sostitutivo ai sensi dell’art. 117, comma 7°, TUB e, per l’effetto, l’intermediario tenuto alla restituzione di euro 10.921,00, pari agli interessi ultralegali già corrisposti.
Costituitosi ritualmente, l’intermediario ha chiesto l’integrale rigetto del ricorso in quando infondato nel merito, sulla base di un’articolata argomentazione.
Innanzitutto, la resistente ha sostenuto che le contestazioni relative alla difformità del tasso di leasing rispetto a quello indicato in contratto sono del tutto sprovviste di supporto probatorio e, in alcun modo, definite e spiegate dal consulente incaricato; all’uopo, contrappone alle risultanze di parte avversa una perizia a firma di un proprio incaricato per dimostrare la corrispondenza tra tasso applicato e quello contrattualmente indicato, che sarebbe pure coincidente con l’indice che consente di attualizzare i previsti flussi di pagamento con l’iniziale finanziamento. In relazione a tanto, conclude che il ricorso rimette in capo al Collegio decidente un’attività di tipo consulenziale estranea alle proprie competenze.
In secondo luogo, parte resistente osserva pure l’infondatezza della censura relativa all’omessa indicazione dell’ISC. Sul punto, afferma, infatti, che le Disposizioni di Trasparenza di Banca d’Italia pro tempore applicabili al finanziamento in esame nulla prevedevano in tal senso; la locazione finanziaria non andrebbe inclusa nel novero degli “altri finanziamenti” a cui la sez. II, par. 8.1, delle citate Disposizioni fa riferimento.
DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Collegio verte sulla presunta indeterminatezza del costo applicato al mutuo stipulato con la banca convenuta, che il ricorrente imputa ad una discordanza tra tasso di interesse indicato in contratto e quello effettivamente praticato: ciò al fine di sostenere che, in conseguenza della rilevata opacità del contratto (nel quale non era neppure indicato l’ISC), il rapporto dovrebbe essere regolato al tasso di interesse sostitutivo ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 117 Tub.
Occorre anzitutto rilevare che, nella perizia allegata al ricorso, l’esperto incaricato dal ricorrente ha determinato, attraverso elaborazioni matematiche, il tasso interno di attualizzazione su base annua in grado di realizzare l’uguaglianza tra flussi di pagamento previsti (95 canoni + prezzo finale di riscatto) ed il valore dell’iniziale finanziamento e, sulla base di tale elaborazione, ha riscontrato lo scostamento contestato nell’odierno ricorso.
Trattasi di censure specifiche all’operato della Banca convenuta che valgono, ad avviso del Collegio, ad escludere la natura consulenziale del ricorso, eccepita dall’intermediario convenuto.
Dal canto suo, il perito della resistente ha contestato tali conclusioni, affermando che il tasso indicato in contratto, se riportato (dividendolo per dodici) alla periodizzazione mensile secondo la quale è scandito il piano di ammortamento, consente l’attualizzazione dei flussi di cassa in modo da determinarne la corrispondenza al capitale finanziato iniziale: in tale ambito, si osserva peraltro che agli atti risulta solo uno scarno prospetto dal quale non è possibile evincere riferimenti di maggior dettaglio in ordine alle condizioni economiche del finanziamento.
Ebbene, dalle verifiche sulla base dei dati disponibili agli atti, il Collegio deve osservare che lo scostamento tra le risultanze delle due ricostruzioni contabili risiede non già nei presupposti tecnico-matematici, bensì nel diverso modo di considerare il tempo in relazione al quale svolgere l’operazione di attualizzazione: il perito di parte ricorrente assume a riferimento l’anno, ottenendo evidentemente un tasso di attualizzazione su base annua; di contro, il consulente di parte convenuta utilizza la scansione temporale (mensile) secondo la quale si svolge il piano di ammortamento, conseguendo un tasso periodale.
Va però rilevato che, nel contratto, è riportato un “tasso leasing annuo”, che non corrisponde – seppure per poco più di 0,6 punti percentuali – al tasso di attualizzazione su base annua, ma ad un tasso di attualizzazione su base mensile moltiplicato per dodici.
Ciò posto, il Collegio ricorda che la formula prevista dalla normativa all’epoca vigente (Istruzioni di Trasparenza di Banca d’Italia pro tempore vigenti, aggiornamento del 29 luglio 2009, alla sezione II, punto 3) imponeva quanto segue: “Per i contratti di leasing finanziario, in luogo del tasso di interesse è indicato il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti. Per i canoni comprensivi dei corrispettivi per servizi accessori di natura non finanziaria o assicurativa, andrà considerata solo la parte di canone riferita alla restituzione del capitale investito per l’acquisto del bene e i relativi interessi”.
Sennonché, se è indubbiamente vero che tale previsione risulta osservata attraverso l’indicazione di un tasso su base mensile che, su tale periodicità, realizza la prescritta uguaglianza; è, tuttavia, altrettanto incontestabile che tale ricostruzione contrasta con la rappresentazione del tasso di interesse fornita in contratto, ove vi è un chiaro riferimento al “tasso leasing nominale annuo”.
Il Collegio deve pertanto rilevare un inadempimento del contratto da parte dell’intermediario convenuto, insito nell’applicazione di una tecnica di periodizzazione mensile nella scansione del piano di ammortamento, che determina uno scostamento del tasso di interesse ottenuto rispetto a quello invece risultante dall’applicazione di un tasso di attualizzazione su base annua, chiaramente evocato dalla clausola contrattuale.
Pertanto, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto a ricalcolare il piano di ammortamento sulla base di un tasso di attualizzazione su base annua, quale utilizzato dal consulente di parte ricorrente.
Vanno invece rigettate le doglianze del ricorrente in materia di ISC, data la sua non obbligatorietà nei contratti di leasing, ribadita da un recente orientamento di questo Arbitro (cfr., per tutte, ABF Milano, n. 6978/2016), secondo cui “escluso che il leasing sia riconducibile alle fattispecie dei mutui, delle anticipazioni bancarie e delle aperture in conto corrente … ed alla categoria residuale degli “altri finanziamenti” … ne consegue che l’estensione della metodologia di calcolo del TAEG all’ISC non investe il contratto di leasing finanziario il cui ISC verrà conteggiato secondo i criteri suoi propri, e non già secondo quelli che conducono alla formazione del TAEG, in ragione della carenza dell’estensione metodologica per siffatta tipologia di finanziamento” (cfr. Coll. Nord, n. 4974/2015; conforme Coll. Centro, n. 3963/2016).
Sicché, nel caso di specie, l’intermediario non era tenuto ad indicare il TAEG”.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto a ricalcolare il piano di ammortamento nei sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
Il Presidente
Pres. MAIMERI
Rel. SANTAGATA
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