L’interesse corrispettivo attiene alla fase cd. fisiologica del rapporto contrattuale e ha una natura profondamente diversa rispetto all’interesse cd. moratorio; l’interesse corrispettivo rappresenta il corrispettivo che la Banca riceve per la messa a disposizione della somma, mentre l’interesse moratorio disciplina contrattualmente il caso di (eventuale) inadempimento del mutuatario, la fase dunque patologica del contratto, stabilendo in misura predeterminata il quantum del risarcimento dovuto alla Banca.
La diversa collocazione sistematica degli istituiti dà atto della differente ratio che li governa: gli interessi corrispettivi sono disciplinati dall’art. 1815 c.c. ovvero all’interno del contratto di mutuo quale fisiologica conseguenza del prestito, mentre gli interessi di mora sono regolati dall’art. 1224 c.c. nell’ambito delle disposizioni concernenti l’inadempimento delle obbligazioni.
Propria la diversa natura e funzione degli interessi corrispettivi e di quelli moratori non consentono la loro sommatoria ai fini dei confronto con il tasso soglia del periodo.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Torino, Giudice Manuela Massino, con la sentenza n 2229 del 26/04/2017.
Accadeva che un cliente conveniva in giudizio una banca per sentirla condannare alla restituzione delle presunte somme illegittimamente versate in forza del contratto di mutuo ipotecario per usurarietà del tasso di interesse previsto in riferimento agli interessi di mora.
Il Tribunale precisava che la domanda del cliente era infondata in quanto fondata su un errore di fondo consistente del sommare le due tipologie di interessi corrispettivi e moratori. Il Giudice ha spiegato la differente natura che permea le due tipologie di interessi: l’una “fisiologica” relativa cioè al corrispettivo dovuto per la concessione stessa della somma mutuata, l’altra attinente invece alla “patologia” del rapporto contrattuale, ossia quegli interessi che assolvono natura moratoria nel caso di inadempimento del mutuatario.
Da qui, dunque, la differente disciplina che il codice prevede per i due tipi di interessi: l’art. 1815 c.c. applicabile agli interessi dovuti alla banca in funzione del mutuo concesso e l’art. 1224 c.c. concernente gli interessi moratori per l’inadempimento delle obbligazioni.
In conclusione, proprio in ragione di tale diversa natura e funzione dei due tipi di interesse, il Tribunale piemontese ha stabilito l’inapplicabilità della sommatoria degli stessi ai fini dei confronto con il tasso soglia usura con rigetto della domanda di parte attrice, con condanna al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
USURA: INFONDATA LA PRETESA DI SOMMARE INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI
È DEL TUTTO INATTENDIBILE LA DETERMINAZIONE DI UN TASSO EFFETTIVO DI MORA (CD. TEMO)
Sentenza | Tribunale di Pavia, Dott.ssa Laura Cortellaro | 31.10.2017 | n.1668
USURA: ILLEGITTIMA LA “SOMMATORIA” DEI TASSI CORRISPETTIVO E MORATORIO
OVE INSERITI NEL CALCOLO TSU I MORATORI DEVONO ESSERE MAGGIORATI DI 2,1 PUNTI
OVE INSERITI NEL CALCOLO TSU I MORATORI DEVONO ESSERE MAGGIORATI DI 2,1 PUNTI
Sentenza | Tribunale di Cagliari, Dott. Andrea Bernardino | 11.05.2017 | n.1464
USURA MUTUO: TESI SOMMATORIA TRA INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI INTEGRA LITE TEMERARIA EX ART. 96 CPC
L’EVIDENTE STRUMENTALITÀ DELLA DOMANDA GIUSTIFICA LA CONDANNA AL RISARCIMENTO DEL DANNO
Sentenza | Tribunale di Brescia, dott. Marina Mangosi | 13.06.2017 | n.1892
http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-mutuo-la-sommatoria-tra-interessi-corrispettivi-e-moratori-integra-lite-temeraria-ex-art-96-cpc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO
SESTA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, in persona del Giudice Unico dr.ssa Manuela Massino.
Ha emesso la seguente
SENTENZA
ex art. 281 sexies c.p.c. nella causa iscritta al n. di R.G. 11331/2015 promossa da
CLIENTE e FIDEIUSSORE;
parte attrice
contro
BANCA
parte convenuta
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato il CLIENTE ed il FIDEIUSSORE, hanno convenuto in giudizio la BANCA per sentirla condannare alla restituzione delle somme illegittimamente versate in forza del contratto di mutuo ipotecario stipulato dal CLIENTE per la somma di euro 152.650,00;
lamentano gli attori l’usurarietà del tasso di interesse previsto, con particolare riferimento agli interessi di mora.
Si è regolarmente costituita in giudizio la BANCA convenuta che, dopo aver eccepito il difetto di legittimazione attiva del fideiussore, la radicalmente contestato le accuse di controparte e ha chiesto il rigetto delle domande avversarie.
L’eccezione di mancata legittimazione attiva del garante va decisa alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte nella sentenza n. 3947 del 18.2.2010 e tenuto conto che il garante ha fatto valere nel presente giudizio la nullità del contratto base dipendente da contrarietà a norme imperative (deducendo l’usurarietà dei tassi applicati in violazione dell’art. 644 c.p.).
La richiamata pronuncia infatti, dopo aver chiarito i tratti differenziali tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia, ha precisato la sussistenza di limiti all’autonomia anche del contratto di garanzia individuati nelle eccezioni riguardanti la validità stessa del contratto di garanzia, l’inesistenza del rapporto garantito, la cd. exceptio doli generalis seu presentis, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione principale non imputabile al debitore e, per quel che qui ci riguarda, la nullità del contratto base che dipenda da contrarietà a norme imperative o illiceità della causa; con riferimento a tale ultima ipotesi, la Suprema Corte, confermando alcuni propri precedenti (Cass. n.3326/2002, 26262/2007, 5044/2009), ha dunque voluto chiaramente evitare che, attraverso il contratto di garanzia, si tenda ad assicurare risultati che in ogni caso l’ordinamento vieta e per tali ragioni l’eccezione va dunque respinta.
Le domande di parte attrice non meritano accoglimento.
Parte attrice parte da un erroneo presupposto, ovvero procede alla sommatoria dell’interesse corrispettivo con l’interesse di mora.
Come già ampiamente affermato in giurisprudenza (per tutti: Trib. Torino, sentenza del 17.9.2014, relatore dr. Astuni), l’interesse corrispettivo attiene alla fase cd. fisiologica del rapporto contrattuale e ha una natura profondamente diversa rispetto all’interesse cd. moratorio; l’interesse corrispettivo rappresenta il corrispettivo che la Banca riceve per la messa a disposizione della somma, mentre l’interesse moratorio disciplina contrattualmente il caso di (eventuale) inadempimento del mutuatario, la fase dunque patologica del contratto, stabilendo in misura predeterminata il quantum del risarcimento dovuto alla Banca.
Come correttamente evidenziato da parte convenuta, la diversa collocazione sistematica degli istituiti dà atto della differente ratio che li governa: gli interessi corrispettivi sono disciplinati dall’art. 1815 c.c. ovvero all’interno del contratto di mutuo quale fisiologica conseguenza del prestito, mentre gli interessi di mora sono regolati dall’art. 1224 c.c. nell’ambito delle disposizioni concernenti l’inadempimento delle obbligazioni.
Propria la diversa natura e funzione degli interessi corrispettivi e di quelli moratori non consentono la loro sommatoria ai fini dei confronto con il tasso soglia del periodo; peraltro, va osservato che, nel caso concreto, parte convenuta ha allegato che il mutuo oggetto di causa è stato puntualmente pagato (pag. 18 della comparsa di costituzione); ne consegue che il tasso moratorio non è stato applicato dalla Banca e la lamentela di parte attrice risulta dei tutto teorica e non fondata anche in fatto.
Infondata risulta infine anche la questione relativa all’illegittimità del piano di ammortamento per violazione dell’art. 1283 c.c. (peraltro analizzata solo in sede di perizia): sul punto deve osservarsi che il sistema dí ammortamento c.d. alla francese, a rate costanti, non comporta nessun effetto anatocistico poiché gli interessi vengono calcolati esclusivamente sulla quota capitale e non su quest’ultima maggiorata degli interessi (in senso conforme: Trib. Torino 17.9,2014, Trib. Milano 5.5.2014, Trib. Milano 8.3.2016, Trib, Bologna 24.2.2016).
Ogni altra questione risulta assorbita.
Alla luce di quanto esposto, le domande di parte attrice vanno integralmente rigettate e alla soccombenza segue la condanna alle spese di lite, liquidate come da seguente dispositivo, tenuto conto dei valori del pertinente scaglione, conglobata la fase decisoria in quella istruttoria o di trattazione siccome assorbita in ragione del rito.
P.Q.M.
Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda, eccezione, istanza disattesa, così provvede:
rigetta le domande di parte attrice;
condanna parte attrice al pagamento in favore di parte convenuta delle spese di lite, liquidate in euro 5.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali al 15%, CPA e IVA come per legge.
Così deciso in Torino, il 26 aprile 2017.
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