Gli atti di accreditamento e di versamento in conto corrente non sono qualificabili quali autonomi negozi giuridici o quali pagamenti, vale a dire come atti estintivi di obbligazioni, ma quali atti di utilizzazione di un unico contratto (di conto corrente) ad esecuzione ripetuta. Ne consegue che per essi non valgono i limiti di ammissibilità della prova testimoniale stabiliti, con riferimento ai contratti, dagli art. 2721 ss. c.c., che non sono riferibili ai meri fatti storici, sia pur connessi con il contratto stesso, ed i relativi documenti non costituiscono prova di debito o di credito, ma solo della correttezza della posta contabile che concorre al saldo esigibile dall’una o dall’altra parte.
Questo il principio espresso dalla Corte di Appello di Salerno, sez civ., Pres. De Filippis – Rel. Ferrante, del 10 gennaio 2018 n. 29.
La decisione della Corte di Appello è stata resa a seguito della cassazione della sentenza da parte dei giudici di legittimità con la sentenza decisione n.16538, depositata in data 15.07.2009., chiamati a esprimere un giudizio in tema di ammissibilità delle prove testimoniali rese in materia di errate operazioni contabilizzate in conto corrente.
La controversia era nata da un errore del cassiere della Banca che, consegnando in contanti al correntista una somma di denaro aveva accreditato, anziché addebitato, l’importo sul conto del cliente, rilasciandogli una ricevuta di versamento.
La sentenza resa dal Tribunale di Salerno che decideva sull’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla Banca, e che revocava il decreto ingiuntivo ottenuto dal correntista per l’operazione erroneamente contabilizzata sul suo conto corrente, veniva appellata dal cliente.
La Corte di Appello di Salerno, riformando la sentenza di primo grado, ha ritenuto irrilevanti le dichiarazioni testimoniali rese sull’errore commesso dal cassiere in occasione dell’operazione contestata, perché rese de relato, con la sola eccezione della deposizione del teste cassiere, inattendibile perché avente un interesse precipuo nel giudizio.
Tale decisione, avverso cui è stato proposto ricorso per Cassazione per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonchè per violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1857 e 1832 c.c. e 2721 e 2724 c.c., è stata cassata dalla Corte di Cassazione, che chiamata a decidere in tema di ammissibilità delle prove testimoniali sulla vicenda de qua, con la sentenza 16538/2009, ha così statuito: “I rapporti tra il correntista e la banca sono regolati dall’art. 1832, richiamato dall’art. 1857 c.c., per il quale tutte le operazioni regolate in conto corrente (a norma dell’art. 1852 c.c.) sono riportate in un estratto conto, che, una volta comunicato, s’intende approvato se non è contestato. Sicchè, in caso di contestazione da parte del correntista, la banca, può dare la prova della veridicità dell’operazione di prelievo contestata, con l’assunzione di prova testimoniale senza che le annotazioni interne della banca possano assumere valore di prova idonea a superare la prova documentale offerta dal correntista.
Per giustificare la svalutazione di una prova cosi precisa e diretta come quella resa dal cassiere, il giudice di merito non può limitarsi ad assumere genericamente l’esistenza di un interesse, ma ha il dovere di indicare se si tratta di un interesse della banca, della quale il teste era dipendente, o di un interesse personale dello stesso teste e, in questo secondo caso, di quale interesse si trattasse.
Le deposizioni “de relato” dalle quali risultava che il correntista aveva dichiarato espressamente che avrebbe appianato l’errore a condizione che venisse aperto un conto corrente in favore di un suo conoscente, che aveva subito numerosi protesti; hanno il valore di riconoscimento stragiudiziale dell’errore, e la relativa testimonianza doveva essere valutata non già come “de relato” in relazione all’errore, ma come deposizione avente ad oggetto un riconoscimento dell’errore avvenuto in presenza dei due testi”.
Sulla base di tali considerazioni la Corte di Appello in diversa composizione, ha affermato la valenza probatoria della prova testimoniale, alla luce del principio secondo cui “in tema di efficacia probatoria delle deposizioni di persone che hanno una conoscenza indiretta di un fatto controverso occorre distinguere i testimoni in de relato actoris e de relato: i primi depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che ha proposto il giudizio e la loro deposizione non ha alcuna rilevanza; i secondi depongono su circostanze che hanno appreso da soggetti estranei al giudizio e le loro dichiarazioni possono essere poste alla base del convincimento del Giudice”.
La Corte di Appello di Salerno, definitivamente pronunciando, ha rigettato l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Salerno, sez. dist. di Eboli, confermato la revoca del decreto ingiuntivo e condannato il correntista alla restituzione in favore della banca dell’importo erroneamente incassato nonché al pagamento al risarcimento dei danni e spese di giudizio.
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