Nell’ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’attore non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, potendo a tale principio derogarsi solo quando, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione di una reconventio reconventionis, che però, per non essere tardiva, può essere introdotta solo nella domanda di risposta e non nel corso del giudizio di primo grado.
Questo il principio espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, Pres. Ambrosio – Rel. Bisogni con la sentenza n. 31200 del 29.12.2017.
Nella fattispecie processuale esaminata dei correntisti convenivano in giudizio un Istituto di credito chiedendo la restituzione di alcune somme versate a titolo di investimenti delegati alla Banca in ordine alla negoziazione di strumenti finanziari.
In particolare, i correntisti asserivano che dopo aver appreso dagli organi di stampa di numerosi ammanchi verificatisi presso la filiale bancaria incaricata all’operazione di investimento, a fronte della loro richiesta di restituzione delle somme versate, la medesima Banca si era resa disponibile a un rimborso insignificante a fronte di un ingente credito vantato dagli investitori tuttavia vanificato da numerosi distrazioni operate dalla direttrice della Banca.
Si costituiva in giudizio la Banca eccependo la mancanza di prova scritta del credito ingiunto e altresì la irrilevanza della documentazione prodotta in sede monitoria, ai fini dell’accoglimento della domanda.
Il Tribunale territorialmente competente ha ritenuto fondate le contestazioni bancarie, revocando il decreto ingiuntivo e dichiarando inammissibile la domanda riconvenzionale degli opposti correntisti con la quale era stata richiesta in via subordinata la consegna dei titoli acquistati dalla Istituto creditizio.
Avverso la suindicata pronuncia promuovevano appello gli investitori ottenendo tuttavia pronuncia di rigetto allorché il collegio confermando le valutazioni del Tribunale, ha ritenuto non provati i versamenti che i correntisti avevano effettuato.
Avverso la summenzionata sentenza d’appello i correntisti hanno promosso un articolato ricorso per cassazione articolato contestando l’erroneità della sentenza per aver dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale subordinata proposta.
Sul punto il collegio ha ritenuto infondati i motivi da un lato per difetto di genericità e dall’altro in conformità della pronuncia della Corte d’Appello in relazione all’inammissibilità della riconvenzionale ha ritenuto che alla luce della giurisprudenza di legittimità nell’ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’attore non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, potendo a tale principio derogarsi solo quando, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione di una reconventio reconventionis, che però, per non essere tardiva, può essere introdotta solo nella domanda di risposta e non nel corso del giudizio di primo grado.
Alla luce delle suesposte argomentazioni la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia al seguente contributo pubblicato in rivista:
OPPOSIZIONE DECRETO INGIUNTIVO DOMANDA RICONVENZIONALE INAMMISSIBILITA’
L’OPPOSTO, CONVENUTO FORMALE MA ATTORE IN SENSO SOSTANZIALE NON PUÒ PORRE IN ESSERE UNA DOMANDA RICONVENZIONALE A MENO DELLA CD. RECONVENTIO RECONVENTIONIS
Sentenza | Tribunale di Reggio Emilia | 11.10.2012 | n.1702
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