Non è configurabile in capo al debitore il diritto ad ottenere la riduzione dell’ipoteca se il creditore abbia operato secondo la normale diligenza nell’iscrivere ipoteca giudiziale sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, entro, cioè, un valore che non ecceda la cautela da somministrarsi, pari ad un terzo rispetto all’importo dei crediti iscritti comprensivo di accessori ed entro un quinto dell’importo che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta, secondo i parametri individuati agli artt. 2875 e 2876 c.c.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione civile Sez. I, Pres. Forte, Rel. Di Virgilio, con la sentenza n. 5082 del 15 marzo 2016.
Il giudizio instaurato dalla società debitrice e dal fideiussore era stato promosso al fine di ottenere giudizialmente la riduzione dell’ipoteca iscritta sui loro beni dalla Banca, nonchè il risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..
I ricorrenti, soccombenti in secondo grado, ricorrono alla Suprema Corte di Cassazione dolendosi del vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 2874 e 2875 c.c.; laddove la Corte d’appello fiorentina avrebbe dovuto rilevare la ricorrenza di ambedue le ipotesi di cui all’art. 2874 c.c. per la riduzione d’ipoteca, in particolare: a) il valore dei beni compresi nell’iscrizione ipotecaria all’inizio eccedeva la cautela e b) la somma determinata dal creditore all’iscrizione ipotecaria eccedeva di un quinto quella dovuta al momento dell’iscrizione.
la contestazione muove in particolare dalla mancata restrizione dell’ipoteca da parte della Banca a seguito dell’ordinanza emessa dal GE che decideva sul ricorso cautelare d’urgenza ex art. 700 cpc.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato tale motivo di ricorso con delle limitazioni.
Invero, ai sensi dell’art. 2874 c.c., le ipoteche legali, salvo le eccezioni di cui all’art. 2817 c.c., nn. 1 e 2 e le ipoteche giudiziali “devono ridursi su domanda degli interessati, se i beni compresi nell’iscrizione hanno un valore che eccede la cautela da somministrarsi o se la somma determinata dal creditore nell’iscrizione eccede di un quinto quella che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta”, e l’art. 2875 c.c. dispone che “Si reputa che il valore dei beni ecceda la cautela da somministrarsi, se tanto alla data dell’iscrizione dell’ipoteca, quanto posteriormente, supera di un terzo l’importo dei crediti iscritti, accresciuto degli accessori a norma dell’art. 2855.”
La Corte riprende il principio di diritto già affermato da quest’ultima in tema di riduzione dell’ipoteca giudiziale, tra le ultime, nella sentenza 11762/2002 ove ha ritenuto che “si ha diritto alla riduzione se la somma determinata dal creditore nell’iscrizione ecceda di un quinto quella che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta, o se i beni compresi nella iscrizione hanno un valore che eccede la cautela da somministrarsi; si ritiene che il valore dei beni ecceda la cautela se, tanto alla data di iscrizione della ipoteca che posteriormente, esso superi di un terzo l’importo dei crediti iscritti comprensivo di accessori”.
Ciò posto, prosegue la Suprema Corte, i giudici fiorentini hanno errato laddove hanno limitato la loro valutazione alla ricorrenza del solo criterio del valore dei beni, pur avendo indicato che nella fattispecie andava valutato anche il profilo della somma determinata nell’iscrizione in relazione alla somma dichiarata dovuta, precisando altresì che “ai fini della decisione deve aversi riguardo all’importo di credito ancora oggi dovuto”.
E mentre la valutazione del rapporto tra il valore dei beni e la cautela è stata effettuata dalla Corte, il percorso motivazionale non ha tenuto conto di un apprezzamento di fatto, consistente nell’avere ritenuto insussistente l’altro caso che legittima il debitore a chiedere la riduzione, e cioè che l’iscrizione ipotecaria è stata mantenuta sino alla vendita all’asta dell’immobile, nonostante la riduzione del debito.
Su tali presupposti la Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo del ricorso principale, cassando la pronuncia impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione invitandola ad attenersi al principio di diritto sopra espresso.
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