Sono sempre più numerose le casistiche e relative sentenze riguardanti cause in cui la documentazione agli atti con specifico riferimento agli estratti conto risulta incompleta.
Se la giurisprudenza, nell’ipotesi di mancata allegazione della suddetta documentazione agli atti, ha ben espresso il proprio orientamento (“saldo zero”) nell’ipotesi in cui sia la banca ad agire per dimostrare il proprio credito, ad oggi vi è grande incertezza su come operare laddove sia il correntista a promuovere la causa per la ripetizione di indebito.
Vi sono, invero, Tribunali di merito che ritengono non esperibile la consulenza d’ufficio in mancanza di estratti conto e Tribunali di merito che utilizzano le cosiddette “scritture di raccordo o di quadratura” al fine di porre rimedio alla carenza probatoria dettata da tali mancanze documentali.
In tal senso, il Tribunale di Benevento con la sentenza 4.1.2017 n. 86 rigettava la domanda attorea perché non provata, rilevando che:
“il correntista non aveva rispettato tale onere probatorio, atteso che aveva prodotto una documentazione frammentaria, che a sua volta aveva reso necessario il ricorso alle scritture di raccordo, le quali, possono portare anche a risultati alterati e non corrispondenti al reale andamento del conto … precisando altresì che l’utilizzo delle scritture di raccordo potrebbe incentivare strategie scorrette da parte del correntista.” |
Il correntista nel rispetto del principio dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c, deve, a supporto della propria pretesa, allegare l’andamento del conto corrente dall’inizio del rapporto, onde verificare, l’eventuale scostamento della banca dalle pattuizioni intercorse. Non può, quindi, limitarsi ad invocare l’astratta inapplicabilità delle poste passive, ma deve fornire tutti gli elementi necessari per verificare la fondatezza della sua domanda.
Pertanto, la mancata produzione da parte del correntista degli estratti conto in serie continuativa non permette al CTU di effettuare una ricostruzione del rapporto, epurata dalla applicazione delle spese non concordate per iscritto, interessi superiori al tasso legale e interessi capitalizzati trimestralmente ovvero annualmente, oggettiva ed attendibile.
Non è possibile utilizzare scritture di raccordo in quanto la mancanza rende la CTU non oggettiva ed non attendibile.
Dello stesso tenore la Corte d’Appello di Milano, Pres. Mesiano – Rel. D’Anella, con sentenza n. 4548 del 07.10.2015, che ha posto un definitivo STOP ad ogni prassi differente, negando accesso a qualsivoglia consulenza che, in mancanza degli estratti conto analitici, sia condotta attraverso l’inserimento di alcune voci a quadratura, che contengono cioè delle approssimazioni, in quanto la perizia deve essere espletata sui dati certi. Questo il principio espresso da Cda Milano: se (ex post) i risultati di una perizia di tale genere sono inutilizzabili, deve ritenersi (ex ante), che in mancanza della completa documentazione contabile, la richiesta di CTU formulata dal correntista vada dichiarata tout court inammissibile, tanto più considerato che quest’ultima si risolve in inutili e dispendiose lungaggini processuali.
Non è possibile utilizzare scritture di raccordo in quanto la mancanza rende la CTU non oggettiva ed non attendibile. (cfr. in senso conforme Corte Appello Venezia del 23.8.2013, Corte Appello Milano 25.11.2014 e Corte Appello Torino 10.11.2015).
Vi sono, invece, alcuni autorevoli Tribunali di merito che avvalorano la tesi delle scritture di raccordo, al fine di esperire la consulenza tecnica.
Di seguito, a puro titolo esemplificativo ed in alcun modo esaustivo, vengono riportate possibili soluzioni proposte all’interno dei quesiti formulati dai Giudici ai propri ausiliari.
QUESITO TRIBUNALE DI NAPOLI 2 SEZIONE CIVILE |
Nel caso che la documentazione contabile sia incompleta, consideri il. CTU, quale base contabile da cui prendere le mosse, la risultanza indicata nel primo degli estratti conto prodotti in giudizio in serie continua; utilizzi il cd. saldo di raccordo, nel caso gli estratti conto siano discontinui, solo qualora ciò non alteri significativamente il risultato contabile, mentre qualora ciò non sia possibile, il CTU prenderà quale saldo da cui partire quello risultante dall’estratto conto più recente tra quelli prodotti; |
QUESITO TRIBUNALE DI ROMA TERZA SEZIONE CIVILE |
Ritenuto opportuno disporre consulenza tecnica d’ufficio affinché CTU, esaminati gli atti di causa e la documentazione liberamente acquisibile presso pubblichi uffici, nonché tenendo conto, quanto all’esame della documentazione prodotta, che ogni conteggio relativo al citato conto corrente deve tener conto dei seguenti criteri: A) Se sono stati prodotti tutti gli estratti conto a partire dall’inizio del rapporto: con decorrenza dalla data di apertura del conto;
B) Se non sono stati prodotti gli estratti conto iniziali, visto che ad agire è il correntista dal saldo risultante alla data dell’estratto di c/c più risalente prodotto; C) Nel caso, invece, in cui la documentazione sia incompleta nei periodi intermedi, visto che ad agire è il correntista; effettuando i conteggi partendo dal saldo iniziale dei primo periodo documentato, calcolando il saldo parziale finale del primo periodo documentato e detraendo la differenza fra il saldo così calcolato e quello risultante dall’ultimo estratto conto del detto primo periodo documentato dall’ammontare del saldo iniziale risultante dal primo estratto conto del secondo periodo documentato, ripetendo l’operazione per ciascuno dei successivi periodo documentati. |
QUESITO TRIBUNALE DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE |
Letti gli atti e i documenti di causa, il CTU determini il saldo del conto corrente n. 25 secondo i seguenti criteri:– parta dal saldo dell’estratto conto fino al termine X ed esegua conteggi fino alla fine del periodo;
– in caso di mancanza di documentazione scelga la soluzione meno favorevole al cliente. |
Si ritiene che il ricorso alle “scritture di raccordo”, come mezzo volto a ricostruire un rapporto di conto corrente, anche utilizzato in maniera marginale presenta significative criticità.
Un esempio numerico chiarirà gli evidenti limiti delle scritture di raccordo.
Supponiamo che il correntista abbia sottoscritto un rapporto di conto corrente in data 01.01.1996, a condizioni “uso piazza” e che i rapporti con l’istituto di credito si siano sono conclusi con la chiusura del rapporto medesimo nel 2015.
Contestualmente all’apertura del rapporto di conto corrente di corrispondenza veniva sottoscritto un’apertura di credito dell’importo di euro 200.000,00.
In data 10.10.2016 il correntista, tramite il proprio legale, presentava reclamo alla Banca con richiesta di ripetizione di indebiti illegittimi e contestuale interruzione dei termini ai fini della prescrizione.
Non avendo trovato un accordo nella successiva fase di mediazione, parte correntista radicava la causa.
Tralasciando volutamente in questo approfondimento, il tema dell’onere della prova della indicazione delle rimesse solutorie, si vuole focalizzare l’attenzione, per quanto sopra richiamato, al momento delle operazione peritali della Consulenza Tecnica.
In fase di CTU, l’ausiliario incaricato è chiamato a verificare l’eventuale presenza di rimesse solutorie, in ossequio a quanto stabilito dalla Cassazione S.U. 24418/2010 dal giorno 10.10.2016 a ritroso.
Supponiamo ora che il correntista, facendo un passo indietro, sia sempre rimasto dalla genesi del rapporto all’interno del proprio accordato (ipotesi estremamente favorevole al medesimo quanto oggettivamente nella realtà molto rara) salvo i primi giorni di ottobre 2006 dove sconfina, per un solo giorno, dal proprio accordato per un importo euro 50.000,00 concesso dal direttore della Filiale per gli ottimi rapporti commerciali consolidati nel tempo (usuale in passato in assenza di sistemi rigidi di controllo quali Basilea1 e Basilea2). Il giorno successivo, puntualmente, il correntista rientrerà all’interno della propria provvista concessa effettuando una rimessa di euro 80.000,00. Pertanto la stessa avrà valore per euro 50.000,00 di rimessa solutoria ed euro 30.000,00 come rimessa ripristinatoria.
In maniera dolosa, consapevole che il Tribunale ove è stata presentata la causa, ritiene valido l’utilizzo delle scritture di raccordo, il legale di parte attrice non produce la prima pagina dell’estratto conto del 4° trimestre 2006 riportante i movimenti dal 1.10.2006 al 10.10.2006 ma al contempo contenenti la rimessa, di natura parzialmente solutoria, sopra indicata, effettuata in data 10.10.2006.
In fase di CTU il legale di parte attrice sosterrà “pro-domo sua” che sono sempre stati prodotti tutti gli estratti conto (sia capitali che scalari) per un totale di oltre 5.000 movimenti tra dare e avere rilevati, a fronte di non più di 10 ipotetici movimenti non rinvenuti per la prima decade di ottobre.
Agli atti, da un punto di vista statistico sono mancanti solo l’0,00199% dei movimenti, ovvero un numero visto senza lente di ingrandimento, decisamente trascurabile e non meritevole di ulteriori approfondimenti.
E’ altresì vero che in riferimento a quella unica rimessa solutoria l’apparentemente insignificante scrittura di raccordo, utilizzata per sopperire alla carenza documentale, ai fini delle indagini peritali può inficiare in maniera estremamente rilevante sull’esito della causa, poiché cela, nel concreto, un pagamento che rende non più ripetibile l’eventuale indebito ricalcolato dal CTU.
Questa la sostanza della decisione del Tribunale di Benevento del 18.1.2016 precedentemente richiamata, ben puntualizzata dall’estensore Dr.ssa Andriccola, ma evidentemente non compresa dai cultori della materia. Di seguito si riporta lo specifico passaggio: “In caso contrario infatti il ricorso alle scritture contabili potrebbe incentivare strategie scorrette da parte del correntista il quale potrebbe giovarsi della frammentarietà degli estratti conto.”
Preme evidenziare, inoltre, che l’utilizzo delle scritture di raccordo apre il campo ad un’altra problematica. Oltre a rendere impossibile, per quanto sopra argomentato, la puntuale verifica delle rimesse solutorie, rende incerta anche l’esame del reale indebito da accertare.
Ad oggi vi è parte della dottrina che sostiene, in maniera opposta, come la mancata produzione di estratti conto e/o scalari non infici sul ricalcolo in corso di CTU. In tal senso leggasi il seguente articolo “Condizioni ultra legali, onere della prova, utilizzabilità dei soli estratti conto scalari, commissioni di massimo scoperto”- Pubblicato sulla rivista telematica “IlCaso.it” il 03/02/18.
Viene sostenuto, all’interno del suddetto quanto segue:
“La mancata produzione degli estratti conto relativi a solo tre mesi intermedi in un arco di tempo pluridecennale, tra l’altro coperti dalla produzione degli e/c scalari relativi ai periodi per i quali non sono stati esibiti gli estratti conto, non possono far ritenere la domanda priva di adeguata prova, ben potendosi ricostruire, anche ad opera di un CTU, l’intero andamento del rapporto in maniera certa e non approssimativa e se del caso, qualora dovessero riscontrarsi difficoltà ricostruttive, procedersi a stabilizzare il dato riscontrato nella continuità degli estratti conto e riproducendo lo stesso nel primo estratto disponibile, successivo al periodo non coperto e così di seguito. Si osserva inoltre che operando in tal modo la ricostruzione dell’andamento del conto, qualora siano state addebitate somme in virtù di clausole nulle o non pattuite, si andrebbe tutt’al più ad incidere negativamente solo ed unicamente sulla posizione del cliente che si vedrebbe riconoscere somme minori rispetto a quelle effettivamente corrisposte e non dovute. “
Un altro esempio numerico, al contrario, evidenzierà, come quanto sopra asserito non è in alcun modo condivisibile.
Supponiamo che nel 2013 la Banca previa richiesta del correntista o ancora per propria verifica interna a seguito di errata operazione, abbia stornato spese (CIV, CDF o altro onere) per un importo di euro 500,00. Parte avversa, anche in questo, in maniera vantaggiosa, in fase di successiva vertenza, non produce parzialmente l’estratto conto contenente lo specifico riaccredito e richiede l’utilizzo delle “scritture di raccordo”. Ipotizziamo ancora che ciò avvenga per 10 volte con specifico riferimento all’addebito di CIV- Commissioni Istruttoria Veloce e che il legale di parte correntista sostenga che non siano dovute per mancata pattuizione e/o mancata dimostrazione di una vera e propria istruttoria da parte della Banca per tale sconfinamento. Il correntista ipoteticamente avrebbe nascosto potenziali accrediti per un totale di euro 5.000,00, nascondendosi dietro la “bontà” dell’utilizzo delle scritture di raccordo, per poi farne richiesta in fase di causa perché i suddetti oneri non erano mai stati sottoscritti dal correntista con apposito documento, andando nel concreto, ad ottenere una ripetizione duplicata di tali somme.
In conclusione, le “scritture di raccordo” utilizzate in fase di consulenze dagli ausiliari dei giudici non sono mezzo idoneo a colmare una criticità di produzione di estratti conto in quanto la perizia contabile si fonderebbe su dati non oggettivi ma supposti e come tale assolutamente inattendibile.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
INDEBITO BANCARIO: inammissibile l’uso delle scritture di raccordo
Gli estratti conto devono essere prodotti in forma integrale e, in mancanza, la CTU non è oggettiva ed attendibile
Sentenza | Tribunale di Benevento, Dott.ssa Vincenzina Andricciola | 18.01.2016 | n.86
RIPETIZIONE INDEBITO: il correntista deve produrre estratti conto analitici relativi all’intero rapporto
STOP ad illegittime ed approssimative ricostruzioni contabili in sede di CTU
Sentenza | Corte d’Appello di Milano, Pres. Mesiano – Rel. D’Anella | 07.10.2015 | n.4548
RIPETIZIONE INDEBITO: il cliente deve produrre contratto ed estratti e specificare periodi e importi
In mancanza la domanda dell’attore è carente ab origine con impossibilità di espletare CTU
Sentenza | Tribunale di Ferrara, Dott. Caterina Arcani | 30.10.2015 | n.927
RIPETIZIONE DI INDEBITO: LA CONTESTAZIONE DEL SALDO DI C/C DEVE ESSERE PROVATA MEDIANTE ESTRATTI CONTO INTEGRALI
IL CRITERIO EQUITATIVO DEL C.D. “SALDO ZERO” NON PUÒ SUPPLIRE ALLA CARENZA PROBATORIA IMPUTABILE AL CLIENTE
Sentenza | Tribunale di Bari, dott. Sergio Cassano | 17-03-2015 | n.1215
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