Provvedimento segnalato dal Prof. Avv. Alberto Caltabiano del Foro di Bologna
Qualora l’acquirente di un bene, destinato alla utilizzazione di un terzo in forza di un contratto di leasing, abbia stipulato con il Fornitore un patto di riacquisto, in caso di inadempimento contrattuale da parte del terzo utilizzatore costituisce accertamento di fatto stabilire se nel patto di riacquisto sia da ravvisare un negozio di garanzia ovvero una nuova vendita.
Affinchè possa configurarsi un collegamento di negozi in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, anche ai fini della nullità dell’intero procedimento negoziale per illiceità del motivo o della causa, ai sensi degli artt., 1344 e 1345 c.c,, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico fra i negozi, che il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur se non manifestato in forma espressa, potendo risultare anche tacitamente, di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il collegamento ed il coordinamento di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, non essendo sufficiente che quel fine sia perseguito da una sola delle parti all’insaputa e senza la partecipazione dell’altra.
Infatti le parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, possono dar vita, con uno o più atti, a diversi e distinti contratti che, pur conservando l’individualità propria di ciascun tipo negoziale e pur rimanendo sottoposti alla relativa disciplina, vengono tuttavia collegati tra loro, in funzione del risultato concreto unitariamente perseguito, con rapporto di reciproca dipendenza, in modo che le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro o sugli altri, condizionandone non solo l’esecuzione ma anche la validità. Il detto collegamento tra negozi è configurabile anche quando siano stipulati tra soggetti diversi, purché essi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi ed interdipendenti, al fine di un completo e complessivo regolamento di interessi.
L’offerta della prestazione corrispettiva ex art. 2932, comma secondo c.c. da parte di chi abbia proposto la domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di vendita di cosa determinata, non deve necessariamente essere contestuale all’esercizio dell’azione, ma può utilmente sopravvenire nel corso del giudizio anche in grado d’appello.
Questi i principi espressi dalla Corte d’Appello di L’Aquila, Pres. Buzzelli – Rel Cucina, con la sentenza n.469 del 14.03.2018.
Nella fattispecie in disamina, nell’ambito di un rapporto di locazione finanziaria, la Concedente conveniva in giudizio il Fornitore deducendo di aver sottoscritto con lo stesso un patto di riacquisto, di aver ottenuto nei confronti dell’Utilizzatore ingiunzione di restituzione dei beni e di pagamento dei canoni scaduti e chiedendo al Tribunale una pronuncia ex art. 2932 c.c. e, dunque, una sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso.
Si costituiva in giudizio il Fornitore deducendo l’invalidità del patto e sostenendo che il negozio in questione doveva intendersi come un contratto di garanzia personale e che erano state violate le norme ad esso collegate non avendo la società di leasing adottato alcuna iniziativa di recupero verso l’obbligata principale.
Il Tribunale adito rilevando che poiché il patto aveva previsto, per produrre effetti, il verificarsi della condizione del rientro del bene “nella disponibilità” della concedente, specificava che le obbligazioni contratte dalle parti dovevano essere ricondotte a quelle proprie del contratto di vendita, autonomo rispetto al contratto di leasing, e non riferibili ad un negozio di garanzia personale, e tanto in virtù del fatto che nella determinazione del prezzo di riacquisto non si faceva riferimento al debito dell’Utilizzatore, ma al valore venale del bene ridotto percentualmente rispetto al costo iniziale; pertanto, rilevato altresì che la Concedente, pur deducendo di essere entrata nella disponibilità “giuridica” dei beni avendo ottenuto un decreto ingiuntivo per la restituzione dei predetti, nulla comunicava al Fornitore in ordine alla effettiva “materiale” disponibilità dei macchinari, rigettava la domanda attorea.
Avverso tale pronuncia proponeva appello la società di leasing censurando la decisione di prime cure per avere il Giudice erroneamente qualificato il patto come negozio autonomo e per non aver tenuto conto, negando l’applicazione dell’art 2932 c.c., che colui che chiede l’esecuzione specifica di un contratto è tenuto sì ad eseguirne la prestazione ma può anche, in alternativa, farne offerta sempre che questa sia già esigibile al momento della domanda giudiziale nonchè per avere ritenuto necessaria la disponibilità “materiale” dei beni per l’efficacia del patto in questione, presentando comunicazione ex art. 209 l.f. dalla quale risultava l’accoglimento della domanda di restituzione dei predetti beni e di cui quest’ultima presentava offerta esplicita al Fornitore.
Si costituiva nel giudizio d’appello il Fornitore, contestando gli avversi assunti e chiedendo la conferma della decisione impugnata.
In merito all’erronea qualificazione del patto di riacquisto come atto di nuova vendita la Corte ha preliminarmente rilevato che, in conformità a consolidato orientamento di legittimità, nell’ipotesi in cui in ambito leasing venga stipulato un patto di riacquisto costituisce accertamento di fatto stabilire se detto patto configuri un negozio di garanzia oppure una nuova vendita.
Ciò posto, il Collegio ha specificato che da una osservazione attenta della documentazione in atti, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di prime cure, emergeva chiaramente che il rapporto azionato si inseriva in uno schema di collegamento negoziale che imponeva una considerazione unitaria della fattispecie, risultando evidente che i singoli negozi in concreto posti in essere fossero in realtà collegati e coordinati per la realizzazione di un fine ulteriore e che, pertanto, il patto di riacquisto sottoscritto dal Fornitore non fosse stato stipulato a “garanzia” della Concedente quanto piuttosto fosse da collocarsi nell’ambito di un “preliminare di vendita” avendo espresso il Fornitore, nel patto, l’interesse a che il bene, in caso di inadempimento dell’utilizzatore non venisse successivamente riammesso nel mercato e quindi collocato presso soggetti diversi da quello in favore del quale lo stesso era stato originariamente venduto.
Dunque, ritenuto di qualificare il negozio di cui al patto di riacquisto come un preliminare di compravendita, la Corte ha altresì rilevato che nella specie la disponibilità del bene indicata nella convenzione non faceva riferimento necessariamente ad una consegna materiale dello stesso essendo la consegna di questo, si, una delle obbligazioni, ma non l’elemento perfezionativo del trasferimento; pertanto la Concedente avendo ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell’Utilizzatore per la riconsegna del bene, già aveva posto il Fornitore nella condizione di disponibilità giuridica del bene con la conseguenza che doveva ritenersi avverata la condizione cui era subordinato l’impegno al riacquisto dello stesso.
Quanto alla possibilità di applicare al caso di specie l’art.2932 c.c. la Corte ha precisato che ai fini dell’ammissibilità della pronuncia richiesta dalla Concedente, a mente del 2° comma della diposizione invocata, doveva verificarsi se la stessa “avesse eseguito la sua prestazione o ne avesse fatto offerta nei modi di legge” e dunque se la Concedente, ritornata nella disponibilità del macchinario, lo avesse poi reso disponibile al Fornitore.
Sul punto il Collegio ha chiarito che l’offerta della prestazione corrispettiva non deve necessariamente essere contestuale all’esercizio dell’azione in quanto, costituendo tale elemento una condizione dell’azione, è sufficiente che sussista al momento della decisione potendo essere validamente formulata anche per la prima volta nel corso del giudizio di appello.
Alla luce di tali argomentazioni la Corte ha accolto la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto azionato dalla concedente trasferendo la proprietà del bene oggetto del patto di riacquisto dalla concedente al fornitore, condannando quest’ultimo al pagamento del corrispettivo dovuto oltre che alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
LEASING: IL PATTO DI RIACQUISTO È UNA GARANZIA ACCESSORIA ED AUTONOMA
LA RETROVENDITA – DAL CONCEDENTE AL FORNITORE – DEL BENE CONCESSO IN LEASING È UN NEGOZIO GIURIDICO ATIPICO
Sentenza | Tribunale di Roma, Dott. Simone Antonio Castelnuovo | 10.12.2016 | n.22955
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