La Corte di Cassazione – III sezione civile – con il comunicato in allegato ha reso noto l’avvio di un “progetto esecuzioni” il cui fine precipuo è di individuare le controversie che assumono particolare rilievo in considerazione della funzione nomofilattica svolta dalla Suprema Corte.
Più nello specifico, le questioni oggetto di studio sono selezionate, in quanto richiamano l’attenzione degli interpreti per i loro aspetti sistematici, per i profili di contrasto giurisprudenziale, per le rilevanti novità normative applicate e per l’immediato impatto nelle procedure esecutive pendenti.
Alla fase di selezione segue l’assegnazione dei ricorsi ad un apposito Collegio, composto da Consiglieri specializzati nelle procedure di esecuzione forzata.
Lo scopo che il progetto esecuzioni persegue è di fornire un’interpretazione uniforme del diritto, più nello specifico la Corte di Cassazione deve assicurare l’esatta osservanza delle leggi nelle decisioni dei giudici, in altri termini gli Ermellini sono chiamati a svolgere una funzione ermeneutica che consiste nella sintesi delle norme generali ed astratte con il mutevole substrato sociale da cui risulta l’affermazione di principi che si sostanziano, in ragione della loro ripetuta affermazione, nel diritto vivente.
In tal senso la giurisprudenza uniforme, sub specie di stare decisis attenuato, fornisce le coordinate ermeneutiche che devono orientare le prassi e le decisioni dei giudici di merito, così da evitare futuri contenziosi la cui risoluzione sarebbe così lontana nel tempo da non rispondere più alle esigenze attuali.
Proprio la necessità di enunciare principi di diritto, anche in un’ottica di deflazione del contenzioso specie in ordine alle opposizioni esecutive e relative impugnazioni, richiede la sollecita fissazione e trattazione delle cause in pubblica udienza ai sensi dell’art. 375 co.2 c.p.c.
Sul punto, il 13 luglio 2018 è stata fissata l’udienza pubblica per la trattazione di sette ricorsi di particolare rilevanza.
Il primo giudizio, a cui il Collegio sarà tenuto all’enunciazione di un principio di diritto vista l’assenza di precedenti, investe, in primo luogo, la sorte del ricorso in opposizione che sia stato direttamente iscritto al Ruolo degli Affari Contenziosi anziché a quello delle Esecuzioni, e, in seconda analisi, l’ammissibilità di un’opposizione esecutiva proposta, dopo il pignoramento, direttamente al giudice della cognizione, pretermettendo la fase sommaria innanzi al giudice dell’esecuzione.
Il secondo ricorso, invece, riguarda la natura del giudizio di divisione endoesecutiva – in particolare la sua dipendenza o autonomia dall’espropriazione forzata – che costituisce materia di rilevante impatto operativo, sul quale si rinvengono pochi precedenti giurisprudenziali, a volte basati su un sistema normativo successivamente modificato. Sin da subito, il progetto esecuzioni ha anticipato che quanto alle modalità di introduzione del processo di divisione sussistono diversi contrasti, sia per l’individuazione dell’atto (ordinanza del giudice dell’esecuzione o atto di citazione), sia per la sua notificazione (all’esecutato personalmente, eventualmente nel domicilio ex art. 492 cod. proc. civ., oppure al suo difensore nell’esecuzione), che per la trascrizione ex art. 2646 cod. civ. Pertanto una pronuncia sul punto è quanto mai attesa per garantire uniformità al diritto.
Il terzo ricorso riguarda il dibattito giurisprudenziale formatosi in ordine all’applicabilità della sopravvenuta normativa del d.l. n. 83 del 2015 in materia di vendita forzata rispetto alle vendite già fissate.
Il quarto ricorso riguarda l’assistenza della forza pubblica per l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio o per l’attuazione degli ordini di liberazione che assumono particolare importanza per garantire la tutela giurisdizionale esecutiva. Sul punto, sebbene la controversia non investa direttamente tematiche afferenti l’esecuzione forzata, assume rilievo assicurare uniformità interpretativa quanto ai limiti della discrezionalità della pubblica amministrazione e gli eventuali profili di responsabilità derivanti dal ritardo nella concretizzazione dei provvedimenti giurisdizionali.
La quinta controversia attiene ai rapporti tra l’espropriazione promossa o proseguita dal creditore fondiario (ex art. 41 T.U.L.B.) e il fallimento del debitore, con particolare riferimento alla possibilità di attribuire al curatore intervenuto nell’esecuzione individuale le spese che nella ripartizione fallimentare sono da pagare in prededuzione (imposte sull’immobile e oneri condominiali) ex art. 111 L.F.
Il sesto giudizio ha ad oggetto l’individuazione degli effetti restitutori derivanti dall’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione dopo la chiusura del processo esecutivo (conclusosi con l’assegnazione dei beni al creditore), tenendo conto della controversa ammissibilità dell’azione di ripetizione di indebito conseguente alla stabilità degli atti esecutivi.
L’ultimo ricorso investe la disciplina della natura e legittimità dell’ordinanza di liquidazione delle spese dell’esecuzione in favore del creditore, che secondo l’interpretazione giurisprudenziale non costituisce titolo esecutivo; pertanto, il giudizio potrebbe essere occasione di un revirement giurisprudenziale ove si ammettesse un’autonoma azione del creditore, rimasto parzialmente insoddisfatto, per ottenere un’ingiunzione al pagamento del residuo avvalendosi della suddetta ordinanza come titolo esecutivo giudiziale.
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