Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
Cancellata ed estinta la società conduttrice, in assenza di esercizio da parte dei soci subentrati nei rapporti obbligatori, del diritto di riscatto (per altro inibito dalla morosità della obbligata principale), cessa il titolo in virtù del quale essi soci o loro eventuali sublocatari, possano detenere l’immobile.
In tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese, nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495, comma 2, c.c. implica che l’obbligazione sociale non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione.
Questi i principi espressi dall’ordinanza del Tribunale di Brescia, Giudice Luciano Ambrosoli resa in data 23 aprile 2018.
IL CASO
con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. una società di locazione finanziaria ( leasing), deduceva di aver stipulato con la originaria utilizzatrice (una società poi cancellata dal registro delle imprese ), contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto un immobile ad uso negozio, della durata di dieci anni; l’utilizzatore si era reso inadempiente all’obbligazione di pagamento dei canoni mensili ed era perciò escluso, pur giunto il contratto a naturale scadenza, dall’esercizio dell’opzione di acquisto, come previsto dal dettato contrattuale di riferimento.
In conseguenza di quanto esposto, il lessor pertanto aveva maturato il diritto non solo al pagamento dei canoni non pagati e dei crediti derivanti dal contratto, per il quale si riservava successiva domanda, ma anche alla restituzione del bene, per essere giunto a scadenza il rapporto oggi in commento.
L’utilizzatrice, esponeva la ricorrente, non avendo depositato il bilancio d’esercizio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi, era stata indi cancellata a norma dell’art. 2490 u.c. c.c., dal registro delle imprese.
Soci del soggetto giuridico società a responsabilità limitata, erano per quota del 50% ciascuno, due persone fisiche. Nell’anno 2016 il socio e liquidatore della già cancellata società, nonchè amministratore di altra persona giuridica società di persone, chiedeva per detta ultima società, (riferendo di essere già stata immessa nella detenzione dell’immobile), di poter esercitare il riscatto del bene, onde poter liquidare i soci della originaria utilizzatrice e con dichiarazione sempre nell’anno 2016, anche uno dei due soci della società estinta, esprimeva il consenso all’operazione.
Successivamente, con comunicazione ancora dell’anno 2016, sottoscritta da entrambi i soci dell’originario lessee, il liquidatore di essa società cancellata dichiarava di voler cedere alla socia quel diritto di riscatto, che in precedenza aveva chiesto di esercitare in nome della occupante sine titulo.
Alla scadenza del contratto, esponeva ancora la ricorrente società di leasing, il riscatto non era stato esercitato e pagato da alcuno e l’immobile non era stato ancora restituito: essa ricorrente chiedeva pertanto, previo accertamento della intervenuta cessazione degli effetti del contratto di leasing, per scadenza del termine di durata del rapporto, che i soci della originaria utilizzatrice, subentrati ex art. 2425 c.c. nei rapporti obbligatori della società cancellata, oltre che la società di persone detentrice di fatto dell’immobile per subconcessione della originale conduttrice, fossero condannati a rilasciare l’immobile di proprietà del lessor, visto che senza titolo, continuavano a detenerlo.
IL COMMENTO
Orbene il Tribunale di Brescia, ha rilevato in primis la ammissibilità della procedura come promossa ex art. 702 bis c.p.c. versandosi in ipotesi di causa da decidersi in composizione monocratica, e, nel merito, fondato il ricorso.
Parte ricorrente infatti aveva allegato allo stesso il contratto di locazione finanziaria ed il verbale di presa in consegna dell’immobile. Di più allegando sia la dichiarazione ad oggetto la proposta di riscatto con pagamento rateale, inviata dall’amministratore della ultima società detentrice ipso facto del bene, con la firma di assenso di uno dei soci dell’originario lessee, sia della successiva dichiarazione ad oggetto la volontà di cessione del diritto di riscatto, da parte del predetto amministratore, al medesimo socio, personalmente; il ricorrente, ha quindi motivato il Giudice designato alla trattazione, agiva per l’adempimento dell’obbligazione contrattuale di restituzione del bene alla scadenza ed in tema di inadempimento di obbligazione, ha motivato esso giudice che l’attore che agisce per l’adempimento, ha l’onere di provare la fonte del suo diritto e può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte, gravando sul debitore convenuto l’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr. Cass. Sez. Un. 30 ottobre 2001 n. 13533); nel caso in esame, era provato ed indiscusso che il termine di durata del contratto di locazione finanziaria fosse interamente decorso e che, cancellata ed estinta la società conduttrice, in assenza di esercizio da parte dei soci subentrati nei rapporti obbligatori, del diritto di riscatto (per altro inibito dalla morosità della obbligata principale), era cessato il titolo in virtù del quale essi soci o loro eventuali sublocatari, detenessero l’immobile di proprietà della ricorrente; al contrario affermando il Giudice il diritto del lessor, all’immediato rilascio del bene.
La parte ricorrente aveva indi assolto l’onere a suo carico, della prova dei fatti costitutivi del diritto al rilascio dell’immobile oggetto di locazione finanziaria ed i convenuti, tutti contumaci, nulla avevano dedotto e contestato.
Il Tribunale di Brescia ha pertanto pronunciato la condanna dei convenuti all’immediato rilascio dell’immobile, con condanna in solido alla rifusione delle spese di lite. Va osservato e precisato il mero errore materiale contenuto nella decisione oggi in commento, ove in luogo dell’esatto richiamo normativo all’art. 2495 c.c., viene al contrario citato l’art. 2425 c.c.
E’ infatti tratto dalla norma testè esattamente richiamata, con i principi che dalla lettera derivano, il fondamento della stessa decisione: a) la cancellazione dal registro delle imprese causa, giova a questo punto ricordarlo, l’estinzione della società (con la sola eccezione della “fictio iuris” contemplata dall’art. 10 l.fall.), al punto che ove intervenga nella pendenza di un giudizio nel quale essa sia parte, si determina una ipotesi di interruzione, con possibilità di prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.; b) dal principio appena esposto, derivando che qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge, o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non era più possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società, in assenza di ripartizione dell’attivo, deve provenire o essere indirizzata, a pena di inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci; la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto, infatti, non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso. ( sul punto la S.C sez. lav., 04/08/2017, n. 19580), ha cassato la sentenza del giudice di merito, che, in sede di rinvio aveva ritenuto ammissibile il ricorso in riassunzione, ex art. 392 c.p.c., nei confronti di una società estinta, evento per il quale era stata dichiarata l’estinzione dell’originario giudizio); c) ed ancora, sempre in tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese, nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495, comma 2, c.c. implica sostanzialmente che l’obbligazione sociale non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, sicché grava sul creditore l’onere della prova circa la distribuzione dell’attivo sociale e la riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi di elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore, nei confronti del socio. (cfr Cass. civile, sez. I, 22/06/2017, n. 15474.)
Nel caso oggi in commento, siamo in presenza di una ipotesi di piena ammissibilità, perché sorretto da interesse ad agire, di un ricorso rivolto nei confronti dei soci di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, che non hanno riscosso alcuna quota all’esito della liquidazione della società. (cfr Cass. civile, sez. trib., 16/06/2017, n. 15035)
La legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, trasferendosi infatti automaticamente, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., ai soci quali successori a titolo universale, divenuti partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione. (Cfr Cass. civile, sez. lav., 25/05/2017, n. 13183.)
Nella fattispecie portata all’esame del Giudice di Brescia, la parte ricorrente ha indi esattamente sorretto la strategia difensiva, sul principio che con la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina, giova ancora ribadirlo, un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, giacchè si sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente; ciò a seconda che, “pendente societate“, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, come più volte abbiamo ripetuto, si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con la esclusione delle mere pretese.
Per concludere, dallo scenario che precede, complice anche lo status di contumaci di tutti i soggetti resistenti in giudizio, è derivato l’accoglimento integrale del ricorso, che merita la debita considerazione, vista la questione giuridica trattata.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LEASING: PROCESSO SOMMARIO DI COGNIZIONE PER RICONSEGNA BENI IMMOBILI
CONTRATTO DI LEASING, ATTO DI COMPRAVENDITA, LETTERA DI RISOLUZIONE ED ESTRATTO CONTO SONO DOCUMENTI SUFFICIENTI A SUFFRAGARE LA PROVA DEL CREDITO
Ordinanza | Tribunale di Roma, Dott. Eugenio Curatola | 12.03.2018 |
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