Il ricorso al criterio equitativo è consentito non già per sopperire alle carenze probatorie imputabili al danneggiato ma soltanto al fine di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del pregiudizio, allorché sia obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare, nei suo preciso ammontare, il danno di cui è certa la sussistenza.
Il mancato accertamento del danno preclude la liquidazione del pregiudizio anche in via equitativa, posto che il ricorso all’art.1226 c.c. non è finalizzato a sopperire alle carenze probatorie imputabili al danneggiato.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli, Giudice Massimo Pignata con la sentenza n.3649 del 16.04.2018.
Nella fattispecie processuale esaminata una SOCIETÀ MANDATARIA agiva in giudizio contro una SOCIETÀ MANDANTE controllata da una SOCIETA CAPOGRUPPO, con le quali affermava di aver stipulato un contratto, chiedendo l’accertamento di gravi inadempienze contrattuali e il risarcimento del danno subito per il mancato guadagno causato dall’assenza di incarichi e riduzione ingiustificata di pratiche affidate.
Resistevano in giudizio la SOCIETA MANDANTE e la CAPOGRUPPO, entrambe concludendo per il rigetto della domanda attorea.
In via preliminare, il Giudice ha rilevato il difetto di legittimazione passiva della convenuta CAPOGRUPPO, la quale non risultava aver sottoscritto il contratto di mandato dedotto in lite, che veniva stipulato solo tra SOCIETA MANDANTE E SOCIETA MANDATARIA.
Sul punto, il Magistrato ha affermato che la SOCIETA MANDANTE, pur se sottoposta al potere di direzione e controllo della CAPOGRUPPO, manteneva la propria autonomia giuridica e strutturale.
Nel merito, il Tribunale ha osservato che il contratto di mandato dedotto in lite non prevedeva concreti e puntuali parametri cui ancorare il numero di incarichi ed i margini di profitto della MANDATARIA, peraltro, la convenuta MANDANTE indicava il numero di incarichi effettivamente conferiti e gli importi corrisposti alla MANDATARIA, dati non specificamente contestati dalla parte attrice, che peraltro risultavano in linea con l’astratta profittabilità convenzionalmente concordata da cui seguiva l’impossibilità di ravvisare gli estremi dell’inadempimento contrattuale imputabile alla parte convenuta
Le previsioni contrattuali risultavano generiche anche con riferimento alla censura relativa all’omesso affidamento di incarichi per alcuni mesi.
Sul punto il Giudice ha segnalato che l’espressione utilizzata nel contratto “l’inoltro degli affidamenti sarà mensile” sembrava piuttosto rimandare, nella stessa prospettiva delle restanti previsioni, ad un indirizzo di massima senza alcun limite prestabilito e sempre nel contesto di un accordo contrattuale privo di riferimenti specifici.
Il Magistrato ha osservato che le richieste risarcitorie che la parte attrice avanzava risultavano generiche e prive di attendibile prova documentale, pertanto il mancato accertamento del danno precludeva la liquidazione del pregiudizio anche in via equitativa, posto che il ricorso all’art.1226 c.c. non è finalizzato a sopperire alle carenze probatorie imputabili al danneggiato.
Più nello specifico, solo ove sia stato accertato il pregiudizio e sia oggettivamente impossibile o particolarmente difficoltosa la precisa determinazione del suo ammontare il Giudice vi provvede in via equitativa, in altri termini, il giudizio di equità è un apprezzamento teso a colmare lacune, altrimenti insuperabili, nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale ha rigettato la domanda attorea condannando alle spese di lite secondo il principio della soccombenza.
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