Provvedimento segnalato dall’Avv. Paola Borsari del foro di Modena con nota di accompagnamento
L’ammissione alla procedura di concordato preventivo non determina lo scioglimento del rapporto di conto corrente bancario e di quelli in esso confluenti, che restano regolati nella loro interezza dalle pattuizioni tutte intervenute tra le parti.
Ove il rapporto bancario prosegua nel corso della procedura concordataria, è pertanto consentito all’Istituto di Credito di soddisfare il proprio credito per le anticipazioni sorte anteriormente alla procedura, attraverso l’incameramento delle somme riscosse durante la procedura stessa, se sia contrattualmente previsto un valido ed opponibile patto di compensazione tra crediti e debiti.
La sussistenza del patto di compensazione (o patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto) è desumibile anche dalla clausola “salvo il buon fine” e comporta deroga al principio della cristallizzazione della massa debitoria.
La compresenza di un patto di cessione pro solvendo con scopo di garanzia non implica l’inoperatività del patto di compensazione, con conseguente irrilevanza dell’omessa notifica della cessione.
In presenza di patto di compensazione, la previsione anche di un patto di cessione pro solvendo dei crediti anticipati, con scopo di garanzia, costituisce un mero strumento di rafforzamento del meccanismo compensativo dell’annotazione in conto delle somme riscosse ad elisione dei crediti della Banca e ciò indipendentemente dagli effetti traslativi ed abdicativi tipici della cessione.
Stante l’incompatibilità ontologica tra cessione del credito e patto di compensazione, l’operatività di quest’ultimo (in forza del quale la Banca ha incamerato le somme anticipate) non è condizionata dal fatto che l’eventuale cessione del credito in funzione di garanzia si sia realizzata.
Risulta pertanto irrilevante l’omessa notifica delle cessioni dei crediti, quando appare chiaro che il compimento degli atti necessari a renderle opponibili costituisce una mera facoltà per la Banca. In caso di mancata attivazione in tal senso, resta pertanto valido il patto di compensazione.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Modena, Giudice Susanna Cividali con l’ordinanza del 01.03.2018.
Nella fattispecie processuale esaminata una Società in concordato preventivo agiva in giudizio contro una BANCA con la quale aveva intrattenuto un rapporto di apertura di credito in conto corrente, assumendo di averle ceduto, quando era ancora in bonis, alcuni crediti al fine di ottenere anticipazioni.
Successivamente al deposito della domanda di concordato preventivo ed alla relativa omologa, la Banca incassava alcuni dei predetti crediti e la Società chiedeva la restituzione degli accrediti che l’Istituto aveva incamerato in violazione dell’art. 168 L.F.
In via preliminare, il Tribunale ha richiamato la giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte, secondo cui ove il rapporto bancario prosegua nel corso della procedura concordataria – in deroga al principio di cristallizzazione della massa debitoria – gli importi pervenuti alla Banca successivamente alla data di deposito della domanda di concordato con riserva sono legittimamente incamerati dall’Istituto di Credito, ove trattenuti per effetto di validi ed opponibili patti di compensazione tra crediti e debiti.
In altri termini, in materia di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, nell’ipotesi in cui la relativa convenzione, avente data certa anteriore a quella della domanda di concordato preventivo, contenga il c.d. patto di compensazione, l’Istituto di credito potrà legittimamente incamerare le somme riscosse per conto del correntista.
Sul punto, il diritto vivente ha affermato che il patto di compensazione può essere desunto anche dalla clausola “salvo il buon fine”, la quale, se inserita nella convenzione di anticipazione, sta ad indicare un’operazione di anticipazione con obbligo di restituzione, salva l’ipotesi di buon fine dell’operazione. Tale ultima evenienza, secondo l’inequivoco significato della locuzione, svincola definitivamente il correntista dall’obbligo di restituzione posto che il buon fine dei titoli significa pagamento dell’importo dai medesimi enunciato e incameramento di esso da parte della Banca.
Per contro ove vi sia la cessione del credito parimenti le somme versate in conto corrente non soggiacciono alla regola della par condicio, in quanto in questo caso la Banca è divenuta titolare già prima della procedura concorsuale.
Nel caso di specie, il rapporto bancario proseguiva nell’ambito della procedura di concordato e rimaneva operativo sino alla data in cui era stato passato a sofferenza.
Peraltro, il Magistrato ha sottolineato che non era rilevante la circostanza, dedotta dalla parte ricorrente, secondo la quale il rapporto dopo l’apertura della procedura concorsuale sarebbe rimasto operante solo per il rientro delle somme e non anche per i pagamenti a terzi, in quanto ciò che rilevava era l’operatività e la continuazione del rapporto contrattuale intercorso tra la BANCA ed il CLIENTE sottoposto al concordato e non già l’operatività concreta del rapporto di conto corrente.
Inoltre, la parte ricorrente sosteneva che la BANCA non forniva la prova della tempestiva notifica delle cessioni dei crediti in data anteriore alla domanda di concordato, pertanto tale cessione, da una parte non sarebbe opponibile al concordato, e dall’altro implicherebbe l’inoperatività del patto di compensazione, essendovi incompatibilità ontologica tra la cessione di credito e tale patto di compensazione, che presuppone invece che l’Istituto non sia titolare in proprio delle somme incassate.
Senonché, il Magistrato – avallando quanto affermato da una larga parte della giurisprudenza di merito – ha riscontrato una cessione di credito con funzione di garanzia.
Infatti, la clausola di cessione pro soluto specificava che la BANCA avrebbe una facoltà e non un obbligo di provvedere in ogni momento agli adempimenti necessari all’opponibilità ai terzi della cessione.
In altri termini, in presenza di patto di compensazione, la previsione anche di un patto di cessione pro solvendo dei crediti anticipati, con scopo di garanzia, costituisce un mero strumento di rafforzamento del meccanismo compensativo dell’annotazione in conto delle somme riscosse ad elisione dei crediti della Banca e ciò indipendentemente dagli effetti traslativi ed abdicativi tipici della cessione.
Nel caso di specie, la Banca eccepiva l’operatività del patto di compensazione, in forza del quale incamerava le somme anticipate, non essendo tale clausola condizionata dalla realizzazione dell’eventuale cessione del credito in funzione di garanzia.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale ha rigettato la domanda di parte attrice con condanna alle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista.
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