Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
Sono inopponibili al lessor gli accordi negoziali conclusi tra il lessee ed un soggetto terzo, promissario acquirente del bene oggetto di leasing, in presenza del divieto contrattuale di cessione del rapporto.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Giudice Dott.ssa Maria Luparelli con la sentenza n. 12063 del 12 giugno 2018.
IL CASO
Con il rito ordinario il lessee citava in giudizio avanti il Tribunale di Roma una società di leasing, denunciando la asserita violazione da parte del lessor delle regole di buona fede contrattuale, giacchè con il proprio comportamento avrebbe determinato la risoluzione di un contratto preliminare di compravendita tra esso utilizzatore ed altro soggetto giuridico, da cui sarebbe derivato l’assoggettamento alle penali contrattuali; lamentava indi la perdita della occasione di cedere il contratto di locazione finanziaria e di ricavarne il profitto sperato, dato dalla differenza tra il prezzo di vendita e l’importo residuo del contratto di leasing; lamentava infine la lesione dell’immagine di esso attore, causa la illecita segnalazione alla Centrale dei rischi, oltre che la sopportazione di spese relative alla manutenzione e gestione del bene concessogli in locazione finanziaria, più precisamente una imbarcazione.
Invocava pertanto la condanna del lessor al risarcimento del danno, per le causali dedotte, oltre che la restituzione dei canoni di locazione finanziaria corrisposti, in applicazione dell’art. 1526 c.c., fatto salvo l’equo compenso per l’uso della cosa.
Si costituiva la società di leasing convenuta, deducendo l’infondatezza delle domande di parte attrice, evidenziando la illegittimità degli atti posti in essere dalla prima, violativi del regolamento di interessi accettato al momento del subingresso nel contratto di leasing.
Concessi i termini dell’art. 183 comma 6 c.p.c., l’attore ometteva di avvalersi delle memorie istruttorie. La causa veniva indi assegnata a sentenza, con i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e repliche.
IL COMMENTO
Tutte le domande di parte attrice sono state rigettate.
Il Tribunale di Roma in primis ha osservato che l’attore non aveva apportato alcun contributo probatorio, del quale era onerato, tale da consentire una ricostruzione come prospettata nella vocatio in jus, volta a ravvisare la responsabilità della convenuta ed ad ottenere il risarcimento di danni derivanti dall’ impossibilità di vendere, in costanza del contratto di leasing, l’imbarcazione detenuta in locazione finanziaria, ad altro soggetto giuridico promissario acquirente.
Il Magistrato rilevava ancora che la condotta della società concedente, di diniego della cessione del contratto di leasing in favore del soggetto giuridico indicato da lessee parte attrice non integrava, alla luce delle acquisizioni processuali, un comportamento illecito.
Per tabulas infatti risultava che l’attore era inizialmente subentrato nel contratto di leasing portato all’esame, accettando diritti ed obblighi derivanti dal contratto, dichiarando di conoscere ed accettare le clausole negoziali, di riconoscere la proprietà dei beni oggetto del contratto in capo alla società di locazione finanziaria concedente, impegnandosi a pagare i canoni a partire dalla data del subentro e ad adempiere ad ogni altra obbligazione posta dal contratto oggetto di cessione, approvando espressamente le clausole individuate in calce allo stesso.
E’ vero che la società di leasing prestava l’assenso alla cessione del contratto, senonchè eventuali accordi intercorsi tra il cessionario e l’originario utilizzatore, concernenti il prezzo di acquisto dell’imbarcazione, non erano certamente opponibili alla concedente, proprietaria dell’imbarcazione…rectius detti accordi, erano inter alios acta.
Peraltro la società di leasing aveva dedotto la circostanza neppure contestata dall’attore, del mancato pagamento dei canoni mensili da parte di esso subentrante nel rapporto di leasing, evidenziando che ancora parte attrice aveva promesso in vendita a terzi l’imbarcazione, in epoca anteriore alla scadenza contrattuale e, quindi, in difetto dei presupposti per l’esercizio dell’opzione di acquisto. Nessuna facoltà era indi riservata al lessee subentrante nel rapporto, di cedere l’imbarcazione unitamente al contratto di leasing; ciò in ragione del divieto di cessione del contratto, come disposto dal regolamento di interessi, senza il previo consenso scritto della concedente.
Il Magistrato ha quindi esposto che l’operazione negoziale posta in essere dal lessee con altro soggetto giuridico, era inopponibile alla concedente parte convenuta in giudizio, anche in considerazione della ulteriore circostanza che la formalizzazione della richiesta di cessione, era avvenuta due mesi dopo la negoziazione dell’impegno con la promissaria acquirente del bene.
La circostanza, rebus sic stantibus, che il contratto preliminare di compravendita della imbarcazione fosse stato risolto dalla promissaria acquirente e che il promittente venditore avesse sopportato il costo di una penale, ha motivato in sentenza il Giudice di Roma, non poteva indi introdurre alcuna responsabilità in capo alla concedente, del tutto estranea alla vicenda.
Peraltro, il mancato adempimento del lessee agli obblighi derivanti dal contratto di leasing, ossia la mancata corresponsione dei canoni di locazione finanziaria, aveva determinato la risoluzione di diritto del contratto, ai sensi e per gli effetti delle condizioni generali applicate al rapporto.
Legittima la segnalazione alla Centrale dei rischi del lessee, da parte della concedente, giacchè avvenuta nel rispetto dei requisiti di legge, in presenza dell’inadempimento dell’utilizzatore.
Sempre in sentenza il Tribunale di Roma ha respinto la domanda volta alla restituzione dei canoni di locazione finanziaria, ai sensi dell’art. 1526 cc.
Il Giudice ha affermato infatti che nel caso all’esame, non poteva trovare applicazione la tutela prevista dal primo comma dell’art. 1526 c.c., nella parte in cui attribuisce al compratore (utilizzatore in caso di leasing) il diritto ad ottenere la restituzione delle rate versate (ovvero del canone), imponendo all’altra parte il dovere di restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa.
Il contratto intercorso tra le parti, infatti, conteneva una espressa deroga all’art. 1526 c.c., legittimamente posta e specificamente approvata per iscritto.
Tale clausola contrattuale, atta a consentire al concedente di trattenere le rate riscosse, ha affermato il magistrato di Roma non essere, ex sé, illegittima, in quanto derogatoria di norma inderogabile, ma di rappresentare una vera e propria clausola penale, tenuto conto che la ritenzione delle rate pagate costituiva una “indennità (per i danni conseguenti all’inadempimento) di importo predeterminato ( “ le rate pagate”), che poteva essere ridotto dal giudice, così come poteva essere ridotto l’importo della penale, ex art. 1384 cc.; nella specie il patto di ritenzione era stato inteso dalle parti come vera e propria penale, da intendersi quale compensazione tra il credito relativo al pagamento della penale per le conseguenze dannose scaturenti dall’inadempimento dell’obbligo di pagamento del prezzo e per l’obbligo dell’indennizzo per l’uso della cosa, ed il credito avente ad oggetto la restituzione delle rate.
La clausola in esame, aggiunge il Giudice, è implicitamente consentita dallo stesso art.1526 II co cc, che prevede proprio l’ipotesi che “sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità”, salva la riduzione dell’indennità secondo le circostanze; dunque, dovendosi ritenere inderogabile solo la previsione legale del potere del giudice di ridurre tale indennità, che nel caso concreto possa consentire il mantenimento dell’equilibrio contrattuale.
Orbene, ha concluso il Magistrato, per decidere se apportare o meno una riduzione e di quale entità, all’indennità convenzionalmente stabilita dalle parti, il giudice dovrà avere riguardo, in relazione all’ammontare complessivo delle rate riscosse, al valore obbiettivo della cosa, al tempo per il quale il compratore ne ha avuto l’uso e il godimento ed allo stato in cui viene restituita (Cass. 7266/95): operazione che presupponendo l’effettiva riconsegna del bene, nel caso portato all’esame non era possibile eseguire.
Le spese hanno seguito la soccombenza e sono state liquidate nella misura di euro 9.800,00, compresi compensi professionali, oltre accessori come per legge.
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Bene, ottima la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, con l’unico rilievo che a parere di chi scrive, non tanto il richiamo alla normativa di cui all’art. 1526 comma 2 c.c., combinata con l’art. 1384 c.c., deponeva per il rigetto delle domande ex latu actoris in punto di richiesta di restituzione dei canoni percepti, quanto l’immediata applicabilità alla fattispecie portata all’esame, dei principi generali tratti dalla legge n. 124/17 nella materia della locazione finanziaria. In questa stessa Rivista, infatti, chi scrive ha già espresso il proprio parere e convincimento che l’art. 11 delle preleggi, non costituisca un limite alla immediata applicazione della riforma di cui alla richiamata Legge n. 124/17 e che tra le due distinte ipotesi di overrulling da un lato e jus superveniens, dall’altro, debba prevalere senz’altro il secondo. Sempre su questa stessa Rivista, evidenziando il precedente del Tribunale di Roma, che ha aderito alla tesi appena esposta, con sentenza n. 847 del 13 gennaio 2018, anch’essa e quindi successiva la entrata in vigore della legge sul leasing.
Nel caso quindi affrontato dal Tribunale di Roma, ben poteva trovare applicazione e richiamo, quanto alle domande di parte attrice ad oggetto il riferimento all’art.1526 c.c., l’obbligo, incondizionato, nei confronti del lessee, di riconsegnare il bene alla concedente, quale conseguenza della risoluzione per inadempimento al pagamento dei canoni, in costanza di rapporto.
Ciò come disposto nel comma 138 dell’art. 1 della Legge 4 agosto 2017 n. 124, che riconosce al lessor in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, il diritto a vedersi restituito il bene, oltre che l’obbligo sempre in capo al lessor di corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, ma dedotte la somma pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonchè le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita.
In buona sostanza e sempre dalla disamina del comma 138 dell’art. 1 della Legge 4 agosto 2017 n. 124, venendo a cadere inesorabilmente qualunque richiamo all’art. 1526 c.c., con le distinzioni già più volte commentate, fra i commi 1 e 2 della norma testè citata, con la conseguenza che nessun richiamo possa essere più operato su altro contratto tipico nominato, la vendita con riserva della proprietà, che per decenni ha costituito il punto centrale delle decisioni di merito, oltre che di legittimità. Sempre a parere di chi scrive, con la introduzione della legge 124/17, potendosi ritenere ormai inibito ed impossibile il richiamo, da parte dei giudici di merito, anche per le domande giudiziali introdotte in epoca anteriore la entrata in vigore della legge sul leasing, all’istituto della riduzione della penale contrattuale, ex art. 1384 c.c., specie nella ipotesi in cui, stante un regolamento di interessi, trovi applicazione il comma 2 rispetto al comma 1 dell’art. 1526 c.c. che andrà del tutto dimenticato nella esperienza giuridica della locazione finanziaria.
Nulla infatti è più previsto dover essere riconosciuto al concedente, a titolo di penale; nulla potrà quindi essere più deciso dai giudici di merito, quanto alla riduzione della stessa penale, nel senso che una penale, nel rigore della lettera, non esiste più, …rectius oggi che il contratto di locazione finanziaria, è stato finalmente tipizzato e codificato.
Coraggio Giudici di merito, abbandonate il richiamo all’art. 11 delle preleggi!!!!
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LEASING – ANCORA SULLA L.N.124/17: LA REQUISITORIA DELLA PROCURA GENERALE DELLA SUPREMA CORTE APPARE CONFERMARE L’INCONFERENZA DELL’ART 11 PRELEGGI
CI ATTENDE UNA SENTENZA STORICA?
Articolo Giuridico | 18.05.2018 |
LEASING: LA LEGGE N. 124/17 TROVA APPLICAZIONE ANCHE DOPO LA FORMAZIONE DEL THEMA DECIDENDUM ED A PROCESSO GIÀ INIZIATO.
VIENE MENO IL DOGMA DELLA NATURA ATIPICA DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA
Sentenza | Tribunale Di Roma, Dott. Simone Antonio Castelnuovo | 13.01.2018 | n.847
LEASING- ANCORA SULLA LEGGE 124/17: TRA OVERRULLING E JUS SUPERVENIENS PREVALE IL SECONDO
L’ART. 11 DELLE PRELEGGI NON COSTITUISCE UN LIMITE ALLA IMMEDIATA APPLICAZIONE DELLA RIFORMA
Articolo Giuridico | 11.01.2018 |
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