Quando l’utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un’operazione ed agisca per il rimborso del controvalore sul presupposto dell’asserita clonazione dello strumento di pagamento a lui concesso in uso, non è sufficiente il semplice disconoscimento dell’operazione, in quanto grava sul cliente l’onere di fornire indizi che possano far sospettare l’esistenza di una clonazione, non potendo presumersi la colpa grave dell’intermediario, tanto più nell’ipotesi in cui l’operazione contestata si riferisca ad un pagamento tramite POS, posto che l’estrazione del PIN da una carta microchip è operazione assai complessa, che richiede giorni per essere effettuata con successo.
Questi i principi espressi dall’ ABF – Collegio di Napoli, Pres. Carriero – Rel Maimeri con la decisione n. 1064 del 16.01.2018.
Nel caso considerato un cliente, titolare di una carta di credito, conveniva innanzi all’ABF la Banca disconoscendo un’operazione di pagamento POS e chiedendo il rimborso del relativo controvalore deducendo di non aver mai perso di vista la carta e che il blocco dello strumento di pagamento gli era stato sollecitato da incaricati della capogruppo dell’intermediario convenuto, che lo avevano contattato telefonicamente per segnalargli che tramite il citato strumento erano stati disposti pagamenti “a favore di siti sospetti”.
L’intermediario resistente evidenziava come l’operazione in contestazione fosse stata disposta tramite un terminale POS e, dopo la verifica del microchip contenuto sulla carta che garantiva il massimo standard di sicurezza, produceva a supporto delle proprie deduzioni copia del memorandum di spesa relativo all’operazione contestata.
Il Collegio ha rilevato che la ricevuta di pagamento recava una sottoscrizione ictu oculi riferibile al ricorrente, e che lo stesso non aveva fornito alcun indizio che potesse far sospettare l’esistenza di una clonazione, anche in considerazione della circostanza che l’estrazione del PIN da una carta microchip è operazione assai complessa, che richiede giorni per essere effettuata con successo.
L’illegittimità dell’operazione contestata non poteva neppure dedursi dalla circostanza per cui con la medesima carta il ricorrente aveva disposto nello stesso mese un’operazione di pagamento pure disconosciuta e rimborsata dalla Banca, non potendosi da tali elementi desumersi la colpa grave dell’intermediario.
Sulla scorta di tali rilievi, il Collegio si è pronunciato per il rigetto del ricorso, negando la richiesta di rimborso.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
CARTA DI CREDITO: IN CASO DI FURTO, IL CLIENTE È RESPONSABILE PER OMESSA CUSTODIA E TARDIVA DENUNCIA
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Sentenza | Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Forte – Rel. Bernabai | 07.04.2016 | n.6751
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Sentenza | Tribunale di Taranto, Giudice Unico dott. Claudio Casarano | 06.11.2012 |
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