Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
Se il procedimento di mediazione è obbligatorio, a norma dell’art. 8 co. 4 bis D.Lgs, diventa obbligatoria anche la condanna in favore dell’Erario quale conseguenza della mancata giustificazione dell’omessa partecipazione al procedimento.
La dichiarazione di valersi della clausola risolutiva può essere anche implicita purché inequivocabile e ben può essere manifestata per la prima volta nell’atto introduttivo del giudizio.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Brescia, Giudice Luciano Ambrosoli, con l’ordinanza del 10 settembre 2018.
IL CASO
La vicenda ha riguardato una società di locazione finanziaria (leasing) che ha promosso domanda giudiziale nella forma di cui all’art. 702 bis cpc, sulla premessa di avere stipulato un contratto con una iniziale utilizzatrice, avente ad oggetto porzione di fabbricato ad uso artigianale. Il contratto portato all’esame del Tribunale di Brescia, era stato ridefinito nelle condizioni come originariamente pattuite, con atto di variazione ad acta, il quale prevedeva un nuovo piano di pagamenti; con successivo atto il medesimo rapporto era stato ceduto ad una nuova utilizzatrice, parte effettivamente resistente in giudizio, la quale si era resa inadempiente dell’obbligazione di pagamento dei canoni; con lettera raccomandata il servicer del lessor aveva indi dichiarato di avvalersi della clausola risolutiva espressa, come prevista delle condizioni generali di contratto e intimato il rilascio dell’immobile, oltre che il pagamento dei canoni scaduti e della penale contrattuale.
La ricorrente chiedeva pertanto che accertata l’intervenuta risoluzione del contratto di leasing ex art. 1456 c.c. (o, in subordine, pronunciata la risoluzione per grave inadempimento ex art. 1453 c.c.), la società convenuta fosse condannata a rilasciare l’immobile di proprietà della ricorrente, che senza titolo continuava a detenere.
Parte convenuta, costituitasi con comparsa depositata in udienza, eccepiva l’improcedibilità della domanda, per mancata attivazione della procedura di mediazione obbligatoria e l’incompetenza per territorio del Tribunale di Brescia, in favore del foro di essa parte resistente. Nel merito, non deduceva né contestava alcunché quanto al mancato pagamento dei canoni di locazione finanziaria; ciononostante negava sussistere i presupposti per la risoluzione del contratto, deducendo che in forza di abusi e inadempimenti vari, la concedente aveva incassato somme superiori a quelle legittimamente esigibili, in concorso con la ulteriore circostanza che la lettera comminatoria della risoluzione era comunque inidonea (per forma, contenuto, provenienza da persona diversa del concedente), a determinare gli effetti previsti dall’art. 1456 c.c.; con successive memorie autorizzate, le parti illustravano pertanto le rispettive istanze ed eccezioni, parte resistente introducendo, in via subordinata rispetto alle conclusioni già proposte, la riunione del procedimento, con altro pendente avanti lo stesso Tribunale, ad oggetto una opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento, al cui ricorso il lessor si era visto nel frattempo costretto, per il pagamento dei canoni insoluti; in parziale accoglimento dell’eccezione preliminare di mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, ex art. 5 D.Lgs. 28/2010, per cause in materia di contratti finanziari (rilevabile peraltro d’ufficio), era stato indi assegnato al ricorrente, termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Alla successiva udienza la difesa della ricorrente depositava il verbale del primo incontro avanti al mediatore, nel quale si dava atto dell’impossibilità di dare corso al tentativo, per la mancata partecipazione non giustificata della parte convenuta, seppure ritualmente convocata.
IL COMMENTO
Con la ordinanza oggi in commento, il Tribunale di Brescia ha in primis dato atto della mancata partecipazione di parte resistente, non giustificata, alla procedura di mediazione, valutabile anche ai fini previsti dall’art. 8 co. 4 bis del D.Lgs. 28/10, così cadendo inesorabilmente l’eccezione di improcedibilità come formulata dalla società convenuta. La condizione di procedibilità, spiega il giudice di Brescia, si considera infatti avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore, si conclude senza l’accordo (art. 5 co. 2 bis); anche in merito alla seconda eccezione preliminare di rito, ad oggetto l’incompetenza per territorio, essa è stata rigettata al pari della prima, giacchè inammissibile, in quanto tardivamente introdotta con la comparsa depositata in udienza, anziché entro il termine di decadenza previsto dall’art. 702 bis co. 4, ultima parte, c.p.c. per la proposizione di domande riconvenzionali e di eccezioni processuali e di merito, non rilevabili d’ufficio; consequentialiter, ritenendone superfluo l’esame del contenuto; quanto al merito del ricorso, il Tribunale ha dato atto che la ricorrente aveva prodotto copia del contratto di locazione finanziaria e dei successivi atti di variazione e di cessione, del verbale di consegna dell’immobile e della lettera raccomandata consegnata presso la sede dell’utilizzatrice, con la quale, contestato il mancato pagamento dei canoni, essa dichiarava di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dalle condizioni generali del contratto e intimato il rilascio dell’immobile; ancora il Tribunale rilevando che la parte convenuta non contestava il mancato pagamento dei canoni portati dalle fatture ad essa intestate, né l’entità degli insoluti, pur tuttavia opponendosi alla domanda di rilascio (unica domanda, giova a parere di chi scrive precisarlo, formulata dal lessor nella sede giudiziale in commento).
Sempre nel merito, quanto alla contestazione dei presupposti della risoluzione, sia per inidoneità della dichiarazione ex art. 1456 c.c, sia per dedotta illegittimità delle condizioni contrattuali praticate dalla concedente, (tale da aver consentito al lessor di incassare importi superiori a quelli legittimamente esigibili), il Tribunale ha indi precisato che l’evocazione di cause di nullità delle pattuizioni contrattuali e del piano di finanziamento, era del tutto generica ed anche incongrua rispetto al tipo contrattuale, in quanto il resistente si limitava a elencare pretesi “abusi e inadempimenti” (“anormale ed illegittima applicazione di valuta ai versamenti effettuati; capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, applicazione di commissioni di massimo scoperto, addebito annuale di spese di istruttoria pratica e all’addebito di spese e competenze non concordate”; “incongruente ed illegittimo meccanismo c.d. dei giorni valuta”; “TEG … superiore alla soglia usura”) anche ipotetici ed eventuali, dei quali non solo non offriva la benché minima specificazione in fatto e tanto meno principio di prova, ma che inoltre riversava in atti senza tenere conto del puntuale contenuto del contratto e degli atti di variazione e di cessione, come prodotti dalla ricorrente; di più, osservando ancora il Tribunale, che la difesa del lessee faceva sovente riferimento con approssimazione e confusione espositiva, a clausole contrattuali proprie dei rapporti bancari ed a questioni tipicamente agitate nelle controversie relative a tali rapporti; inconsistenti e indeterminate le questioni al riguardo sollevate, del pari infondata è stata ritenuta l’eccezione di inidoneità ex art. 1456 c.c. della lettera comminatoria della risoluzione contrattuale (che il Tribunale ha ritenuto ben poter essere sottoscritta da un soggetto munito di procura del concedente, rectius e peraltro il medesimo soggetto che agiva in giudizio, documentando la fonte dei propri poteri rappresentativi); con l’occasione affermando ancora una volta il Tribunale di Brescia, che la dichiarazione di valersi della clausola risolutiva, può essere anche implicita, purché inequivocabile e ben può essere manifestata per la prima volta nell’atto introduttivo del giudizio; di talché lo stesso ricorso, ove pure non si fosse ritenuta idonea la lettera in contestazione, ne aveva prodotto gli effetti); in ogni caso, motiva sapientemente il giudice di Brescia, la ricorrente aveva proposto domanda subordinata costitutiva ex art. 1453 c.c., sicché valida o nulla che fosse la clausola del contratto di locazione finanziaria, il mancato pagamento dei canoni già da lungo periodo, costituiva inadempimento, che platealmente integrava il requisito di importanza ex art. 1455 c.c.
La domanda di rilascio dell’immobile oggetto del rapporto, nulla opponendo la resistente quanto al mancato pagamento dei canoni, era in conclusione fondata, in quanto legittimo l’esercizio della potestà riconosciuta ex art. 1456 c.c. e sussistenti comunque i presupposti anche per la pronuncia ex art. 1453 c.c.; non vi era infine ragione, motiva il Tribunale, di riunire il procedimento oggi all’esame, con il giudizio avente ad oggetto il pagamento dei canoni insoluti e le contestazioni ivi introdotte dall’utilizzatore.
Il Tribunale di Brescia, proprio in considerazione della palese infondatezza delle eccezioni di parte resistente, ha quindi ritenuto sussistere appieno i presupposti della colpa grave ex art. 96 co. 3 c.p.c., dai quali è derivata la condanna al pagamento in favore della ricorrente, di una somma in via equitativa determinata nell’importo pari al 50% del compenso liquidato al difensore, al netto delle spese; da ultimo lo stesso giudice rilevando che a norma dell’art. 8 co. 4 bis D.Lgs, in caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, esso giudicante (oltre a poter desumere argomenti di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c.), “condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non ha partecipato al procedimento, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”; osservato indi che la lettera della disposizione evidenzia che se da un lato la valutazione ex art. 116 comma secondo c.p.c. è rimessa alla discrezionalità del giudice (“può desumere”), la condanna in favore dell’Erario è invece obbligatoria conseguenza della mancata giustificazione dell’omessa partecipazione al procedimento di mediazione, quando obbligatorio.
Nel dispositivo finale il Tribunale di Brescia ha, pertanto, dichiarato la intervenuta risoluzione del contratto di locazione finanziaria e condannato la resistente all’immediato rilascio in favore della ricorrente, dell’unità immobiliare come identificata in ricorso, libera da persone e cose; con la ulteriore condanna al pagamento delle spese del giudizio, al pagamento in favore della ricorrente di un ulteriore importo ex art. 96 co. 3 c.p.c. e la condanna della medesima convenuta, ai sensi dell’art. 8 co. 4 bis D.Lgs. 28/2010, a versare allo Stato la somma pari al contributo unificato dovuto per la causa.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LEASING IMMOBILIARE: ANCORA SUL PROCESSO SOMMARIO DI COGNIZIONE VOLTO ALLA RICONSEGNA DEL BENE
ACCERTATA INCIDENTER TANTUM LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO EX ART. 1456 C.C, NULLA OSTA PER L’ORDINE DI IMMEDIATA RICONSEGNA DEL BENE
Ordinanza | Tribunale di Roma, Giudice Maria Luparelli | 14.06.2018 |
LEASING: NON NECESSARIO UN ATTO STRAGIUDIZIALE PER AVVALERSI DELLA CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA
TALE VOLONTÀ PUÒ ESSERE MANIFESTATA CON L’INSTAURAZIONE DEL GIUDIZIO
Ordinanza | Tribunale di Brescia, dott.ssa Elena Fondrieschi | 08.11.2016 |
LEASING: APPELLO AD ORDINANZA DI RICONSEGNA BENI IMMOBILI EX ART. 702 BIS CPC
L’ECCEZIONE DI NULLITÀ DEGLI ATTI COMPIUTI IN PRIMO GRADO IN EPOCA ANTERIORE IL DISPOSTO AVVIO DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Sentenza | Corte di Appello di Roma, Pres. Lo Sinno – Rel. Sterlicchio | 24.04.2018 | n.2713
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